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Medici

La diminuzione più rapida nei livelli del biomarcatore lyso-Gb1 è stata registrata con velaglucerasi alfa, ma le differenze tra i farmaci sono risultate modeste

Gerusalemme (ISRAELE) – La malattia di Gaucher è stata la prima patologia genetica per la quale è stata messa a punto una terapia enzimatica sostitutiva (ERT), che negli ultimi tre decenni è stata lo standard di cura. Dal 2012 sono disponibili tre diverse formulazioni di ERT, costituite da forme dell’enzima glucocerebrosidasi prodotte tramite la tecnologia del DNA ricombinante e somministrate per via endovenosa, di solito una volta ogni due settimane: imiglucerasi, velaglucerasi alfa e taliglucerasi alfa (l'ultima non è approvata in Europa). A queste si sono aggiunte più recentemente, portando a cinque il numero di trattamenti farmacologici esistenti, due terapie di riduzione del substrato, composti che utilizzano un altro meccanismo d'azione e vengono assunti per via orale: il miglustat e l'eliglustat.

Come sottolineava in una recente intervista il dr. Antonio Barbato, referente per le Malattie da Accumulo Lisosomiale dell'Adulto presso l'Azienda Ospedaliera Universitaria “Federico II” di Napoli, tutti i farmaci approvati in Italia hanno dimostrato la loro efficacia nel migliorare i segni e i sintomi viscerali ed ematologici della malattia di Gaucher, oltre che la densità minerale ossea, il dolore osseo e la crescita nel bambino. Purtroppo, però, nessuno di questi è risultato efficace per i sintomi neurologici.

Nel 2015, un gruppo di ricercatori eseguì una revisione sistematica della letteratura, alla ricerca di studi che avessero confrontato le terapie enzimatiche sostitutive con quelle di riduzione del substrato. Il team non riscontrò grandi differenze tra i farmaci dal punto di vista della sicurezza e dell'efficacia, e concluse che “durante il primo anno di trattamento, i diversi tipi di glucocerebrosidasi ricombinante sono bio-similari ed equivalenti rispetto ai parametri di risposta biologica”.

Finora, tuttavia, nessuna sperimentazione clinica o studio accademico aveva mai confrontato le tre terapie enzimatiche sostitutive per più un anno. L'ha fatto ora, per quasi sei anni, un'équipe di ricercatori israeliani e tedeschi, e i risultati sono stati pubblicati sulla rivista International Journal of Molecular Sciences. Il metodo utilizzato per valutare l'impatto dei diversi farmaci è stato quello di misurare i livelli di glucosilsfingosina (lyso-Gb1), il biomarcatore più sensibile e specifico per la malattia.

Da luglio 2014 a marzo 2020, un totale di 135 pazienti adulti con malattia di Gaucher (58 maschi e 77 femmine) sono stati seguiti presso la Gaucher Unit dello Shaare Zedek Medical Center di Gerusalemme e trattati con una singola ERT: imiglucerasi (41 pazienti, il 30,4%), taliglucerasi alfa (21 pazienti, il 15,6%) o velaglucerasi alfa (73 pazienti, il 54,1%). La gravità della malattia è stata definita dai genotipi: lieve per la mutazione N370S omozigote e per la N370S/R496H eterozigote composta, grave per tutti gli altri genotipi. L'indice di gravità, invece, è stato misurato dal punteggio nella scala SSI (severity score index): lieve se inferiore a 7, grave se uguale o superiore. Il test sui livelli di lyso-Gb1, infine, è stato eseguito in Germania da Centogene su campioni di macchie di sangue secco raccolti durante le visite di routine.

Nelle diverse misurazioni, i pazienti trattati con imiglucerasi avevano i livelli di lyso-Gb1 più elevati, ma è stata riscontrata una differenza significativa tra imiglucerasi e velaglucerasi alfa solo nelle ultime tre rilevazioni. Quest'ultima ERT ha fatto registrare la diminuzione più rapida dei livelli di lyso-Gb1, tuttavia le differenze tra i farmaci non erano molto ampie ed era evidente un'enorme variazione di questo biomarcatore sia a livello interindividuale che intraindividuale per tutte e tre le ERT.

“Chi crede che tutte le ERT siano praticamente le stesse e persino intercambiabili può trovare supporto nel fatto che le differenze fra i tre enzimi sono state modeste. D'altra parte, chi crede che velaglucerasi alfa sia leggermente migliore apprezzerà le diminuzioni più rapide che ha indotto nei livelli di lyso-Gb1 e la scoperta che all'ultimo follow-up i livelli del biomarcatore erano più bassi con questa terapia”, sottolineano i ricercatori, che mostrano comunque di essere consapevoli dei limiti dello studio, legati alla natura retrospettiva dei dati, alla mancanza di randomizzazione, ai possibili bias associati alla selezione della popolazione dei pazienti, alle differenze sistematiche fra questi gruppi e al basso numero di pazienti con misurazioni di lyso-Gb1 precedenti all'inizio del trattamento.

Il nostro studio aggiunge valore al lyso-Gb1 come biomarcatore affidabile per il monitoraggio dei pazienti trattati, in questo caso con le terapie enzimatiche sostitutive”, concludono gli autori della ricerca. “I modelli statistici che abbiamo utilizzato possono essere adottati in studi futuri per aiutare medici, pazienti e agenzie regolatorie a confrontare le varie ERT con le nuove modalità terapeutiche, come le terapie di riduzione del substrato (che stanno guadagnando popolarità per via della somministrazione orale) o le terapie sperimentali, compresi gli chaperoni farmacologici e la terapia genica”.

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