Intervista alla Dott.sa Rossella Parini, responsabile della UOS Malattie Metaboliche Rare, Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza
MONZA - Torniamo ad affrontare un argomento delicato ed importante: la difficoltà di diagnosticare una malattia rara. Parliamo quest’oggi della malattia di Gaucher, patologia lisosomiale rara di origine genetica. Dovuta alla carenza o totale assenza dell’enzima glucocerebrosidasi, la malattia causa l’accumulo del glucocerebrosidi nei lisosomi dei macrofagi, che quindi crescono di dimensioni. Tali cellule prendono il nome di Cellule di Gaucher. Le cellule di Gaucher si concentrano soprattutto nella milza, nel fegato e nel midollo osseo, alterando le normali funzioni di questi organi e provocando una sintomatologia piuttosto varia.
Ma la diagnosi è ancora così difficile per questa patologia?
“La diagnosi in sé non è difficile – spiega la Dottoressa Rossella Parini, Pediatra Metabolica, responsabile della UOS Malattie Metaboliche Rare, Azienda Ospedaliera San Gerardo di Monza -
Bisogna però sospettare la malattia di Gaucher per chiedere gli esami che portano alla diagnosi. Spesso questi pazienti sono visti da ematologi che pensano a tante altre patologie e non alla malattia Gaucher.”
“Il sospetto diagnostico sorge con difficoltà come per tutte le altre malattie rare. – prosegue Parini - Chi non segue le malattie rare ma fa un altro lavoro ha sempre difficoltà a sospettare una malattia che non ha mai visto. Spesso si pensa a leucemie, linfomi, sulla base di splenomegalia e anemia, piastrinopenia.
Se però il sospetto della malattia di Gaucher c'è, la diagnosi si effettua mediante il dosaggio enzimatico sui leucociti. L'enzima che si dosa è la beta-esosaminidasi, che nel Gaucher risulta assente o in concentrazioni bassissime. La diagnosi si può poi confermare con la ricerca delle mutazioni patogene sul gene della beta-esosaminidasi (anche questo su un campione di sangue).”
Per riconosce tempestivamente le malattie lisosomiali esiste però anche un’altra possibilità, che si sta facendo strada oggi anche in Italia. Si tratta dello screening neonatale, un test non invasivo che permette di individuare la presenza della patologia nei neonati.
“Lo screening per le malattie lisosomiali ha pro e contro – precisa Parini, che a fine giugno è stata relatrice del convegno nazionale “Approccio clinico e terapeutico multidisciplinare della malattia di Gaucher, quali le novità”, promosso da Shire - permette una diagnosi precoce e può essere moto utile se la malattia in questione è trattabile e se è possibile identificare la gravità della malattia nel singolo soggetto. Se la malattia non ha trattamento disponibile lo screening può essere dannoso. Se nel singolo paziente con malattia trattabile, non si possa identificare la gravità della malattia, ci si può trovare di fronte a decisioni terapeutiche molto difficili. Inoltre, nelle forma più lievi che potrebbero avere un esordio di malattia da adulto si rischia di creare un danno psicologico al paziente e alla famiglia imponendo controlli clinici periodici ad un bambino che appare sano.”