Convention dei Ricercatori sulla Fibrosi Cistica

Online i video dei momenti salienti della XXII Convention organizzata dalla Fondazione italiana, con una panoramica dei principali temi toccati nel corso dell’evento

La XXII edizione della “Convention dei Ricercatori sulla Fibrosi Cistica”, organizzata lo scorso novembre dalla Fondazione FFC Ricerca, si è confermata un momento cardine di confronto e condivisione tra alcuni dei maggiori esperti di fibrosi cistica (FC)

L’evento ha infatti riunito specialisti provenienti da diversi settori della ricerca biomedica - scienziati, medici e giovani ricercatori - rappresentando una preziosa opportunità per discutere i risultati emersi dagli studi sulla FC finanziati dalla Fondazione e per delineare le prospettive future nella comprensione e nel trattamento di questa patologia genetica. Durante la Convention 2024 sono stati toccati diversi temi: dalla regolazione dell’infiammazione all’analisi del microbiota polmonare, dallo sviluppo di nuovi modulatori di CFTR alla terapia fagica. I video dei momenti salienti dell’evento sono stati recentemente pubblicati, in lingua inglese, sul canale YouTube di FFC Ricerca.

DISPARITÀ DI ACCESSO AI MODULATORI DI CFTR

Il Professor Pierre-Régis Burgel, Ordinario di Medicina Respiratoria presso l’Université Paris-Cité e pneumologo del Cochin Hospital, ha partecipato al convegno con una lecture incentrata sulle discrepanze territoriali nell’accesso ai modulatori di CFTR, farmaci in grado di correggere, almeno in parte, il difetto alla base della fibrosi cistica (FC), ovvero il malfunzionamento della proteina CFTR e la conseguente produzione di secrezioni dense e ‘disidratate’ che compromettono la funzionalità di diversi organi, in modo particolare l’apparato respiratorio.

Come spiega Burgel, le differenze tra la Food and Drug Administration (FDA) statunitense e l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) nell’approvazione dei modulatori di CFTR riguardano principalmente i tempi e i criteri utilizzati per autorizzare i farmaci. Mentre negli USA vengono spesso adottate procedure di valutazione accelerata, come la “priority review”, in Europa, solo alcuni farmaci, come l’ivacaftor, hanno beneficiato di un iter rapido, mentre per altre combinazioni, come lumacaftor/ivacaftor o elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor, i processi di revisione scientifica si sono svolti con tempistiche molto più lunghe. Inoltre, la maggior flessibilità della FDA nel considerare valide le evidenze precliniche, come i dati in vitro, ha permesso di estendere l’uso dei modulatori di CFTR anche ai pazienti con FC affetti da mutazioni meno comuni; al contrario, l’EMA richiede prove cliniche più solide e un maggior numero di test confermativi per approvare l’estensione d’uso di un farmaco.

“Queste differenze – sottolinea il Professor Burgel – si traducono in una disponibilità più rapida dei modulatori di CFTR negli Stati Uniti rispetto all’Europa, limitando l’accesso dei pazienti europei a queste terapie innovative. La sfida più grande è convincere le agenzie regolatorie dell’efficacia di questi farmaci anche per mutazioni meno frequenti: la nostra ricerca ha proprio questo obiettivo e i primi risultati sono davvero incoraggianti, poiché dimostrano come alcuni modulatori di CFTR possano funzionare anche per mutazioni finora escluse dai protocolli terapeutici”.

IL CONTRIBUTO DELLA METABOLOMICA

Il Dottor Andrea Armirotti, biochimico presso l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) ed esperto di metabolomica, ha presentato alcune nuove metodologie utilizzabili per lo studio dei processi biochimici alterati nei pazienti con fibrosi cistica. “La metabolomica [studio dei metaboliti, N.d.R.] consente di identificare i biomarcatori predittivi della progressione della malattia e della risposta ai trattamenti”, spiega il ricercatore. “Grazie all’analisi del profilo completo dei metaboliti possiamo monitorare i cambiamenti biochimici nei pazienti con fibrosi cistica e personalizzare le terapie”.

