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Laddove si parla di malattie, in particolar modo se rare, è difficile prescindere dall’esperienza dei pazienti e delle associazioni che li rappresentano. Si tratta di voci esperte, di persone che hanno vissuto la malattia, la difficoltà di trovare punti di riferimento - magari in epoche in cui una rete nazionale delle malattie rare non esisteva - e che hanno anche visto cambiare in meglio le terapie, nei casi delle patologie più ‘fortunate’. È proprio una voce con tutte queste caratteristiche ad essere intervenuta ieri a convegno ‘ La normalità delle patologie rare: nuove prospettive per la Malattia di Fernanda Torquati - Presidente Associazione Italiana Gaucher - AIG Onlus, presidente sì ma prima di tutto madre di un giovane colpito dalla malattia. “L’esperienza iniziale, come semplice mamma di un bambino affetto dalla malattia, è stata molto dura – ha raccontato -  mio figlio ha iniziato a manifestare i sintomi a due mesi d’età, ma nessuno riusciva a produrre una diagnosi; a quattro anni è stato necessario un ricovero, probabilmente per gli effetti della progressione della malattia, ma anche in quella situazione non è stata prodotta diagnosi e la mancanza di conoscenza della patologia ha addirittura portato un medico ad accusarmi di essere una “cattiva mamma”. Prima che finalmente si arrivasse a una diagnosi, a causa del suo aspetto pallido, pieno di lividi, con fegato e milza ingrossati ed anche per via di un incidente con un ago occorso mentre giocava, mio figlio è stato considerato come un sieropostivo da HIV.”

Erano gli anni ’80, di malattie rare si parlava pochissimo.
“Quando poi si riceve una diagnosi di malattia rara – racconta ancora Fernanda Torquati -  e prendi coscienza che tuo figlio è forse l’unico in Italia ad esserne colpito, insieme a pochi altri al mondo, le reazioni possono essere duplici: o ci si chiude in se stessi, disperati, o “si tirano fuori gli artigli”, cercando tutti i mezzi per trovare una via d’uscita. Ho scelto il secondo comportamento, arrivando a portare mio figlio anche in Israele. Ricordo che ho mandato e-mail a tutti i Dipartimenti di Medicina del mondo per avere ragguagli sulla patologia.”
Qual è l’impatto della Malattia di Gaucher nella vita quotidiana dei pazienti?
Le situazioni possono essere molto diverse tra loro e una grossa differenza la fa l’essere o meno seguiti presso un Centro altamente specializzato, da persone dedicate: il rischio, infatti, in mancanza di questo supporto terapeutico, è di essere abbandonati a sé stessi; diversi sono i pazienti che hanno abbandonato gli studi e sono entrati in depressione. La Malattia di Gaucher è una patologia multisistemica, colpisce più sistemi vitali contemporaneamente e i suoi sintomi non si fermano, ma avanzano e progrediscono: ci si alza la mattina con un femore rotto, senza aver fatto nulla, perché sopravviene una crisi ossea patologica.
Anche il malfunzionamento della milza e del fegato crea condizioni fisiche molto difficili: i pazienti sono esposti ad anemia, infezioni, problemi epatici. È dunque fondamentale arrivare ad una diagnosi il più precoce possibile per iniziare tempestivamente il trattamento sostitutivo e mantenerlo costantemente: in assenza, il paziente è costretto a una vita da disabile, immobilizzato a letto nei casi più gravi, e in costante rischio di morte per le complicazioni. Fino a qualche anno fa, quando la terapia enzimatica sostitutiva non esisteva, i pazienti potevano morire dissanguati, anche solo per epistassi. Con il trattamento sostitutivo continuato e tempestivo i pazienti possono aspirare ad una vita normale, possono sposarsi, avere figli, studiare, essere come gli altri, evitando le possibili nuove complicanze e mitigando i sintomi presenti. Il trattamento è come se facesse tornare l’energia e la voglia di fare. Del resto, si tratta di un’infusione che dura circa un’ora ogni quindici giorni, non particolarmente impegnativa, tanto che oggi alcuni pazienti stanno imparando ad autoinfondersi.

