I risultati del sondaggio DOXA per ANMAR rileva ritardi diagnostici, lavoro a rischio, dolore costante, il tutto aggravato dalla pandemia
Roma - Fino a 10 anni per arrivare a una diagnosi ufficiale. Una vera e propria odissea pre-diagnostica che, per un paziente su due, è caratterizzata dal continuo peregrinare tra medici di diverse specialità. Il dolore una costante che condiziona la vita, con conseguenze importanti anche sulla sfera lavorativa. Il sentimento diffuso di avere una malattia “invisibile”, sottovalutata e scarsamente riconosciuta. Ma anche tanta voglia di superare i limiti imposti dalla malattia, nella speranza di arrivare a riappropriarsi della propria vita.
Questi alcuni dei topic più caldi emersi dall’analisi delle conversazioni online condotta dall’Istituto BVA Doxa e presentati nel corso della conferenza stampa in live streaming “Il dolore invisibile” organizzata dall’Associazione Nazionale Malati Reumatici ANMAR, con il contributo incondizionato di AbbVie. La ricerca, che ha sondato 2 anni di post e interazioni online su blog, forum, news online e sui principali social network, ci restituisce una fotografia delle conversazioni spontanee delle persone che convivono con spondilite anchilosante e artrite psoriasica – malattie infiammatorie croniche che interessano oltre 850mila italiani - e nasce dall’esigenza di far sentire sempre più forte la voce dei pazienti reumatologici.
Come afferma la presidente ANMAR, Silvia Tonolo: “Per le persone con spondilite anchilosante e artrite psoriasica il dolore ha un impatto devastante sulla vita, ma spesso è vissuto come un dolore socialmente invisibile, con problematiche non sufficientemente riconosciute e tutelate in ambito sociale, lavorativo e assistenziale. Persone relativamente giovani, in quanto il picco d’esordio delle due patologie è tra i 25 e i 40 anni, che a causa della malattia rinunciano a progetti, relazioni e a una carriera professionale, costrette a vivere in balia del dolore.” Problematiche che, durante la pandemia da COVID-19, sono diventate ancora più evidenti, con il rinvio o l’annullamento delle visite di controllo e la sedentarietà forzata imposta dal lockdown che hanno influito negativamente sul quadro clinico delle due patologie.
Un fatto di particolare rilevanza socioeconomica che emerge dalla ricerca sono le ricadute importanti sulla qualità di vita e sulla produttività. “La questione lavorativa - prosegue Silvia Tonolo - rappresenta una delle principali criticità nella vita di molte persone con spondilite anchilosante e artrite psoriasica: i dolori persistenti rendono complicato il normale svolgimento dell’attività lavorativa, a tal punto che alcuni pazienti sono costretti ad abbandonare la propria occupazione o addirittura riferiscono di essere stati licenziati.”
Da qui il bisogno, che emerge dalle conversazioni online, di ricevere maggiori informazioni lungo tutto il percorso diagnostico-terapeutico e in particolare sulle misure di welfare in ambito lavorativo e assistenziale messe in campo dalle istituzioni che però, agli occhi dei pazienti, sembrano sottostimare la gravità e il carattere invalidante di queste patologie.
“I malati reumatici chiedono di poter dare voce alle proprie priorità ed esigenze rispetto alla gestione della malattia.” Aggiunge la Tonolo “È urgente una nuova alleanza tra pazienti, medici e decisori per ricominciare a gestire in modo adeguato la cronicità della persona con malattia reumatologica. Diagnosi celeri, cure appropriate, efficaci ed omogenee a livello regionale, ma anche un corretto inquadramento delle tutele previdenziali, ridurrebbero l’impatto di queste patologie a beneficio del paziente e del sistema sanitario nazionale e regionale.”
Dal web listening arrivano però anche messaggi di speranza e resilienza: molti pazienti affetti da spondilite anchilosante e artrite psoriasica non vogliono percepire la malattia come un limite, ma piuttosto come una spinta per superare i propri limiti, reinventare la propria vita, riscoprire nuove priorità.
“Artrite psoriasica e spondilite anchilosante sono malattie reumatiche particolarmente debilitanti” dichiara Carlo Salvarani, Direttore SC di Reumatologia, Ospedale IRCCS S. Maria Nuova di Reggio Emilia “Possono causare dolore intenso, mobilità limitata e danni strutturali a lungo termine in una popolazione ancora nel pieno della propria vita sociale e produttiva. Contrariamente a quanto molti pensano, soprattutto per la spondilite anchilosante, sono tipiche del giovane.”
“Come emerge dalla ricerca Doxa, convivere con il dolore cronico si paga innanzitutto nella quotidianità e nella possibilità di progettare un futuro” dichiara Luisa Costa, Ricercatrice presso la Cattedra di Reumatologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Chirurgia, Università degli Studi di Napoli Federico II “Negli ultimi tempi l’introduzione di nuovi farmaci ha cambiato in meglio la qualità di vita dei pazienti, rendendo possibile la remissione che, quando è sostenuta nel tempo, consente un ritorno alla vita normale.”
“Diagnosi precoce e terapie efficaci sono da considerare un vero e proprio investimento” dichiara Roberto Gerli, presidente nazionale della Società Italiana di Reumatologia (SIR) “in quanto consentono a cittadini, altrimenti destinati ad una rapida disabilità, di continuare la propria vita sociale e produttiva, oltre a liberare risorse che potrebbero essere reinvestite in strategie socio-assistenziali più incisive.”
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