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In mancanza di linee guida standardizzate, la capacità di individuare tempestivamente la malattia è tutta nelle mani (e negli occhi) del dermatologo

“La psoriasi pustolosa generalizzata (GPP) ha quasi sempre un esordio ‘esplosivo’”, spiega il professor Giovanni Pellacani, ordinario di Dermatologia all’Università Sapienza di Roma e direttore della Clinica dermatologica del Policlinico Umberto I. “Il paziente arriva in Pronto Soccorso con una violenta e diffusa eruzione cutanea eritematosa associata alla formazione di pustole sottocutanee sterili, e presenta sintomi infiammatori sistemici come febbre, malessere generale e astenia. A questo punto, in genere, la GPP viene scambiata per un’infezione e trattata - senza alcun risultato - con la somministrazione di antibiotici. È un iter che riscontriamo spesso nei nostri pazienti. Del resto, si tratta di una patologia molto rara e non è scontato saperla riconoscere”.

Sulla base di un recente documento di consenso elaborato dagli esperti dello European Rare and Severe Psoriasis Expert Network (ERASPEN), la psoriasi pustolosa generalizzata è definita come “un gruppo di condizioni infiammatorie della pelle, recidivanti o persistenti, caratterizzate dall'infiltrazione di granulociti neutrofili nell'epidermide al punto tale da sviluppare pustole primariamente sterili e clinicamente visibili, con o senza infiammazione sistemica e con o senza psoriasi a placche concomitante o pregressa”.

La rarità della GPP, la sua eterogenea manifestazione e la somiglianza di alcuni sintomi con quelli di altre condizioni patologiche della pelle pongono notevoli sfide alla diagnosi precoce della malattia e al trattamento tempestivo dei pazienti. L’andamento intermittente tipico di questa forma di psoriasi rende il quadro ancora più complicato, con riacutizzazioni improvvise e ‘feroci’ che possono portare a complicanze multiorgano potenzialmente letali. Ad oggi, purtroppo, mancano linee guida internazionali standardizzate per la diagnosi di GPP e “l’individuazione della malattia è quasi sempre clinica”, spiega il prof. Pellacani.

OSSERVAZIONE CLINICA E TEST DI LABORATORIO

Per identificare correttamente la psoriasi pustolosa generalizzata è necessario, prima di tutto, procedere con un esame fisico completo della pelle e delle mucose. È un passaggio obbligatorio per valutare l'entità del coinvolgimento e per procedere con la diagnosi differenziale”, chiarisce il prof. Pellacani. All’esame obiettivo, le mucose appaiono spesso compromesse, con glossite migrante (detta anche “lingua a carta geografica”), lingua fessurata, cheilite (infiammazione delle labbra) e coinvolgimento oculare (ad esempio congiuntivite, uveite e irite). I sintomi cutanei provocano dolore, bruciore e prurito e spesso sono associati a manifestazioni extracutanee come febbre, anomalie delle unghie, artralgia, ittero ed edema degli arti inferiori.

Una volta concluso l’esame obiettivo – continua Pellacani – si procede con l’anamnesi, fondamentale per individuare eventuali fattori scatenanti (farmaci, infezioni, gravidanza, ecc.), e con i test di laboratorio, che si concentrano principalmente sulla valutazione dei marcatori infiammatori presenti nel sangue e sulle caratteristiche cliniche e istopatologiche dei campioni cutanei; ultimi, ma non certo per importanza, sono gli screening genetici”.

“La diagnosi di psoriasi pustolosa generalizzata è così ‘clinica’ che in genere non si aspetta nemmeno il referto istologico per iniziare la terapia”, sottolinea il prof. Pellacani. “Sebbene i test genetici non siano ancora utilizzati di routine per confermare una diagnosi di GPP, la loro futura implementazione potrebbe offrire l'opportunità di identificare precocemente le varie forme di psoriasi e personalizzare le strategie di trattamento”. A seconda della mutazione genetica alla base della malattia è infatti possibile stabilire le terapie più adatte per ogni specifica tipologia di psoriasi: agenti immunomodulatori biologici (come gli inibitori del fattore di necrosi tumorale alfa o gli anticorpi monoclonali anti-IL-17 e anti-IL-23) in caso di psoriasi a placche moderata-severa o artropatia psoriasica; spesolimab, un nuovo anticorpo monoclonale anti-IL-36, in caso di psoriasi pustolosa generalizzata.

DIAGNOSI DIFFERENZIALE

Per giungere all’individuazione della psoriasi pustolosa generalizzata è fondamentale saper distinguere questa specifica condizione da varie patologie cutanee e varianti psoriasiche che presentano una sintomatologia simile, seguendo un accurato processo di diagnosi differenziale.

“La pustolosi esantematica generalizzata acuta (AGEP) è in assoluto la condizione più simile alla GPP ma, a differenza di quest’ultima, è causata da farmaci”, spiega Pellacani. La AGEP è caratterizzata da una reazione cutanea pustolosa praticamente indistinguibile da quella tipica della GPP, a cui si associa febbre, leucocitosi, neutrofilia, lieve eosinofilia, ipocalcemia e ipoalbuminemia. “L’unico modo per distinguere le due condizioni – precisa l’esperto – è risalire al farmaco responsabile”. Infatti, nel 90% dei casi di AGEP riportati in letteratura la reazione cutanea è stata attribuita ad antibiotici, antimicotici, battericidi e antimalarici.

“La GPP può essere confusa anche con la sindrome DRESS, che si presenta con rash cutaneo da farmaci, eosinofilia e sintomi sistemici. È proprio la marcata eosinofilia che permette di effettuare rapidamente la diagnosi differenziale, dato che la GPP è invece caratterizzata da neutrofilia”, prosegue il professor Pellacani. “Un’altra condizione cutanea che può trarre in inganno è la dermatosi pustolosa subcorneale, nota anche come malattia di Sneddon-Wilkinson, ma gli ‘addetti ai lavori’ in genere non si lasciano abbindolare”.

Infine, oltre a dover distinguere la GPP da varianti psoriasiche simili, come la psoriasi pustolosa anulare (dalla prognosi più favorevole, caratterizzata dalla comparsa di piccole pustole isolate su chiazze psoriasiche e da sintomi sistemici più lievi), occorre anche saper individuare la specifica forma di psoriasi pustolosa generalizzata da cui è affetto il paziente, come la GPP acuta (o variante von Zumbusch), la psoriasi pustolosa della gravidanza (già indicata come impetigine erpetiforme e causata da ipocalcemia nel terzo trimestre di gestazione) e la psoriasi pustolosa infantile/giovanile. “Per fortuna – conclude il dottor Pellacani – le forme di GPP più difficili da diagnosticare sono quelle più lievi, con meno pustole, e in questi casi abbiamo a disposizione più tempo per individuare accuratamente la patologia senza mettere a rischio la salute del paziente”.

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