Come è nata e cresciuta l’Associazione e come è possibile far emergere il sommerso nella Malattia di Gaucher?

La nostra Associazione è nata nel 1991 per volontà di genitori e pazienti, dal desiderio innanzitutto di evitare ad altre famiglie quello che abbiamo passato noi e poter fornire un aiuto concreto. Trattandosi di una malattia molto rara, abbiamo incontrato difficoltà e problemi quasi insormontabili, dal momento che venti anni fa, quando è stata fondata, non si conosceva la Malattia di Gaucher. Finalmente, uno dei più importanti ematologi italiani in forze all’Ospedale Careggi di Firenze, e ora in pensione, mi informò su un Convegno organizzato in Olanda sulla patologia, al quale partecipavano per la prima volta anche i pazienti. È stata per me un’esperienza straordinaria incontrare e conoscere per la prima volta, oltre a mio figlio, altri bambini colpiti dalla patologia. Al Convegno partecipavano anche medici italiani e Associazioni europee di pazienti: è stata la loro esperienza a convincermi a crearne una anche in Italia. Venti anni fa i pazienti conosciuti erano circa una dozzina, ma sapevamo che erano più numerosi: oggi in Italia, ci sono, infatti, circa 250 pazienti viventi.
Abbiamo dunque iniziato a sensibilizzare la stampa, per poter raggiungere più direttamente le famiglie che avessero questo problema: i piccoli articoli informativi che riuscivamo a pubblicare sui giornali di più larga tiratura hanno avvicinato diverse famiglie alla nostra Associazione. Ci siamo inoltre impegnati a fomentare nei pediatri, organizzando e partecipando a convegni, una maggiore awareness della malattia, che, va ricordato, presenta sintomi devastanti e potenzialmente mortali.
Un aiuto significativo per contattare le famiglie dei bambini colpiti dalla patologia ci è venuto soprattutto dai medici del Comitato Scientifico, che segnalavano l’esistenza dell’Associazione ai genitori di bambini in cura presso di loro.

Quali sono state le tappe rimarchevoli nella storia dell’Associazione?

Tra i risultati che abbiamo raggiunto, ricordo l’azione di sensibilizzazione del Ministero della Salute, che ha portato all’istituzione di una Commissione ministeriale formata da gran parte dei nostri medici per cercare di venire incontro alle esigenze dei pazienti e che ha finalmente riconosciuto alla Malattia di Gaucher lo status di malattia “rara” e dunque l’esenzione alla partecipazione alle spese sanitarie per tutti i controlli annuali.
Siamo riusciti ultimamente a convincere l’Agenzia Italiana del Farmaco sull’importanza di registrare con sollecitudine in Italia velaglucerasi alfa, il trattamento enzimatico sostitutivo più recente per la malattia, grazie anche alla sensibilità del dottor Carlo Tomino, Direttore Ricerca e Sperimentazione Clinica dell'AIFA, che ha recepito le necessità dei nostri pazienti e ha accelerato la procedura.
La situazione era piuttosto drammatica, poiché i pazienti di diverse parti del mondo, tra cui l’Italia, sono rimasti per circa due anni senza il farmaco che veniva utilizzato in precedenza o con dosi davvero esigue, a causa della sospensione della produzione da parte dell’Azienda che lo commercializzava. Shire, che produce il nuovo principio attivo velaglucerasi alfa, già autorizzato da tempo in America e oggetto di trial clinico di Fase III in Europa, si è resa tempestivamente disponibile ad anticipare il ciclo produttivo. L’Associazione ha dunque sollecitato con diverse richieste l’AIFA per sbloccare la distribuzione in Italia, richieste che sono state recepite con grande senso di responsabilità nei confronti delle esigenze dei pazienti.

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