La dottoressa Leoni parla del Centro malattie rare del Gemelli

Un centro che supporta pazienti rari e famiglie grazie a un team multidisciplinare, al networking con le associazioni e a molti progetti di ricerca. Ne abbiamo parlato con la dott.ssa Chiara Leoni

Affrontare una diagnosi di malattia genetica rara è difficile, sia dal punto di vista medico che emotivo. Sebbene dare un nome alla patologia sia già di per sé un traguardo a volte difficile da raggiungere, il percorso non si conclude con la diagnosi. Anzi, da quel momento in poi parte tutto un iter che riguarda la presa in carico e la gestione del paziente che, a causa della complessità più o meno elevata della situazione condizione, richiede un approccio sanitario in grado di rispondere alle diverse esigenze. In Italia esiste un polo di eccellenza in grado di farlo, che attualmente segue circa 2000 pazienti: il Centro Malattie Rare e Difetti Congeniti, che si trova nel Dipartimento Salute della Donna e del Bambino e di Sanità Pubblica della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCSS (Roma). La dott.ssa Chiara Leoni, pediatra genetista del Centro, ha raccontato a Osservatorio Malattie Rare come avviene la presa in carico del paziente, come sono organizzati e come sono diventati nel tempo un punto di riferimento internazionale per le malattie rare.

Dott.ssa Leoni, com’è nato il Centro e da quanto tempo è attivo?

Il Centro, così com’è ora, è il frutto di una riorganizzazione interna relativamente recente della Fondazione Policlinico Gemelli, ma esisteva già prima. Infatti, da più di 40 anni esiste una realtà che si occupa dei pazienti con malattie genetiche rare all’interno del Gemelli. Essa si è ovviamente evoluta negli anni: io ho iniziato a lavorare qui 15 anni fa; al tempo si chiamava Servizio di Epidemiologia e Clinica dei Difetti Congeniti e il responsabile, il prof. Giuseppe Zampino, è oggi il Direttore della UOC di Pediatria. All’inizio, pur essendo un centro di riferimento per le malattie rare in Italia, i numeri dei pazienti in carico erano più piccoli ed eravamo strutturati su un due giorni di ambulatorio e una sola giornata di day hospital a settimana. L’incremento delle richieste di assistenza da parte dei pazienti con malattie rare ha potenziato l’expertise degli specialisti e allo stesso tempo ha attivato la progressiva riorganizzazione interna dei percorsi dedicati. Le risorse umane (personale sanitario e parasanitario), sono state potenziate per far fronte alle nuove e sempre più complesse necessità dei pazienti e delle rispettive famiglie. Oggi il Centro Malattie Rare e Difetti Congeniti afferisce alla UOSD diretta dalla dottoressa Roberta Onesimo e lavoriamo su 5 giorni di day hospital a settimana, che possono gestire più di 12 pazienti contemporaneamente. Ci sono 2 ambulatori dedicati alle prime visite e controlli dei pazienti con malattie rare nonché ai pazienti ancora orfani di una diagnosi, e un ambulatorio dedicato alle malattie rare con fragilità vascolare/malformazioni vascolari. Inoltre, è attivo un ambulatorio di pediatria della disabilità e nutrizione.

Come descriverebbe l’attività del centro in poche parole?

Noi siamo un centro di malattie rare che nasce per l’accoglienza a tutto tondo - dalla diagnosi alla presa in carico assistenziale, dalla terapia target al supporto nella gestione quotidiana - di pazienti con malattie rare di diversa tipologia. Siamo Pediatri ma il tempo ci ha portato inevitabilmente a formarci e specializzarci anche nella gestione delle problematiche mediche dell’adulto. Molti di questi pazienti con malattie rare passano dall’età pediatrica a quella adulta ed è spesso difficile identificare una figura di riferimento per la transizione. Siamo certamente supportati dal fatto di essere un’area pediatrica nel contesto di un Policlinico Universitario che gestisce anche il paziente adulto.

Dottoressa, quali patologie trattate principalmente? I pazienti vi raggiungono da tutta l’Italia?

Tra le malattie rare su cui lavoriamo di più ci sono le sindromi malformative di origine monogenica, ma anche le aneuplodie come la sindrome di Down e di Klinefelter, e le sindromi da microriarrangiamenti cromosomici. Molti sono anche pazienti con quadri di sindromi a mosaico, condizioni in cui la mutazione non avviene in tutte le cellule dell’organismo ma solo in alcune parti di esse. Siamo un centro di riferimento per alcune condizioni come le RASopatie, per le mTORpatie, per le malformazioni vascolari linfatiche e la sindrome di Smith-Magenis. Il centro segue circa 2000 pazienti, con 2500 accessi all’anno di day hospital. Roma, grazie alla sua posizione strategica, viene raggiunta da ogni parte dell’Italia e drena il bacino dei pazienti che provengono dalle Regioni del Sud-Italia. Non che in quelle regioni non ci siano centri di riferimento, anzi: sono attive molte collaborazioni con colleghi impegnati nella costruzione di realtà valide nelle regioni del Centro-Sud. Ma sanno di poter trovare nella nostra struttura un punto di approdo che mette a disposizione l’esperienza maturata di anni che facilita la gestione della condizione clinica a 360 gradi. Proprio per questo motivo molte associazioni sono ormai in contatto stabile con la struttura e nel corso dell’anno il centro dedica alcuni giorni, o settimane, a delle specifiche sindromi, coinvolgendo appunto le associazioni di riferimento. Questo lo facciamo perché migliora il networking tra i pazienti, le associazioni, i medici e le famiglie. Spesso i genitori non riescono a parlarsi tra di loro, dato che sono distribuiti un po' in tutta Italia, e nella quotidianità è per tutti difficile trovare il tempo anche solo per fare una telefonata o inviare un messaggio. La settimana dedicata ai pazienti con una sindrome specifica, rappresenta un momento importante per tutti. Permette a noi medici di focalizzarci meglio su una malattia, facilita la condivisione del vissuto da parte delle famiglie e consolida il dialogo medico-famiglia.