Attraverso avanzate tecniche di spettrometria di massa, il team di ricerca del Dottor Armirotti ha analizzato il profilo metabolico dei pazienti con FC trattati con modulatori di CFTR, rilevando pattern biochimici specifici associati al miglioramento della funzionalità polmonare e alla riduzione dell’infiammazione. Questi dati potrebbero essere utilizzati per sviluppare strumenti diagnostici più precisi o per ottimizzare le strategie terapeutiche, permettendo un monitoraggio più efficace della malattia.

IL PROGETTO IMMUNOASPECT

Durante la Convention, la Prof.ssa Teresa Zelante, Associata di Patologia Generale presso l’Università di Perugia, ha illustrato il ruolo del fungo Aspergillus nella fibrosi cistica, con particolare attenzione alla condizione nota come aspergillosi broncopolmonare allergica (ABPA), grave complicanza che colpisce fino al 20% delle persone con fibrosi cistica.

La ricercatrice ha presentato i primi risultati del progetto “ImmunoAspect, dai quali emerge, nei pazienti con FC affetti da ABPA, la presenza di una firma immunitaria specifica - dominata dalle citochine IL-17F, IL-22 e IL-23 - che contribuisce a definire il quadro clinico. In questa popolazione di pazienti, inoltre, è stata evidenziata un’alterazione del microbioma polmonare: la colonizzazione cronica da Pseudomonas aeruginosa, tipica della fibrosi cistica, lascia il posto a una predominanza di Staphylococcus aureus, suggerendo un’infiammazione meno convenzionale.

“Questo lavoro rappresenta un passo avanti fondamentale – spiega la Prof.ssa Zelante – perché ci fornisce strumenti per una gestione clinica della FC sempre più efficace e personalizzata, ponendo le basi per diagnosi più rapide e interventi terapeutici mirati anche per i pazienti che presentano questa grave complicanza”.

TERAPIA FAGICA

Il dibattito è continuato con l’intervento della Prof.ssa Anna Silvia Pistocchi, Associata in Biologia Applicata presso il Dipartimento di Biotecnologia Medica e Medicina Traslazionale dell’Università degli Studi di Milano. La Prof.ssa Pistocchi ha presentato i risultati dei suoi studi preclinici volti a valutare l’efficacia della terapia fagica per il trattamento delle infezioni croniche da Pseudomonas aeruginosa nei pazienti affetti da fibrosi cistica. Questo particolare approccio si basa sull’utilizzo di fagi, detti anche batteriofagi, virus che infettano e attaccano specificamente i batteri. “Abbiamo analizzato l’interazione dei fagi con il sistema immunitario – chiarisce la ricercatrice – e abbiamo scoperto che mentre alcuni di questi virus vengono rapidamente degradati dai macrofagi [le cellule ‘spazzino’ del nostro organismo, N.d.R.], altri possono persistere e modulare l’infiammazione. Una terapia personalizzata con fagi selezionati potrebbe massimizzarne l’efficacia antibatterica, con minori effetti collaterali rispetto agli antibiotici”.

GY971: UNA NUOVA POTENZIALE OPZIONE TERAPEUTICA

Successivamente, Ilaria Lampronti, vicedirettrice del Centro di Ricerca sulle Terapie Innovative per la Fibrosi Cistica e Professoressa Associata di Biologia Molecolare presso l’Università degli Studi di Ferrara, ha parlato della nuova molecola GY971, a cui l’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) ha appena riconosciuto la designazione di “farmaco orfano” per il trattamento della fibrosi cistica. Si tratta di un derivato delle furocumarine angolari con duplice azione: correzione della proteina CFTR e funzione antinfiammatoria.

Negli studi in vitro, condotti su modelli cellulari, GY971 ha ridotto significativamente l’espressione di geni e proteine pro-infiammatorie”, dichiara la Prof.ssa Lampronti. “La molecola ha mostrato un’efficacia interessante anche in presenza di infezioni simulate da Pseudomonas aeruginosa. Inoltre, GY971 sembra non interferire con il trattamento a base di elexacaftor/tezacaftor/ivacaftor, ma anzi potrebbe amplificarne gli effetti”.

