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Menù scolastici e malattie rare

La dr.ssa Martina Tosi racconta i risultati della prima indagine nazionale sulla gestione delle diete metaboliche e chetogeniche a scuola

Negli ultimi anni l’alimentazione è entrata sempre più a pieno titolo tra gli strumenti fondamentali per promuovere salute e qualità della vita, non solo in ambito preventivo ma anche come parte integrante di numerosi percorsi di cura. Infatti, in alcune condizioni cliniche la dieta assume un ruolo terapeutico vero e proprio, contribuendo in modo essenziale al controllo della malattia e al benessere della persona. È il caso, ad esempio, dei bambini e ragazzi affetti da malattie metaboliche ereditarie, come la fenilchetonuria e la sindrome da deficit del trasportatore di glucosio di tipo 1 (deficit di GLUT1), o da patologie neurologiche rare come l’epilessia farmacoresistente, per i quali specifici regimi alimentari - spesso complessi e rigorosi - rappresentano un tassello imprescindibile del trattamento.

Quando questi bambini frequentano la scuola, garantire la continuità della dieta anche nei pasti scolastici diventa una sfida importante, sia per le famiglie sia per gli operatori sanitari e i servizi di ristorazione scolastica. La gestione di menù speciali richiede competenze precise, attenzione costante e una stretta collaborazione tra tutti gli attori coinvolti.

Per fare luce su queste esigenze e sulle difficoltà ancora oggi presenti nel nostro Paese, un gruppo di dietisti esperti ha condotto una delle prime indagini nazionali su questo tema. Lo studio è stato coordinato da Martina Tosi, dietista presso l’Ospedale dei Bambini Vittore Buzzi di Milano, Dipartimento di Pediatria, diretto dal Prof. Zuccotti, in collaborazione con un team di dietisti specializzati in malattie metaboliche e/o neurologiche rare e in ristorazione collettiva (Monica Guglielmetti, Gianna Marchi, Micaela Gentilucci, Giorgia Gugelmo, Ramona De Amicis, Alice Dianin, Ersilia Troiano, Juri Zuvadelli e Giulia Bruni). Il progetto, promosso dall’Associazione Tecnico Scientifica dell’Alimentazione, Nutrizione e Dietetica (ASAND) e dalla Società Italiana per lo Studio delle Malattie Metaboliche Ereditarie e lo Screening Neonatale (SIMMESN), ha coinvolto i dietisti di tutta Italia, con l’obiettivo di fotografare la realtà nella gestione dei menu per diete metaboliche e chetogeniche a scuola e di individuare possibili strategie di miglioramento.

Dott.ssa Tosi, per cominciare ci può spiegare in parole semplici perché, per alcuni bambini con malattie metaboliche o neurologiche, l’alimentazione diventa una vera e propria terapia?

Per questi bambini, l'alimentazione è un trattamento terapeutico da seguire quotidianamente e per tutta la vita. È il caso delle malattie metaboliche ereditarie e di alcune patologie neurologiche rare, dove la dieta ha un ruolo cruciale nel prevenire complicanze anche gravi, migliorare la sintomatologia e garantire crescita e neurosviluppo adeguati. Nelle malattie metaboliche ereditarie, ad esempio, può mancare un enzima necessario a metabolizzare una determinata sostanza, che quindi si accumula nell’organismo diventando tossica. Attraverso la dieta, non solo si previene l’accumulo di queste sostanze tossiche, ma si evita il peggioramento clinico, consentendo al bambino di vivere nelle migliori condizioni possibili.

Quali sono le principali difficoltà che emergono quando si cerca di garantire questi regimi alimentari anche nei pasti scolastici?

Le difficoltà sono molteplici, poiché la prescrizione dietetica specialistica va tradotta in un pasto idoneo al consumo in un ambiente comunitario come la scuola. La catena che porta dalla prescrizione al consumo del piatto in mensa è lunga e coinvolge diversi attori: il dietista clinico esperto nel trattamento di queste patologie, il personale della ristorazione scolastica, gli insegnanti e naturalmente la famiglia. Dal punto di vista della ristorazione scolastica, uno dei principali problemi emersi dall’indagine è la mancanza di formazione specifica da parte del personale della ristorazione, che spesso non conosce le peculiarità delle diete metaboliche o chetogeniche, le quali possono essere molto eterogenee tra loro. A questo si aggiungono difficoltà logistiche nella preparazione e gestione dei pasti speciali, spesso con prodotti costosi e difficilmente reperibili. In ambito clinico, le maggiori problematiche emerse hanno riguardato la tempistica necessaria a adattare un menù scolastico standard alle esigenze specifiche del bambino, e la frequente richiesta di chiarimenti da parte della ristorazione scolastica. È inoltre emerso che alcune famiglie, in assenza del dovuto supporto, sono costrette a farsi carico non solo dell’elaborazione del menù stesso ma anche della preparazione e del trasporto del pasto speciale a scuola.

