Acromegalia, l'IA per diagnosi e trattamento

Un recente studio italiano apre la prospettiva per migliorare la diagnosi di questa malattia, che attualmente viene individuata con grande ritardo

L'acromegalia è una malattia rara endocrina, cronica e progressiva, che insorge solitamente fra i 20 e i 50 anni, provocata da una produzione eccessiva dell’ormone della crescita (Growth Hormone - GH) da parte dell’ipofisi e da livelli elevati di fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1), tipicamente derivanti da un adenoma ipofisario, un tumore benigno dell’ipofisi. Elevate quantità di questo ormone fanno sì che alcune parti del nostro corpo comincino a ingrandirsi piano piano, in modo impercettibile inizialmente. Ci accorgiamo infatti dell’acromegalia quando iniziamo a percepire i primi sintomi: un aumento progressivo delle dimensioni di mani, piedi, lingua, mandibola e quindi spazio fra i denti, naso, zigomi. Oltre ad aumento di altri organi come fegato, cuore e milza.

Il punto è che nonostante il miglioramento delle tecniche diagnostiche e delle terapie, che la rendono una malattia trattabile, viene spesso diagnosticata 5-10 anni dopo l'esordio dei sintomi, principalmente a causa della sua insorgenza lenta e dei suoi segni e sintomi aspecifici che portano i pazienti a rivolgersi a diversi professionisti medici che potrebbero non riuscire a diagnosticare l'acromegalia. Un’indagine condotta nel 2013 ha riferito che i pazienti necessitano, in media, di più di 5 anni per ricevere una diagnosi corretta.

Si tratta di una malattia rara ma non rarissima. L'acromegalia colpisce globalmente circa 6 persone su 100.000, con un'incidenza di 3,8 casi per milione all'anno. La prevalenza dell'acromegalia in Italia varia addirittura da 6,9 a 9,7 casi ogni 100.000 persone. Il test diagnostico raccomandato per l'acromegalia consiste nella misurazione dei livelli sierici di IGF-1 e, in caso di IGF-1 elevato o dubbio, la diagnosi deve essere confermata con mancata soppressione del GH a < 1 microgrammi/L, a seguito di iperglicemia documentata durante una terapia orale carico di glucosio. La diagnosi biochimica dovrebbe essere successivamente confermata dalla valutazione radiologica, con la risonanza magnetica o tomografia computerizzata (CT).

Il ritardo nella diagnosi può avere un impatto estremamente negativo su diversi aspetti sociali e sanitari, tra cui la prognosi a lungo termine della malattia, il tasso di successo del trattamento, il deterioramento psicosociale dovuto a depressione, sonnolenza diurna, disturbi del sonno, disturbi dell'immagine corporea e della qualità della vita.

L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE POTREBBE AIUTARE LA DIAGNOSI PRECOCE DELL’ACROMEGALIA

Un progetto condotto da un team di ricercatori dell’Università di Verona, guidato da Gianluca Trifirò, ha evidenziato che gli algoritmi di apprendimento automatico basati sui dati - uno in particolare su cinque testati - possono svolgere un ruolo nel supportare la diagnosi precoce di questa malattia.

L’idea di fondo è quella di intercettare potenziali persone da testare per l’acromegalia sulla base del fatto che assumono dei farmaci che vengono prescritti in caso di malattie o condizioni che sono correlate anche – non solo - con l’acromegalia. Infatti, diversi case report pubblicati in letteratura descrivono pazienti affetti contemporaneamente da acromegalia e malattie immunomediate, tra cui l'artrite reumatoide, la colite ulcerosa, la psoriasi, la miastenia grave, così come le vasculiti associate agli anticorpi citoplasmatici anti-neutrofili (ANCA) e la sindrome di Sjögren.

Dei cinque algoritmi predittivi sviluppati, solo l’algoritmo "random forest" (RF) ha mostrato un ottimo potere discriminante, mentre gli altri hanno raggiunto una scarsa accuratezza diagnostica. Il predittore maggiormente associato alla presenza di acromegalia è risultato essere il numero di indicazioni farmaceutiche relative agli immunosoppressori, suggerendo potenzialmente che l’infiammazione sistemica e/o le malattie autoimmuni potrebbero essere predittori chiave della diagnosi di acromegalia.