Negli studi in vivo, GY971 è stato testato su modelli murini di infezione acuta da Pseudomonas aeruginosa, mostrando una riduzione significativa delle cellule infiammatorie nei polmoni. “Nei modelli animali di infiammazione indotta da LPS [potenti endotossine presenti sulla membrana esterna di alcuni batteri, N.d.R.] abbiamo valutato la sicurezza del farmaco, escludendo la possibilità di effetti sistemici negativi”, prosegue l’esperta. “Negli esemplari in cui è stato testato, GY971 non ha alterato il peso corporeo o la temperatura, né i marcatori di epatotossicità”.

Per il momento sono previsti ulteriori test preclinici sulla molecola. “Si lavorerà anche sull’ottimizzazione dei metodi di somministrazione polmonare del farmaco, per massimizzarne l’efficacia terapeutica, e si condurranno approfondimenti sulla sua sicurezza attraverso studi di tossicologia e farmacocinetica e analisi trascrittomiche. In futuro – conclude Lampronti – GY971 potrebbe rappresentare un’opzione terapeutica per i pazienti che non rispondono agli attuali modulatori di CFTR”.

L’EPIGENETICA PER COMBATTERE LE INFEZIONI DA MICOBATTERI

Il contributo della Dottoressa Anna Griego, ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Milano, si è focalizzato sul Mycobacterium abscessus, un patogeno opportunista che, essendo causa di una grave malattia polmonareè particolarmente pericoloso per i pazienti affetti da fibrosi cistica, la cui funzione respiratoria è già di per sé compromessa dalla patologia. Gli studi della Dott.ssa Griego puntano a una strategia innovativa di modulazione epigenetica per potenziare la reazione immunitaria dell’organismo contro questo micobatterio.

In particolare, la ricercatrice ha illustrato come uno specifico processo epigenetico, l’acetilazione di proteine dette istoni, subisca un’alterazione nei macrofagi infettati da Mycobacterium abscessus, suggerendo una possibile soluzione. “Le nostre ricerche hanno dimostrato che l’infezione da parte di questo micobatterio riduce i livelli di acetilazione, compromettendo l’attività antimicrobica dei macrofagi”, spiega la Dott.ssa Griego. “La somministrazione di panobinostat, un modulatore epigenetico già approvato dalla FDA per il mieloma multiploha dimostrato, in modelli sperimentali, di poter ripristinare la risposta immunitaria e di aumentare l’eliminazione (clearance) dei batteri”.

“In conclusione – dichiara l’esperta – l’epigenetica non va sottovalutata perché rappresenta una via terapeutica promettente per migliorare la risposta immunitaria contro le infezioni croniche nei pazienti con fibrosi cistica”.

ATTIVAZIONE PIASTRINICA E INFIAMMAZIONE

In molte persone affette da fibrosi cistica, nonostante la somministrazione di terapie con modulatori di CFTR, permangono alcuni parametri infiammatori, indicando la necessità di nuove strategie terapeutiche. La ricerca presentata dal Dottor Domenico Mattoscio, ricercatore dell’Università degli Studi ‘Gabriele d’Annunzio’ di Chieti, si concentra proprio sull’infiammazione cronica associata alla fibrosi cistica. “L’eccessiva reattività piastrinica contribuisce a perpetuare lo stato di flogosi, attivando i neutrofili e riducendo la produzione di mediatori lipidici, come le resolvine, che promuovono la risoluzione dell’infiammazione”, spiega il ricercatore.

Il team del Dottor Mattoscio ha studiato l’effetto di questi mediatori lipidici pro-risolutivi sulle piastrine dei pazienti affetti da fibrosi cistica. “I risultati sono estremamente interessanti, non solo per l’indubbia efficacia delle resolvine nell’attenuare l’attivazione piastrinica, ma anche perché questo effetto è in grado di ripercuotersi positivamente sull’infiltrazione di neutrofili nei polmoni e sulla produzione di citochine pro-infiammatorie”, dichiara Mattoscio. “Le resolvine, in particolare la resolvina D3, rappresentano un’opzione terapeutica promettente per coadiuvare l’efficacia dei modulatori di CFTR e favorire la risoluzione dell’infiammazione nei pazienti affetti da fibrosi cistica”.

