ricerca scientifica iperossaluria primitiva

Il prof. Francesco Emma spiega quali sono le similitudini e le differenze con il lumasiran, farmaco già approvato in Europa e disponibile anche in Italia

Roma – Un nuovo farmaco potrebbe aggiungersi alle attuali opzioni di trattamento dell'iperossaluria primitiva: tutto dipenderà dai risultati di una sperimentazione in corso anche in Italia, presso l'Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma. Nedosiran è il nome di questa nuova molecola sviluppata da Dicerna Pharmaceuticals, una biotech americana che nel dicembre 2021 è stata acquisita dalla multinazionale danese Novo Nordisk.

L'iperossaluria primitiva (PH) è una malattia genetica ultra rara che si manifesta inizialmente con una compromissione della funzionalità renale. I pazienti hanno una sovrapproduzione di ossalato che può portare a diverse complicazioni, fra cui calcoli renali ricorrenti, nefrocalcinosi e nefropatia cronica: quest'ultima può evolvere in una malattia renale allo stadio terminale che richiede una dialisi intensiva. L'accumulo di ossalato, inoltre, implica la sua dannosa deposizione sistemica in vari tessuti del corpo, fra cui la retina, le ossa e il muscolo cardiaco.

Una malattia, quindi, potenzialmente letale: per affrontarla, se la sperimentazione sul nedosiran non deluderà le attese, i pazienti potranno avere a disposizione, in futuro, due trattamenti, mentre fino a due anni fa non ne avevano neanche uno. È del 2020, infatti, l'approvazione da parte della Commissione Europea del primo e finora unico farmaco autorizzato per la patologia: il lumasiran, prodotto dall'azienda americana Alnylam. Lumasiran, nell'aprile di quest'anno, ha avuto il via libera anche in Italia da parte dell'AIFA.

Questi due farmaci hanno alcune cose in comune ma anche delle differenze fondamentali. Per capirle meglio ci siamo rivolti al prof. Francesco Emma, direttore della Divisione di Nefrologia e Dialisi del Bambino Gesù, dove è in corso la sperimentazione clinica di entrambi i trattamenti (e non è superfluo aggiungere che questi studi vengono condotti sia per i cosiddetti “farmaci candidati” come il nedosiran, sia per quelli già sul mercato come il lumasiran). Partiamo dalle similitudini: il meccanismo d'azione. “Sia lumasiran che nedosiran vengono somministrati tramite iniezioni sottocutanee e agiscono sulla base di un meccanismo naturale di silenziamento genico chiamato RNA interference (RNAi)”, spiega il prof. Emma.

Lumasiran è stato progettato per silenziare il gene HAO1, che codifica per l'enzima glicolato ossidasi (GO): in questo modo ne inibisce l’attività ed è in grado di diminuire la produzione di ossalato da parte dell’organismo. Nedosiran, invece, è stato sviluppato per inibire la produzione dell'enzima epatico lattato deidrogenasi (LDH), che è coinvolto nella conversione del gliossilato in ossalato, con l'obiettivo di prevenire, appunto, la sovrapproduzione di ossalato. L'enzima LDH è presente in tutte le cellule, ma il farmaco è stato modificato per cercare di agire in maniera selettiva solo sull'LDH epatico. Possiamo dire, quindi, che queste due molecole agiscono allo stesso modo, ma su enzimi diversi e a un diverso livello”, prosegue il nefrologo.

La principale differenza fra i due farmaci, invece, è la tipologia di pazienti a cui possono essere somministrati. “Esistono tre forme di iperossaluria: PH1, PH2 e PH3, ciascuna risultante da una mutazione in uno dei tre diversi geni nella via metabolica del gliossilato: rispettivamente AGXT, GRHPR e HOGA1”, sottolinea Emma. “Ma mentre il lumasiran è indicato solo per la PH1, che è la forma più comune e rappresenta l'80% dei casi, nedosiran è stato sviluppato per agire su tutte e tre le forme, comprese la PH2 e la PH3. che sono più rare e meno gravi”.

In una recentissima intervista il professor Emma ci ha parlato del trial di Fase III ILLUMINATE-C, in corso al Bambino Gesù, che sta valutando la sicurezza e l'efficacia di lumasiran in pazienti con iperossaluria primitiva di tipo 1 di tutte le età e con insufficienza renale grave.

Allo stesso tempo, nell'ospedale romano si stanno svolgendo due trial che valuteranno l'efficacia e la sicurezza a lungo termine di nedosiran nei pazienti affetti da PH (tutte e tre le forme). Il primo, chiamato PHYOX8, è di Fase II e arruolerà in totale (nel mondo) 20 pazienti di età inferiore a 11 anni con iperossaluria primitiva e funzionalità renale relativamente intatta. Partito nel febbraio 2022, terminerà nel novembre 2023. Il secondo trial, PHYOX3, è uno studio di estensione in aperto, di Fase III, e si rivolge ai pazienti che hanno già completato uno dei trial di Fase I e II del programma di sviluppo clinico PHYOX (eccetto PHYOX7). Anche i sibling dei partecipanti (fratelli o sorelle di età inferiore ai 18 anni) potranno essere arruolati, se idonei. Lo studio, iniziato nel luglio 2019, prevede la partecipazione di 75 pazienti nei diversi centri coinvolti e terminerà nel luglio 2027. In entrambi i trial la partecipazione è ancora possibile, ma per lo studio di estensione l'arruolamento avverrà su invito da parte dei ricercatori. Per la pubblicazione dei primi risultati, invece, bisognerà attendere ancora.

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