Riccardo Palmisano, A.D di Genzyme: “Disponibile in Italia nel 2015, affiancherà il ‘vecchio’ imiglucerasi: sarà il medico a decidere la terapia più idonea”
Capita talvolta che un farmaco in sviluppo superi le aspettative di chi lo produce. E’ proprio questo che sta succedendo con eliglustat tartrato, la molecola di Genzyme, società del Gruppo Sanofi, in studio per la terapia orale della malattia di Gaucher. Le terapie elettive ad oggi esistenti, tra cui si annovera l’imiglucerasi prodotto dalla stessa azienda, prima terapia enzimatica sostitutiva ricombinante approvata per una malattia genetica rara, sono tutte da somministrare per infusione e rendono di fatto l’assunzione di una terapia cronica alquanto laboriosa. Questo nuovo farmaco orale potrebbe contribuire a semplificare la vita dei pazienti.
“Quando abbiamo cominciato a lavorare su questo farmaco – racconta Riccardo Palmisano, amministratore delegato della società, intervistato da Osservatorio Malattie Rare - pensavamo a una terapia orale che si affiancasse a quella iniettiva già in uso, per ridurre la frequenza dei trasferimenti dei pazienti verso le strutture ospedaliere (normalmente ogni due settimane) per sottoporsi al trattamento infusionale. Poi i risultati degli studi ci hanno sorpreso mostrando benefici equivalenti e, sotto alcuni profili, anche superiori rispetto allo standard terapeutico attuale. Oggi stanno arrivando i risultati degli studi di fase 3: uno è appena stato presentato (clicca qui) e il prossimo dovrebbe arrivare all’inizio del 2013, avvicinando eliglustat ad una immissione relativamente rapida sul mercato”.
Naturalmente si tratta di ‘tempi brevi’ compatibilmente con le esigenze del comparto farmaceutico.
“Ipotizzando che anche i dati del secondo studio siano positivi ed effettivamente disponibili all’inizio del 2013 - spiega Palmisano – si potrà prevedere la presentazione delle richieste di autorizzazione ad EMA ed FDA entro il primo semestre dello stesso anno. Se questi tempi saranno rispettati, possiamo attenderci l’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) europea nel 2014 e, a seguire, l’effettiva disponibilità in Italia nei tempi standard richiesti dalle pratiche di registrazione, ad oggi piuttosto lunghi: ragionevolmente ci aspettiamo che il farmaco sia disponibile per i pazienti italiani nel 2015”.
Che questo porti per molti pazienti ad un miglioramento della qualità della vita è indubbio, ma sembra non essere il solo beneficio connesso al nuovo farmaco. Anche i conti del SSN potrebbero giovarsene.
“Ogni mezza giornata di Day Hospital – spiega Palmisano – costa al sistema sanitario nazionale circa 500 euro. Un paziente affetto da malattia di Gaucher di tipo I deve sottoporsi a 26 infusioni l’anno, per una spesa complessiva stimata di 13.000 euro. Moltiplicando per i circa 250 pazienti oggi in trattamento - ma il numero è in aumento - arriviamo a 3 milioni e 250 mila euro. Sono tutte risorse potenzialmente risparmiabili grazie alla terapia orale”.
Si tratta di un calcolo di massima e puramente teorico, perché non è detto che tutti i pazienti usufruiranno della terapia orale. “Anche dopo l’arrivo del nuovo farmaco l’imiglucerasi rimarrà in commercio e saranno le necessità cliniche del paziente, in base alle caratteristiche proprie delle due opzioni terapeutiche disponibili, a guidare la scelta del medico che dovrà valutare se sia più appropriata la terapia per infusione oppure quella orale”.
I pazienti affetti da malattia di Gaucher avranno dunque a disposizione una nuova opzione di trattamento. Questo è un risultato importante in un settore, quello delle malattie rare, in cui molti pazienti sono orfani di farmaci specifici per i propri bisogni. Se si è potuti arrivare a questo risultato lo si deve anche al modo di pensare che da sempre contraddistingue Genzyme.
“Nei decenni passati abbiamo visto spesso le aziende farmaceutiche investire nello sviluppo di molecole che aggiungevano poco all’armamentario terapeutico già a disposizione. – spiega Palmisano – Questo per conquistare anche piccole quote all’interno di mercati molto grandi, dove i bisogni terapeutici erano in gran parte soddisfatti. O anche puntare sulla pura estensione dei brevetti esistenti. Questo approccio ha caratterizzato un’epoca in cui le aziende comunque non erano sole, ma interagivano con le autorità regolatorie ed i sistemi sanitari dei Paesi più sviluppati. Ora quest’epoca volge al termine, ma alcune realtà, soprattutto biotech, non hanno mai avuto questo modo di pensare: non è un caso che l’investimento di oltre il 20 per cento del fatturato globale di Genzyme sia stato da sempre indirizzato alla ricerca di frontiera, mantenendo l’attenzione costantemente concentrata sui bisogni insoddisfatti e benessere del paziente. Lo dimostra anche il fatto che oltre a fornire le terapie ci preoccupiamo di rendere disponibili ed organizzare, a nostro carico, dei programmi di terapia domiciliare, con l’obiettivo di migliorare compliance e aderenza. Certo che in questa nostra mission dobbiamo avere il sostegno della politica perché - per citare M.F. Drummond - ‘i principi della cost effectiveness non possono essere applicati alle malattie rare: con numeri tanto bassi non si possono ottenere risultati positivi. La scelta in questo campo non è dei farmaco-economisti, ma è politica’”.
“La penso esattamente così – conclude Palmisano -, ma mi sento anche di dare un giudizio di prudente ottimismo sul momento attuale nei confronti dei farmaci orfani e delle malattie rare. Pur in un periodo così difficile per il Paese, per la spesa sanitaria e per quella farmaceutica in particolare, l’innalzamento del tetto della spesa ospedaliera rispetto al passato, l’esenzione dei farmaci innovativi ed orfani ospedalieri dal ripiano dello sfondamento e la volontà di rivedere la lista delle malattie rare da poco espressa dal Ministero, mostrano che in questa fase storica la politica italiana è recettiva e sensibile al tema dei farmaci orfani e che, almeno in questa nicchia, si sta procedendo sulla strada giusta”.