DNA

Le due rare mutazioni sono state riscontrate dai ricercatori della Fondazione Tettamanti in piccoli pazienti affetti da leucemia linfoblastica acuta e da sindrome mielodisplastica 

Monza – I ricercatori della Fondazione Tettamanti hanno identificato per la prima volta due rare varianti germinali (trasmissibili) di uno specifico gene, chiamato STAG1, che potrebbero essere correlate in una piccola percentuale di casi allo sviluppo di alcuni tumori ematologici. In particolare, la prima variante (Arg1167Gln) è stata identificata in un bambino di 2 anni affetto da leucemia linfoblastica acuta e la seconda in un adolescente di 14 anni (Arg1187Gln) affetto da una forma di sindrome mielodisplastica. Lo studio aggiunge un nuovo tassello alle conoscenze sulla storia di queste malattie, ma è importante sottolineare che in presenza di queste alterazioni potrebbe esserci un rischio aumentato di sviluppare il tumore. Rischio non significa assolutamente certezza di malattia.

Giovanni Cazzaniga, responsabile dell’unità di ricerca di ‘Genetica della leucemia’ della Fondazione Tettamanti e professore associato di genetica medica all’Università degli Studi di Milano-Bicocca, commenta: “Abbiamo dimostrato per la prima volta che varianti di un gene della famiglia delle coesine, il gene STAG1, determinano alcune condizioni che possono aumentare il rischio di sviluppare leucemie e mielodisplasie. È un dato nuovo: fino a pochi anni fa le leucemie erano considerate malattie senza predisposizione famigliare; oggi si sa che non è così, si sta capendo che nel 5-10% dei casi di tumori emato-oncologici pediatrici ci possono essere condizioni genetiche ereditarie che ne aumentano il rischio. I geni delle coesine non erano ritenuti fra quelli in grado, se alterati, di aumentare il rischio di sviluppare di queste patologie. Non c’è una conseguenza immediata, ma certamente conoscere in modo sempre più approfondito la storia della malattia permette di studiare come prevenire il suo manifestarsi”.

Nel loro studio, i ricercatori della Fondazione Tettamanti, insieme ai colleghi dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri, dell’Università di Monaco e dell’Università di Dresda, non solo hanno identificato due varianti di questo gene in due pazienti pediatrici affetti da due diversi tumori ematologici, ma hanno dimostrato con specifici test in vitro che la presenza di queste mutazioni nelle cellule tumorali si associa ad alterazioni funzionali che si riflettono in un danno al DNA e in una riduzione della capacità della cellula di ripararlo; a loro volta, queste due condizioni potrebbero predisporre allo sviluppo di una leucemia o una mielodisplasia.

Occorrono ulteriori studi per verificare se questa scoperta possa avere implicazioni terapeutiche. Tuttavia, se questi risultati saranno confermati su casistiche più ampie, i pazienti portatori di queste varianti del gene STAG1 potrebbero essere meritevoli di una consulenza genetica per ricercare la presenza di tali mutazioni in altri membri della famiglia ed eventualmente impostare un programma di sorveglianza (al momento non disponibile per queste condizioni), oltre che per prendere decisioni terapeutiche appropriate: evitare, per esempio, la radioterapia, che di per sé aumenta il danno al DNA.  

Lo studio in dettaglio

Per il loro studio, i ricercatori hanno eseguito uno screening su 120 bambini affetti da leucemia linfoblastica acuta, 19 bambini di cui era nota la presenza in famiglia di casi di leucemia linfoblastica acuta o leucemia mieloide acuta e due bambini affetti da sindrome mielodisplastica. Analizzandone il DNA con una tecnica chiamata NGS (sequenziamento di ultima generazione), hanno identificato due varianti germinali del gene STAG1 mai caratterizzate prima in un bambino affetto da leucemia linfoblastica acuta e in uno con sindrome mielodisplastica. Entrambe le varianti sono rare e localizzate in una regione altamente conservata del gene STAG1, nella quale si ritrovano di frequente mutazioni implicate nell’oncogenesi.

Per valutare il ruolo di queste varianti di STAG1 nella predisposizione allo sviluppo del tumore, i ricercatori hanno utilizzato un modello in vitro, facendo crescere in coltura particolari linee cellulari (linfoblastoidi) preparate a partire da linfociti prelevati dal sangue periferico dei pazienti e contenenti ciascuna solo una delle due varianti identificate. Confrontando queste cellule con linee cellulari di controllo ottenute da donatori sani, si è visto che nelle prime i danni al DNA erano molto maggiori. Non solo. Per valutare l’effetto di queste varianti di STAG1 sulla stabilità del DNA, gli autori hanno anche valutato lo scambio di cromatina (materiale genetico) fra i cromatidi fratelli di cromosomi durante la divisione cellulare (mitosi), riscontrando nelle cellule portatrici di queste alterazioni un numero significativamente più alto di scambi anomali di cromatina. Un ulteriore dimostrazione di danno al DNA nelle cellule leucemiche. Inoltre, il team ha stimolato con radiazioni ionizzanti queste linee cellulari per provocare un danno alla doppia elica del DNA, dimostrando che nelle cellule normali questo danno viene riparato, mentre in quelle derivate dai pazienti e contenenti le alterazioni di STAG1 la capacità di riparare tale danno è significativamente inferiore.

Il prossimo passo dei ricercatori sarà cercare di capire attraverso quali passaggi e meccanismi questi danni funzionali potrebbero portare all’insorgenza dei tumori, con l’obiettivo a lungo termine di prevenirne l’insorgenza clinica. 

Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Blood Cancer Journal, ha tra gli autori Claudia Saitta, neo dottore di ricerca della Fondazione Tettamanti, e Grazia Fazio, ed è stato realizzato grazie al supporto dell’Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro (AIRC) e del Comitato Maria Letizia Verga.

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