Nel vostro studio avete coinvolto dietisti di tutta Italia: quali differenze o criticità sono emerse tra le varie regioni o tra i diversi contesti scolastici?

Abbiamo raccolto un numero elevato di risposte da quattro regioni – Lombardia, Veneto, Toscana ed Emilia-Romagna – che da sole hanno rappresentato oltre il 50% delle risposte. Ci sono invece regioni come Valle d’Aosta, Sicilia, Sardegna e Basilicata da cui non abbiamo ricevuto alcuna risposta. Questo introduce un primo limite nella rappresentatività nazionale dell’indagine. In ogni caso, le differenze principali riguardano la presenza o meno di uno o più centri clinici di riferimento a livello regionale, i quali possono fungere da snodo tra il bisogno clinico e l’attuazione pratica nella ristorazione scolastica. A influenzare ulteriormente il quadro sono il ruolo e il grado di coinvolgimento dei servizi di Igiene degli Alimenti e della Nutrizione, oltre alla presenza del dietista nella ristorazione. Infatti, mentre in alcune realtà il dietista segue direttamente l'elaborazione e il controllo del menù speciale, in altre il suo ruolo è più marginale.

Secondo quanto emerso, quali sono gli aspetti su cui è più urgente intervenire per facilitare la gestione di queste diete a scuola e rendere il sistema più inclusivo?

Uno dei nodi principali è sicuramente l'elevato carico sulle famiglie, talvolta coinvolte direttamente nella preparazione dei pasti, una dinamica che un sistema efficace e inclusivo dovrebbe evitare. Tra gli interventi più urgenti è stato rilevato il miglioramento della comunicazione tra tutti gli attori coinvolti – clinici, scuola, ristorazione, famiglia – e una maggiore formazione per i professionisti della ristorazione scolastica, anche tramite la realizzazione di ricettari e infografiche condivise, possibile attraverso l’implementazione di strumenti tecnologici, quali applicazioni o piattaforme dedicate, disponibili a livello nazionale. Risulta fondamentale anche migliorare la disponibilità degli alimenti a fini medici speciali su tutto il territorio. Ci siamo anche interrogati sulla possibilità di standardizzare alcuni protocolli dietetici: mentre le diete chetogeniche si confermano tra le più difficili da gestire e meno adattabili a standard comuni, alcune diete, per esempio quelle a controllato apporto di proteine, potrebbero essere almeno in parte standardizzate. In ultima analisi, emerge la necessità di un miglioramento del quadro normativo nazionale. Al momento in Italia non esistono linee guida ufficiali per la gestione delle diete speciali nella ristorazione scolastica in ambito di malattie rare. E questo è un vuoto che genera confusione e disuguaglianze, nonché rischi per la sicurezza dei bambini che seguono queste terapie dietetiche.

Infine, quale messaggio vorrebbe lanciare alle famiglie di questi bambini e agli operatori scolastici che ogni giorno collaborano per rendere possibile questo delicato equilibrio?

Alle famiglie va riconosciuto un ruolo centrale, non solo perché si fanno carico delle difficoltà quotidiane, ma perché possiedono un’esperienza diretta che può diventare risorsa per migliorare il sistema. Anche gli operatori scolastici devono essere pienamente coinvolti: la loro collaborazione è fondamentale per costruire un ambiente scolastico inclusivo, anche a tavola. Dal punto di vista professionale, ASAND e SIMMESN si impegnano congiuntamente a promuovere maggiore formazione e sensibilizzazione. Il pasto scolastico non è un favore: è un diritto sancito dagli stessi documenti ministeriali. Garantire questo diritto in modo equo significa permettere a ogni bambino – anche a chi vive con una malattia rara – di partecipare pienamente alla vita scolastica, in modo sereno e dignitoso.

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