carcinoma alla mammella maschile

A differenza del tumore mammario femminile - che in Italia è il più frequente in assoluto - quello maschile è molto raro. Ma non per questo meno pericoloso

In Europa un tumore è considerato raro quando ha una soglia di incidenza di 6 casi su 100.000 persone e ciò ha portato a classificare all’interno di questa categoria neoplasie come il colangiocarcinoma, il feocromocitoma, il glioblastoma o i tumori neuroendocrini (NET), tutti sconosciuti alla gran parte della popolazione e di cui si sente parlare in misura minore rispetto ad altre più diffuse forme di tumore, ad esempio il cancro al colon-retto o alla mammella. Perciò suscita stupore il fatto che proprio quest’ultimo tumore, quello a maggior diffusione in Italia con oltre 56 mila nuove diagnosi all’anno, sia considerato raro per il genere maschile. Se per la donna il carcinoma alla mammella è un problema noto - e con oltre 15mila decessi all’anno rimane un serio pericolo - lo stesso tipo di tumore nell’uomo è talmente raro che molti ne ignorano persino l’esistenza.

Inevitabilmente, quella del tumore mammario maschile si configura come una questione di medicina di genere, analoga ad alcune patologie cardiovascolari per cui esiste una netta differenza tra gli individui di sesso maschile e femminile arruolati nei trial clinici. “Il paradosso è dato dal fatto che abbiamo a disposizione una grande quantità di dati di ricerca su fattori di rischio, biomarcatori di diagnosi e nuovi farmaci per il tumore mammario ma solo una minuscola parte è focalizzata sul tumore maschile”, afferma il dott. Paolo Tarantino, Research Fellow presso il Dana-Farber Cancer Institute e la Harvard Medical School di Boston, nonché dottorando presso l’Università degli Studi di Milano. “Negli scorsi anni il tumore alla mammella è stato protagonista di un’autentica rivoluzione grazie all’ingresso sul mercato degli anticorpi monoclonali coniugati che oggi sono a disposizione di un’ampia fetta di pazienti, ma la maggior parte degli studi che hanno dimostrato il beneficio di queste terapie è stata generalmente condotta nelle donne e i volumi di persone incluse non permettono di fare analisi di sottogruppo utili per capire come trattare al meglio il tumore nell’uomo”. Pertanto, le evidenze a disposizione dei medici che si approccino a trattare un cancro mammario maschile risultano estremamente limitate.

Le linee guida del trattamento del carcinoma mammario maschile sono in gran parte mutuate da quelle riguardanti la popolazione femminile e riviste in funzione della differente anatomia e fisiologia del soggetto di sesso maschile”, spiega il dott. Fabio Domenico Bassi, della Divisione di Senologia presso l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano. “L’intervento di mastectomia totale rappresenta la quasi totalità delle indicazioni chirurgiche nell’uomo, in considerazione dell’esigua rappresentazione della ghiandola mammaria maschile. La radioterapia ha indicazione nel completamento del trattamento locale in caso di lesioni di diametro superiore al cm, che sostanzialmente rappresentano la maggioranza delle neoplasie diagnosticate nell’uomo”. Tra i fattori che influiscono sulle scelte dei trattamenti adiuvanti figurano anche l’istotipo della neoplasia e la caratterizzazione biologica, oltre che lo stadio alla presentazione.

Quando il tumore presenta espressione dei recettori ormonali lo si può aggredire con trattamenti mirati, in accordo con le indicazioni emerse per il tumore femminile. “La gran parte dei carcinomi mammari maschili è positiva ai recettori degli estrogeni”, prosegue Bassi. “Perciò la terapia ormonale adiuvante si basa sull’utilizzo del tamoxifene, un farmaco che inibisce i recettori per gli estrogeni, trovando largo impiego nel trattamento di questo tumore nell’uomo”.

Da poco tempo la Commissione Europea ha approvato elacestrant, un degradatore selettivo del recettore degli estrogeni (SERD) impiegato per il trattamento sia di donne che di uomini adulti affetti da carcinoma mammario avanzato o metastatico, positivo per il recettore degli estrogeni e negativo per il recettore HER2 (ER+/HER2), con mutazioni di ESR1 e in progressione dopo almeno una linea di terapia endocrina. “Inoltre, è in corso al Dana-Farber Cancer Institute uno studio clinico randomizzato per comparare l’efficacia degli inibitori dell’aromatasi e del tamoxifene in una popolazione di uomini con carcinoma mammario”, aggiunge Tarantino. “Coordinato dal prof. Pablo Leone, è il primo trial di questo tipo e potrebbe, auspicabilmente, dimostrare la validità degli inibitori dell’aromatasi anche nella popolazione maschile”. Purtroppo, solo una ristretta percentuale di carcinomi mammari maschili è positiva a HER2, contro cui sono stati sviluppati nel corso degli anni farmaci mirati (fra cui trastuzumab e pertuzumab), limitando il ricorso a altre attuali possibilità di cura.

Lo sa bene Stefano Saldarelli, autore del libro “Il cancro al seno non è solo roba da femmine - Una carezza può salvarti”, che ha raccontato la sua esperienza con una malattia capace di colpire con enorme sproporzione gli uomini e le donne (circa 500 uomini all’anno su oltre 56mila diagnosi), producendo una solida testimonianza che potrà aiutare altri uomini a liberarsi del senso di vergogna associato alla patologia. “Lo stigma del tumore mammario maschile grava su molti uomini affetti da tale patologia, e può talvolta condurre ad un ritardo nelle indagini diagnostiche ed un conseguente ritardo sulla diagnosi di tumore”, prosegue Tarantino. “Ciò può riflettersi nella prognosi di malattia, che è stata riscontrata essere peggiore negli uomini rispetto alle donne”.

Diversamente da quel che accade nell’universo femminile, non vi sono abbastanza dati da giustificare l’avvio di programmi nazionali di screening per il carcinoma mammario nell’uomo e ciò significa che occorre prestare seria attenzione ai fattori di rischio. “Nell’uomo la diagnosi di tumore mammario è quasi sempre clinica anche perché, considerate le dimensioni della ghiandola mammaria, l’auto-riscontro di un nodulo sospetto è più immediato”, chiarisce Bassi. “Occorre però coltivare la consapevolezza del problema affinché un tale segno porti il paziente dal medico, il quale dovrebbe a sua volta raccomandare l’esecuzione di un’ecografia o una mammografia di accertamento. Inoltre, si può considerare un’eventuale predisposizione genetica, legata ad alterazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, che predispongono all’insorgenza di cancro alla mammella e all’ovaio”.

Infine, va ricordato che tra le condizioni ereditarie predisponenti l’insorgenza di tumore mammario nell’uomo figurano le sindromi di Li Fraumeni, di Cowden e di Klinefelter. Disturbi rari dei quali serve promuovere una corretta conoscenza affinché quanti ne sono affetti possano monitorare la propria condizione, prevedendo o anticipando la manifestazione di quadri patologici più gravi.

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