Linfoma mantellare: AIFA approva pirtobrutinib

Il farmaco è indicato per pazienti adulti precedentemente trattati con un inibitore della tirosin-chinasi di Bruton

Roma – L’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità del farmaco pirtobrutinib per pazienti adulti con linfoma mantellare recidivato o refrattario, precedentemente trattati con un inibitore della tirosin-chinasi di Bruton (BTK). Pirtobrutinib è caratterizzato da un meccanismo d’azione innovativo e rappresenta il primo e unico inibitore di BTK reversibile (non covalente) approvato in questi pazienti.

Il linfoma mantellare è un tumore del sangue che ha origine nei linfonodi, diffusi in tutto l’organismo, e deriva dai linfociti B”, spiega Marco Ladetto, Presidente FIL (Fondazione Italiana Linfomi), Direttore dell’Ematologia dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Santi Antonio e Biagio e Cesare Arrigo di Alessandria e Professore Associato al Dipartimento di Medicina Traslazionale dell’Università del Piemonte Orientale. “Rappresenta il 6% dei linfomi non Hodgkin e si stimano in Italia, ogni anno, circa 860 nuovi casi. Le persone colpite hanno, nella maggior parte dei casi, un’età superiore a 65 anni. I linfomi mantellari si sviluppano in seguito ad una mutazione genetica che insorge nei linfociti B per motivi ancora ignoti: questa anomalia cromosomica determina una produzione in eccesso della proteina ciclina D1, causando la moltiplicazione incontrollata dei linfociti B, che vanno ad accumularsi in varie zone del corpo. La malattia, pertanto, può presentarsi in diverse forme, ad esempio con l’ingrossamento di un linfonodo del collo, dell’ascella o dell’inguine, oppure può localizzarsi a livello gastroenterico. In questi casi, la sintomatologia d’esordio è simile alla gastrite e alla colite, con nausea, dolori addominali e diarrea. La terza forma di presentazione è caratterizzata da alterazioni dell’emocromo come linfocitosi, anemia o piastrinopenia”. Spesso i pazienti lamentano anche sintomi aspecifici come febbre, sudorazione eccessiva soprattutto nelle ore notturne, perdita di peso e appetito, prurito, stanchezza e malessere generale.

Alla diagnosi di linfoma mantellare si arriva tramite un esame istologico, per cui è necessaria una biopsia, che è un’asportazione di un linfonodo in caso di presentazione linfonodale, una biopsia dello stomaco o dell’intestino se la presentazione è a livello gastroenterico”, continua il Prof. Ladetto. “Dopo la diagnosi è necessaria la stadiazione del tumore con test per immagini come TAC, PET e risonanza magnetica, valutazione gastroenterologica e del midollo osseo, che permettono di stabilire quanto è estesa la malattia, assegnando uno stadio prognostico e definendo, così, un adeguato programma terapeutico, basato sia sull’estensione della malattia che sulle caratteristiche del paziente”.

Il trattamento di prima linea consiste nell’immuno-chemioterapia”, afferma Maurizio Martelli, Professore Ordinario di Ematologia all’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico Umberto I di Roma, Università La Sapienza. “Nei pazienti di età inferiore a 65 anni e in buone condizioni generali vengono utilizzati schemi intensivi di terapia, per ottenere la remissione completa di malattia e accedere al trapianto autologo di cellule staminali. Purtroppo, il linfoma mantellare è di solito molto aggressivo e tende a ripresentarsi, cioè a recidivare. Dopo il trattamento di seconda linea, qualora il paziente ricada di nuovo, in alcuni casi si può ricorrere alla terapia con CAR-T. Il nuovo farmaco mirato pirtobrutinib risponde a bisogni clinici finora insoddisfatti, perché può essere utilizzato dopo un precedente inibitore di BTK, indipendentemente dalla linea di terapia”.

A novembre 2023 pirtobrutinib è stato approvato in Europa in base ai risultati dello studio BRUIN. “Sono stati coinvolti 164 pazienti con linfoma mantellare, trattati con una mediana di 3 linee di terapia precedenti”, continua il Prof. Martelli. “I risultati ottenuti, cioè il 56,7% di risposta globale, sono davvero significativi perché si tratta di pazienti pesantemente pretrattati. Inoltre, va evidenziata l’ottima tollerabilità della nuova molecola. Questo si traduce nella possibilità di mantenere o ritrovare una buona qualità di vita, parametro che va sempre considerato, soprattutto in presenza di pazienti anziani e fragili”.

“Gli inibitori di BTK attualmente in uso sono caratterizzati dal fatto di inibire la tirosin-chinasi di Bruton attraverso un legame covalente, e quindi irreversibile, con uno specifico aminoacido, peraltro presente in tante altre proteine”, sottolinea Giorgio Minotti, Professore Ordinario di Farmacologia alla Università e Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma. “Pirtobrutinib può essere definito un inibitore di BTK di nuova generazione e rappresenta un’importante innovazione all’interno di questa classe di farmaci. La sua peculiarità è infatti rappresentata dalla capacità di legarsi alla proteina BTK in maniera non più covalente e con un determinato aminoacido, bensì attraverso interazioni reversibili e con vari altri aminoacidi. Questo consente a pirtobrutinib di ‘occupare’ la BTK e inibirla molto efficacemente, nonché selettivamente, con importanti miglioramenti in termini di efficacia e tollerabilità. Inoltre, sebbene le modalità di legame e inibizione siano, come detto, reversibili, i livelli raggiunti da pirtobrutinib nel sangue sono sufficientemente alti da consentire a questo farmaco di ‘occupare’ e inibire la BTK in maniera persistente, così da garantire un effetto terapeutico duraturo”.

“Sappiamo inoltre che la BTK può sviluppare nel tempo mutazioni dell’aminoacido cui si legano gli inibitori covalenti, che quindi perdono efficacia”, continua il Prof. Minotti. “Proprio per il fatto di non doversi legare a questo aminoacido, pirtobrutinib ha dimostrato di essere efficace anche in quei pazienti che, in seguito all’avvenuta mutazione, non rispondono più agli inibitori di BTK covalenti. Siamo quindi di fronte a una nuova frontiera terapeutica, caratterizzata da importanti miglioramenti farmacologici e clinici”.

“La nostra azienda è impegnata in ricerca e sviluppo da 150 anni”, conclude Elias Khalil, Presidente e Amministratore Delegato di Lilly Italy Hub, l’azienda produttrice di pirtobrutinib. “La nostra priorità è rispondere ai bisogni ancora insoddisfatti dei pazienti, offrendo opportunità di cura che abbiano un impatto significativo sulla vita delle persone. Va proprio in questa direzione lo sviluppo di un farmaco come pirtobrutinib. Siamo molto soddisfatti della decisione di AIFA di approvarne la rimborsabilità. Il nostro obiettivo è contribuire a migliorare il percorso di cura di pazienti affetti da neoplasie ematologiche, per questo continuiamo a collaborare con i clinici e con le associazioni dei pazienti”.

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