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Carola

Grazie a mamma Benedetta si è creata una rete internazionale di famiglie che supporta la ricerca di una terapia in corso all’Ospedale Bambino Gesù

Carola ha 16 anni e una patologia genetica ultra rara: il deficit di adenilsuccinato liasi. La diagnosi l’ha avuta solo 7 anni fa, quando aveva 9 anni, perché la sua è una malattia rara e perché nel suo caso i sintomi non sono stati ingravescenti, come invece accade nella maggior parte delle forme conosciute fino a qualche anno fa e descritte sulle pubblicazioni. “I bambini affetti da questo deficit normalmente non camminano, non parlano e soffrono di epilessia farmaco-resistente”, spiega la mamma, Benedetta Contardi. “All’Ospedale Bambino Gesù hanno sottoposto Carola all’analisi dell’esoma e hanno identificato la patologia”.

Dal giorno della diagnosi, Benedetta non si è più fermata, ha cercato altre famiglie con figli affetti dalla stessa patologia di Carola – scovando anche una mamma australiana, Natalie Watson, che ha fondato un gruppo Facebook per le famiglie che affrontano la vita con il deficit di adenilsuccinato liasi – ha ampliato la rete internazionale che già esisteva, passando da sole 6 famiglie a 45, e ha organizzato raccolte fondi per la ricerca. Ma soprattutto si è dedicata a sua figlia, si è impegnata per consentirle di praticare sport e di comunicare con gli altri, perché Carola non parla. “Mia figlia – racconta Benedetta – ha fatto riabilitazione motoria e ginnastica. Ha cominciato a camminare a 5 anni. Quando ha cominciato a muoversi abbiamo introdotto lo sport: attualmente nuota e fa atletica, soprattutto esercizi di coordinazione. Carola, però, non parla. Così, abbiamo cominciato a utilizzare la comunicazione aumentativa alternativa quando aveva 4-5 anni, introducendo le immagini con le scritte sotto, in modo che lei indicasse le parole e si esprimesse. Aveva un quaderno, che ora è diventato un tablet, con tante immagini”.

Ma il tempo passa, Carola cresce, anche se in ritardo rispetto ai traguardi motori e cognitivi previsti per la sua età, e con lei crescono anche i suoi bisogni: il tablet, perciò, non basta più, e allora Benedetta ha iscritto sia lei che sua figlia “a un corso base di LIS all’Istituto per i sordomuti, per imparare la lingua dei segni. Le lezioni non si sono fermate nemmeno durante la pandemia, grazie alla tecnologia. Carola si è impegnata moltissimo e le è piaciuto tanto. Sempre durante la pandemia ha sostenuto, con grande emozione, l’esame di licenza media e ora frequenta il liceo artistico”.

Carola, però, oltre al liceo fa anche diverse altre cose, come racconta mamma Benedetta a Osservatorio Malattie Rare: “Frequenta le molte attività proposte dalla fondazione La Casa Delle Luci, che le offre un percorso di valorizzazione delle amicizie tramite il potenziamento comunicativo, utilizzando la LIS, oltre a partecipare con loro ad iniziative sportive e ricreative (bowling ed espressività corporea). Nel programma della Fondazione ci sono anche “I giorni diversi”, in cui i ragazzi vanno per qualche giorno in una casa ad Albano con gli operatori, stanno fra loro e si organizzano per affrontare le loro giornate, sviluppando la loro autonomia e divertendosi: spero che presto anche Carola possa condividere questa esperienza”.

Come Benedetta ha spiegato in un articolo recentemente pubblicato sul quotidiano Il Messaggero, la competenza delle equipe mediche che prendono in carico i malati rari e le scoperte scientifiche a cui giunge la ricerca sono determinanti per la qualità di vita e per il futuro di questi pazienti. Nel caso di Carola, gli incontri determinanti sono stati con i medici dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, primo fra tutti il Dottor Andrea Bartuli, e con Francesco Cecconi, un ricercatore che oggi, grazie a Fondazione Telethon, sta concentrando i suoi studi proprio sul deficit di adenilsuccinato liasi.

La speranza, per Carola e per quanti hanno la sua stessa patologia, è che si arrivi presto a una cura. Ma per raggiungere un obiettivo tanto importante, sottolinea Benedetta, “dobbiamo evitare l’emigrazione dei nostri scienziati all’estero. La ricerca deve essere finanziata. Raccogliere i fondi non è semplice”, racconta. “Noi abbiamo cominciato con delle vendite di beneficienza, inizialmente tra amici, poi alle feste di compleanno: le amiche, invece che chiedere regali, domandavano un’offerta per la ricerca. Bisogna rendere la vita di questi ragazzi bella come quella dei loro coetanei, dobbiamo dare un futuro a questi bambini”.

Benedetta ha raccontato la storia di Carola durante la seconda edizione di “TheRARESide”, il social talk di OMaR sulle malattie rare: clicca QUI per rivedere il video della sua testimonianza.

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