Ci può spiegare come fanno i pazienti ad essere seguiti al Centro?

Il paziente entra in contatto con noi tramite la segreteria del Centro Malattie Rare e/o dello Sportello Malattie Rare e la prima valutazione viene fatta nell’ambulatorio delle prime visite. Si rivolgono qui pazienti che necessitano di una presa in carico clinica multidisciplinare, oppure perché orfani di diagnosi e vogliono avviare un percorso di tipo diagnostico. Sulla base della prima visita vengono definiti i bisogni del paziente e, se è primariamente diagnostico, si avvia l’indagine molecolare e i necessari approfondimenti; se invece si tratta di una richiesta di presa in carico viene avviato un percorso di day hospital personalizzato.

Da chi è formata l’equipe medica e come operate?

Oltre alla dottoressa Onesimo, che è una pediatra con un ampio expertise soprattutto sulla gestione delle problematiche disabilitanti - ad esempio la gestione delle problematiche respiratorie e nutrizionali che prevedono l’utilizzo di presidi medico-chirurgici - ci sono altri tre medici. Io ho una formazione da pediatra genetista; mi occupo della parte diagnostica e assistenziale, seguendo sia i bambini che devono avviare un percorso di diagnosi molecolare, che quelli che devono essere gestiti solo per le problematiche di tipo assistenziale. Poi c’è la dottoressa Valentina Giorgio specialista in gastroenterologia pediatrica, e il professor Donato Rigante, con un ampio expertise in reumatologia pediatrica. Noi quattro ci alterniamo nel contesto del day hospital e facciamo una valutazione delle necessità del paziente. Dopodiché strutturiamo un programma multidisciplinare che può prevedere altre valutazioni specialistiche: in questo siamo avvantaggiati dall’essere in un contesto ospedaliero multidisciplinare, dove c’è anche la medicina dell’adulto, che ci permette di seguire i pazienti nel tempo, spaziando dalla diagnosi alla presa in carico, dall’assistenziale multidisciplinare alla terapia.

Grazie alla multidisciplinarietà, alla disponibilità di una struttura organizzata come il Gemelli, al networking con le associazioni, riuscite a gestire in toto il paziente raro, pediatrico e non solo, nel suo percorso dalla diagnosi alla presa in carico. E per quanto riguarda le terapie?

Negli ultimi anni ho maturato interesse e grande esperienza nella target therapy per le malattie rare che viene proposta, ove possibile, a tutti i nostri assistiti. Questo è ormai diventato un altro punto di forza del nostro Centro Malattie Rare e Difetti Congeniti. Trattare le malattie rare oggi è una realtà concreta e rappresenta un dovere etico, ma non tutti i centri hanno la possibilità di farlo. Ad esempio, per motivi di esperienza nella gestione dei farmaci e delle reazioni avverse, per difficoltà gestionali o per mancanza di supporto della struttura ospedaliera. La presenza di un pronto soccorso pediatrico e una terapia intensiva pediatrica ci supporta molto, perché abbiamo gli strumenti per gestire eventuali emergenze/complicanze, e riceviamo per questo una formazione continua (corsi base e avanzati per la gestione delle emergenze). In questo ambito si parla spesso di farmaci sperimentali, ad uso nominale, compassionevole o con prescrizione fuori prontuario; quindi è necessario studiare molto, investire tempo ed energie per identificare i pazienti candidabili a una data terapia e avviare un percorso di cura.

Come ha detto, serve molto studio per portare avanti questo tipo di approccio. Portate avanti anche delle linee di ricerca?

La nostra ricerca nasce primariamente dal paziente quindi parliamo di ricerca clinica, ma negli anni abbiamo identificato dei filoni specifici. Alcuni esempi sono: la definizione e la gestione di problematiche d’organo nelle sindromi malformative (muscolo-scheletriche, ossee, gastrointestinali, nutrizionali), l’identificazione di nuovi geni malattia e l’ampliamento dello spettro di presentazione clinica di una specifica sindrome. Per alcuni di questi ambiti e per certe patologie siamo diventati riferimento a livello internazionale, perché abbiamo descritto la storia naturale della condizione o del problema clinico dando un grande contributo alla conoscenza sulla malattia. Questo ci ha permesso di costruire dei network importanti a livello nazionale, ma anche europeo e internazionale. Siamo entrati facilmente nelle reti ERN (European Reference Networks), abbiamo vinto dei progetti finanziati dal Ministero della Salute che ci hanno permesso di investire fondi in ulteriori progetti di ricerca. Da qui l’apertura alla ricerca di base e all’ampliamento del network di collaborazione con ricercatori interni ed esterni alla nostra struttura per potenziare le conoscenze sulle malattie rare, con l’obiettivo primario di migliorare la qualità di vita dei nostri pazienti e la ricerca di nuovi target terapeutici.

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