CONTRASTARE L’ACIDIFICAZIONE POLMONARE

Il convegno è continuato evidenziando un’altra causa di infiammazione nei pazienti affetti da FC: l’acidificazione polmonare (diminuzione del pH sulla superficie delle vie aeree). Questo fenomeno compromette l’attività delle molecole antimicrobiche naturali e contribuisce alla disidratazione del muco prodotto nelle vie respiratorie, rendendolo viscoso e difficile da espellere.

La ricerca del Dottor Luis Juan Vincente Galietta, dirigente biologo presso il laboratorio di Genetica molecolare dell’Istituto Giannina Gaslini di Genova, si è concentrata sulla proteina ATP12A, appartenente alla famiglia delle pompe protoniche, la cui funzione principale è quella di regolare il pH. “Studi condotti su campioni bronchiali e di cellule epiteliali nasali appartenenti a pazienti affetti da fibrosi cistica hanno mostrato un aumento significativo dell’espressione di ATP12A rispetto agli individui sani, aumento che contribuisce all’acidificazione, alla viscosità del muco e alla riduzione delle difese antimicrobiche”, sottolinea il Dott. Galietta.

“Abbiamo identificato due bersagli terapeutici promettenti, che potrebbero essere modulati per migliorare la clearance mucociliare [meccanismo di pulizia delle vie aeree da muco, particelle estranee e patogeni, N.d.R.] e ridurre l’infiammazione”, prosegue Galietta. “Inibendo l’espressione di alcune proteine, tra cui ATP12A, è stato possibile ridurre l’acidificazione, ottenendo risultati incoraggianti nel ripristinare la fluidità delle secrezioni mucose nelle vie respiratorie e aprendo, così, nuove prospettive per il trattamento della fibrosi cistica”.

LIPIDI DI MEMBRANA E STABILIZZAZIONE DELLA PROTEINA CFTR

La Convention è proseguita con l’intervento di Massimo Aureli, Professore Associato presso il Dipartimento di Biotecnologia Medica e Medicina Traslazionale dell’Università di Milano, che ha presentato i risultati ottenuti negli ultimi anni dalla ricerca sui lipidi di membrana, in particolare il ganglioside GM1 e il colesterolo, nella regolazione e nella stabilità della proteina CFTR.

“Un aspetto particolarmente interessante emerso dalla ricerca – spiega l’esperto – è il legame tra la carenza di CFTR sulla membrana cellulare e la diminuzione di GM1 e di colesterolo. In test condotti su modelli cellulari, la somministrazione di GM1 ha mostrato di potenziare l’efficacia dei modulatori di CFTR, suggerendo una possibile combinazione terapeutica per migliorare il recupero della proteina mutata, ridurre l’infiammazione e aumentare l’autofagia [processo biologico naturale attraverso il quale le cellule, in questo caso quelle che rivestono le vie aeree, eliminano e riciclano i componenti cellulari danneggiati o non più funzionali, N.d.R.]”.

NUOVI MODULATORI DI CFTR

Attualmente, il trattamento standard per i pazienti con FC positivi a specifiche mutazioni genetiche si basa su varie combinazioni di modulatori di CFTR. “Tuttavia, nonostante i progressi compiuti negli ultimi anni in questo settore, vi è ancora la necessità di scoprire nuovi farmaci che possano migliorare l’efficacia dei trattamenti esistenti e offrire nuove alternative terapeutiche”, afferma Paola Barraja, Professoressa Ordinaria di Chimica Medica presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Biologiche Chimiche e Farmaceutiche dell’Università degli Studi di Palermo.

A chiusura della Convention, la Prof.ssa Barraja ha presentato un progetto innovativo che punta allo sviluppo di nuovi modulatori di CFTR. “Cinque molecole promettenti sono state selezionate per ulteriori studi preclinici”, spiega l’esperta. “Nel frattempo, gli incoraggianti risultati preliminari emersi dai test di stabilità e biodisponibilità in corso indicano che questi composti possano essere dei candidati ideali per il futuro sviluppo clinico”. 

In generale, dalla 22ª Convention di FFC Ricerca emerge chiaramente la necessità di affrontare la fibrosi cistica con un approccio globale che non si limiti alla correzione del difetto proteico alla base della malattia, ma che includa anche strategie volte a ridurre l’infiammazione e a contrastare le complicazioni più frequenti nei pazienti.

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