Dott.ssa Maria Alice Donati (Firenze): “La patologia può essere estremamente pericolosa nel periodo neonatale e nella prima infanzia”
Maria Alice Donati è direttore del SOC Malattie Metaboliche e Muscolari Ereditarie dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria “A. Meyer” di Firenze, la struttura che ha preso in cura Letizia, la ragazza affetta da deficit di fruttosio 1,6-difosfatasi di cui OMaR ha raccontato la storia. Alla dott.ssa Donati, e alla sua collaboratrice dott.ssa Maria Rosaria Curcio, abbiamo chiesto di spiegarci più diffusamente cosa sia questa patologia rara e quali conseguenze comporti per i pazienti che ne sono colpiti.
Cos’è il deficit di fruttosio 1,6-difosfatasi?
Il deficit di fruttosio 1,6-difosfatasi (deficit di FBP) è un errore congenito del metabolismo della gluconeogenesi, che compromette la formazione di glucosio a partire da tutti i precursori gluconeogenici. Durante il digiuno, in condizioni normali, la principale sorgente di glucosio è fornita dal glicogeno epatico; in caso di digiuno prolungato, le riserve di glicogeno sono deplete e il glucosio è sintetizzato via gluconeogenesi utilizzando come substrati alanina, piruvato e glicerolo. In caso di deficit di fruttosio 1,6-difosfatasi, il processo di gluconeogenesi è bloccato, pertanto, nelle condizioni di aumentato catabolismo, i pazienti hanno una dipendenza esclusiva dall’assunzione di glucosio e galattosio e dalle riserve di glicogeno epatico. Tale condizione è causata da mutazioni omozigoti o eterozigoti composte a carico del gene FBP1, che codifica per l’enzima fruttosio 1,6-difosfatasi 1. È una malattia ultra-rara e la prevalenza, in Italia, è stimata in circa un caso ogni 147.000 persone.
Come e quando si manifesta la malattia?
In circa il 50% dei casi, l’esordio è riportato nel periodo neonatale (1-4 giorni di vita), con ipoglicemia e grave acidosi lattica responsiva ad infusione endovenosa di glucosio e ad alimentazione lattea con pasti ad intervalli regolari. L’esordio può essere più tardivo in concomitanza con infezione febbrile, specie se gastroenterica, e conseguente scarsa alimentazione. Le manifestazioni cliniche sono caratterizzate da episodi potenzialmente fatali di acidosi, ipoglicemia, insufficienza epatica acuta Reye-like, convulsioni e coma fino all’exitus. Un episodio acuto può anche far seguito a ingestione di fruttosio (zucchero da cucina, dolci, frutta), specie a digiuno. Molti pazienti presentano più episodi acuti prima che sia effettuata una corretta diagnosi. Durante gli episodi acuti sono presenti acidosi lattica, elevato rapporto lattato/piruvato, iperalaninemia e iperuricemia; spesso è presente importante chetosi, che in taluni casi è invece lieve o assente; alla determinazione degli acidi organici urinari si riscontrano, in genere, elevati livelli di lattato, glicerolo, glicerolo-3-fosfato e chetoni.
Come avviene la diagnosi?
La diagnosi viene effettuata mediante analisi molecolare del gene FBP1. Nei casi con clinica fortemente suggestiva e analisi molecolare negativa, si può procedere dimostrando il deficit enzimatico su biopsia epatica. L’enzima fruttosio 1,6-difosfatasi 1 non è espresso su fibroblasti né su amniociti, quindi non è possibile dosare l’attività su fibroblasti da biopsia cutanea. A differenza dell’intolleranza ereditaria al fruttosio, solitamente non si riscontra avversione per i dolci e l’assunzione di fruttosio, in genere, non determina sintomatologia gastrointestinale. I bambini affetti da deficit di FBP tollerano generalmente alimenti dolci fino a 2g di fruttosio/kg/die, se distribuiti nell’arco della giornata.
Quali sono i trattamenti attualmente previsti
A differenza di molte malattie metaboliche, nelle quali il trattamento prevede diete con alimenti (miscele) speciali o farmaci specifici e ad elevato costo, la terapia del deficit di FBP è relativamente semplice e a “basso costo”. Cardine del trattamento è evitare digiuni prolungati; sono consigliati pasti regolari con alto contenuto in carboidrati a lento assorbimento, allo scopo di fornire adeguate riserve di glicogeno, prevenire gli episodi di ipoglicemia e ridurre la necessità di gluconeogenesi. L’uso di amido di mais crudo, la comune maizena che si trova facilmente anche al supermercato, alla sera prima del digiuno notturno consente nel bambino, dopo il primo anno di vita, di evitare pasti ogni 3-4 ore anche di notte e di mantenere un buon equilibrio metabolico. È inoltre indicata dieta con restrizione di fruttosio, saccarosio e sorbitolo, quindi attenzione a dolci, biscotti, bevande dolci, ma anche ad alcuni medicinali.
E in caso di attacchi acuti, come si interviene?
Il trattamento degli attacchi acuti prevede la correzione dell’ipoglicemia e dell’acidosi mediante infusione endovenosa di glucosio; la risposta è solitamente rapida, pertanto la risoluzione degli episodi con banale infusione di glucosio può portare, inizialmente, ad omettere la diagnosi di deficit di FBP. I grassi dovrebbero essere evitati durante lo scompenso, perché il glicerolo può esacerbare la malattia. È importante la ripresa dell’alimentazione orale per sondino nasogastrico in continuo o con pasti regolari, se possibile. La prevenzione di episodi successivi richiede di evitare digiuni, specie durante le infezioni intercorrenti; pertanto, oltre ai pasti frequenti e all’uso di maizena, può essere utile, in caso di infezioni e difficoltà ad assumere cibi per bocca, l’uso di alimentazione enterale. La tolleranza al digiuno, in genere migliora, con l’età. Molti pazienti mostrano obesità in relazione all’abitudine dei genitori ad iperalimentarli.
Quale qualità della vita possono aspettarsi i pazienti?
Con una presa in carico tempestiva e adeguata, associata ad un trattamento appropriato, la prognosi è eccellente, anche se la malattia può essere estremamente pericolosa nel periodo neonatale e nella prima infanzia. Nella nostra esperienza, due pazienti sono da noi afferiti in cerca di una diagnosi dopo ripetuti episodi di coma con acidosi lattica, quadro di ipoglicemia ed epatopatia Reye-like. Più di recente, due pazienti sono stati a noi inviati nel sospetto di patologia mitocondriale, e la diagnosi di deficit di FBP è stata posta nel primo mese di vita con analisi genetico-molecolare del gene FBP1, effettuata presso il nostro laboratorio.