Questo studio retrospettivo – i cui risultati sono stati pubblicati nel 2024 su Nature – è stato condotto tra il 2011 e il 2018 utilizzando i dati dei database della Regione Sicilia. Si tratta del primo studio basato sulla popolazione che ha applicato modelli statistici tradizionali e algoritmi di apprendimento automatico per identificare una combinazione di variabili predittive per la diagnosi precoce di questa malattia utilizzando database regionali con i dati demografici e medici (anonimizzati) raccolti attraverso i servizi forniti dal Servizio Sanitario Nazionale italiano (SSN). Contiene informazioni sull'anagrafica dei residenti nella Regione Sicilia, sulle richieste da parte delle farmacie ambulatoriali, sulle dimissioni ospedaliere, sull’esenzioni dal ticket, sulle richieste per accertamenti diagnostici ambulatoriali e sulle visite specialistiche. I farmaci dispensati sono stati codificati utilizzando il sistema di classificazione Anatomo-Terapeutico Clinico (ATC) e il Codice italiano di autorizzazione all’immissione in commercio (AIC), mentre le comorbilità sono state codificate attraverso la nona revisione della Classificazione Internazionale delle Malattie. Il campione è di tutto rispetto: oltre 5 milioni di persone analizzate (sempre in modo anonimo), il che è particolarmente importante per la ricerca nel campo delle malattie rare, dove il numero di pazienti affetti è molto ridotto.

Un altro risultato interessante dal punto di vista endocrinologico da parte dell’Intelligenza Artificiale in merito all’acromegalia è di recente pubblicazione sul Journal of Clinical Endocrinology and Metabolism. Sabrina Chiloiro e colleghi della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS hanno messo a punto un algoritmo basato su parametri clinici, biochimici, molecolari e morfologici per supportare il clinico nella scelta del trattamento più adatto dopo l’intervento chirurgico. Lo studio ha integrato tutti i fattori predittivi di risposta e di resistenza alla terapia con analoghi convenzionali della somatostatina e biomarker del microambiente tumorale, fra cui il profilo dell’infiltrato infiammatorio. Dal modello matematico è possibile identificare la probabilità per ciascun singolo paziente di ottenere una buona risposta alla terapia con analoghi convenzionali della somatostatina, integrando i tre fattori di resistenza identificati: l’elevato rapporto delle cellule immunitarie CD68+/CD8+, l’assente o scarsa espressione del sottotipo 2A del recettore della somatostatina e la presenza di un residuo tumorale post-operatorio macroscopicamente evidente. In questo modo i pazienti a rischio di mancata risposta alla terapia di prima linea, con analoghi convenzionali della somatostatina potranno essere indirizzati precocemente ad una terapia di seconda linea, riducendo la durata di malattia non controllata, caratterizzata da elevati livelli plasmatici dell’ormone della crescita (GH) e dell’IGF-I.

Questo score è già applicabile in tutti i centri di riferimento in cui parametri patologici integrati nello score (espressione dei recettori della somatostatina e valutazione dell’infiltrato tumorale infiammatorio) siano già impiegati nella pratica clinica, o mutuabili dagli studi molecolari su altre neoplasie solide. Allo stesso tempo, la valutazione in board multidisciplinari dei pazienti con acromegalia, finalizzata alla definizione dell’outcome terapeutico è uno step imprescindibile nei centri di riferimento e in particolare per i pazienti non responsivi alle terapie convenzionali, come quelli che possono beneficiare dell’applicazione di questo tool”, spiega la dott.ssa Sabrina Chiloiro. “I clinici che hanno in carico i pazienti con acromegalia possono chiedere facilmente di accedere al tool per personalizzare la terapia medica nei pazienti acromegalici, chiedendo al neuro-patologo, neuro-chirurgo e neuro-radiologo l’integrazione multidisciplinare dei parametri previsti dal tool. Nell’articolo scientifico che presenta il tool è spiegato come scaricare e applicare lo strumento autonomamente”.

 

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