Il ruolo di Fondazione Italiana per il Cuore nel promuovere la conoscenza della malattia, anche verso i medici di medicina generale
“La Fondazione Italiana per il Cuore è un ente no profit che opera come un autorevole facilitatore indipendente di connessioni e collaborazioni tra gli attori del mondo salute, che ambisce a portare soluzioni efficaci e sostenibili per la salute dei cittadini, dei pazienti e per il bene del nostro Servizio Sanitario Nazionale. Tra i vari stakeholder con cui collabora – spiega la Dr.ssa Cristina Meneghin, Direttore Comunicazione Scientifica Fondazione Italiana per il Cuore, vi sono anche le associazioni di pazienti. Da qualche anno abbiamo iniziato a occuparci anche di malattie cardiache rare, proprio in virtù della collaborazione che abbiamo intrapreso, grazie a OMaR, con le associazioni di pazienti fAMY e Conacuore, con le quali abbiamo realizzato diverse iniziative di sensibilizzazione sulla tematica dell'amiloidosi cardiaca. Quando, quattro anni fa, OMaR ci ha contattato per coinvolgerci, siamo stati molto felici di occuparci anche di questa tematica, così importante ma ancora misconosciuta anche a noi che lavoriamo in ambito cardiovascolare da oltre trent'anni.”
“Nel 2020 abbiamo iniziato l'attività di sensibilizzazione - prosegue Meneghin - partecipando a un Advisory Board sull'amiloidosi cardiaca, incontrando i rappresentanti delle istituzioni politiche in Italia per sensibilizzarli sull'urgenza di una diagnosi precoce e tempestiva; abbiamo realizzato un opuscolo informativo/educativo sull'amiloidosi cardiaca da transtiretina e un webinar con le associazioni di pazienti di Conacuore, per informare e sensibilizzare maggiormente su questa malattia rara, per conoscerla meglio, individuarne i sintomi e diagnosticarla in tempi più brevi. Abbiamo partecipato alla stesura del documento programmatico e di consensus “Amiloidosi cardiaca, conoscerla per diagnosticarla in tempo e gestirla al meglio”, che consideriamo il manifesto dell'amiloidosi cardiaca e che ha espresso e diffuso le richieste dei pazienti per aumentare il livello di conoscenza di questa malattia e arrivare a una diagnosi tempestiva. Abbiamo organizzato dei webinar informativi sulla patologia, anche nel periodo del COVID, proseguendo nella sensibilizzazione e pubblicando sul nostro sito e sui nostri social le video-pillole con le testimonianze dei pazienti e i messaggi per aumentare l'informazione e la consapevolezza sui bisogni e la malattia.”
“Nel 2022 Fondazione Italiana per il Cuore ha condotto un'indagine qualitativa conoscitiva sull'amiloidosi cardiaca, diretta a tutte le associazioni di pazienti di Conacuore che avevamo raggiunto negli anni precedenti, per comprendere il livello di conoscenza e coinvolgimento delle associazioni nell'assistenza dei pazienti affetti da amiloidosi cardiaca e per capire quali fossero i bisogni formativi sulla patologia e sui percorsi di cura. Ciò che è emerso dalle risposte dei pazienti e dei cittadini – spiega ancora Meneghin – è stato una pressoché totale mancanza di conoscenza della patologia, a fronte però di un grandissimo desiderio di conoscerla, di capire come gestirla e, soprattutto, di mettersi a disposizione per diventare degli eventuali punti di riferimento sul territorio, per poter aiutare i cittadini a comprenderla e avere così gli strumenti per dialogare con i propri interlocutori medici e attivare tempestivamente il percorso di diagnosi e cura.”
“Dall'analisi dei risultati della survey – prosegue Meneghin – è nato un progetto pilota che abbiamo concluso pochi mesi fa e che ha coinvolto tre associazioni di pazienti afferenti a Conacuore, dislocate sul territorio italiano, una al Nord, una al Centro e una al Sud, rispettivamente: l’Associazione Club Amici del Cuore di Castelfranco Veneto (TV), l’Associazione CardioSalus di Roma e l’Associazione Amici di Cuore di Bari. In ognuna di queste città abbiamo realizzato un evento formativo/informativo (in presenza), con l'obiettivo di informare e sensibilizzare sull'amiloidosi cardiaca da transtiretina i cittadini e i medici di medicina generale, con il coinvolgimento del centro clinico di riferimento locale per creare sinergia sul territorio. Si tratta di una patologia che spesso è sconosciuta sia ai pazienti che ai medici di base, e sono questi ultimi il primissimo punto di contatto del paziente. Il nostro scopo era prima di tutto, dunque, far conoscere loro i segni e i sintomi di questa patologia così complessa, in modo da innescare il sospetto clinico: solo così, infatti, potranno indirizzare i pazienti a un percorso di diagnosi e cura tempestiva, cosa che oggi non avviene ancora così frequentemente. Il secondo intento era informarli sull'esistenza dei centri di riferimento regionali, preposti a gestire il paziente con l'approccio multidisciplinare e multi-integrato necessario.”
“Il medico di medicina generale non è certamente un tuttologo – chiosa Meneghin – ci sono 10.000 malattie rare già mappate e chissà quante altre ancora che non conosciamo, quindi è impensabile per qualunque medico avere un know-how tale da poter fare diagnosi differenziale, e nessuno lo pretende. Crediamo però che sia fondamentale aiutare il medico (in primis il medico di medicina generale, che è il primo punto di riferimento per il cittadino) e il proprio paziente a comunicare fra loro: i due interlocutori devono concorrere a un colloquio efficace, e il presupposto è che entrambi sappiano quanto meno che questa malattia esiste, benché sia rara. Gli specialisti, infatti, fanno il loro lavoro nei Centri di riferimento, e lo fanno benissimo; purtroppo, però, lo fanno spesso troppo tardi, quando la malattia è già in una fase avanzata.”
Fondazione Italiana per il Cuore periodicamente promuove indagini al fine di valutare lo stato di salute della popolazione in termini di consapevolezza e livelli di adozione dei comportamenti preventivi. “I risultati delle indagini che svolgiamo ci servono per attivare azioni concrete volte a promuovere comportamenti efficaci di prevenzione e cura e rendere il paziente attivo e consapevole, capace di farsi carico attivamente della propria salute. L'ultima importante indagine condotta nel 2023 si intitola “La prevenzione cardiovascolare: consapevolezza, credenze, comportamenti degli italiani”. Anche se non è tagliata specificatamente sull'amiloidosi cardiaca ma sul rischio cardiovascolare, ci fornisce un dato interessante, che conferma dati già presenti in letteratura, ossia che i due terzi dei pazienti ritengono che il proprio medico non comunichi con loro e che in generale non li informi adeguatamente. Il punto è che, dall'altra parte, i dati ci dicono anche che i medici, nel 70% dei casi, sono convinti invece di essere efficacissimi nello spiegare al proprio paziente tutto ciò che deve sapere e che deve essere comunicato. Abbiamo quindi una distonia fra il percepito del paziente e quello del medico, perché queste due figure non si parlano: occorre lavorare sulla comunicazione, per instaurare la famosa alleanza terapeutica. Il medico, inoltre, dovrebbe tenere conto dell'età, dell'emotività e del livello di scolarità del paziente. Certo, i pazienti sono tanti, i medici sono pochi e le liste d'attesa sono lunghissime, quindi i medici sono in difficoltà, non avendo sempre la possibilità di dedicare ai pazienti sufficiente tempo di qualità. E nel caso dell'amiloidosi cardiaca -conclude Meneghin - essendo una malattia rara, ciò rende il tutto ancora più complicato.”
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