Il presidente Spoleti: “Dal 2019 finanziamo la ricerca sulla patologia e ogni paio d’anni cerchiamo di ritrovarci tutti in presenza, per aggiornarci e confrontarci”
La glomerulopatia da C3 (C3G) è una malattia rara in cui un’anomala attivazione della via alternativa del sistema immunitario del complemento determina un dannoso accumulo della proteina C3 a livello dei glomeruli renali, innescando un processo di infiammazione che compromette progressivamente la normale funzionalità dei reni: in circa il 50% dei pazienti la malattia conduce all’insufficienza renale entro dieci anni dalla diagnosi. Il riferimento italiano per le persone affette da C3G è l’associazione “Progetto DDD ETS”, che prende il nome proprio da una delle due varianti della patologia, la malattia da depositi densi (DDD). Per farci raccontare le attività dell’Associazione abbiamo incontrato il presidente Fabrizio Spoleti.
“Tutto è iniziato nel 2004 – racconta Spoleti – quando il più giovane dei miei due figli ha cominciato a manifestare i primi sintomi della C3G. Parliamo di quasi vent’anni fa, un tempo in cui di questa patologia non si sapeva quasi nulla, tanto che la diagnosi è arrivata solo l’anno successivo. Da allora è iniziata la mia peregrinazione in Italia e all’estero, tra Francia, Svizzera, Inghilterra, Germania, Giappone e Stati Uniti, alla ricerca di risposte. Proprio negli USA, all’Università dell’Iowa, ho conosciuto il dr. Richard Smith, un otorinolaringoiatra pediatrico esperto di genetica che, ritrovatosi anche lui con una figlia a cui era stata diagnosticata la C3G, ha iniziato a studiare la patologia. Insieme al prof. Giuseppe Remuzzi, direttore e nefrologo del Centro di Ricerche Cliniche per le Malattie Rare dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri (sede di Ranica, provincia di Bergamo), abbiamo promosso quello che per l’Italia è stato uno dei primi convegni sulla patologia, coinvolgendo e riuscendo a mettere in rete nefrologi provenienti da diverse parti del nostro Paese. Da quel momento i clinici hanno avviato una collaborazione internazionale che dura tutt’oggi, mentre io, insieme a mia moglie e ad alcuni amici, ho deciso di fondare l’Associazione”.
Sin dal primo giorno, obiettivo principale di Progetto DDD è stato quello di raccogliere fondi per la ricerca. “La prima cosa che abbiamo realizzato come Onlus – spiega ancora Spoleti – è stata finanziare una borsa di studio di un anno per un genetista della Clinica pediatrica De Marchi del Policlinico di Milano, per farlo lavorare gomito a gomito con il dr. Smith”. Da allora l’Associazione ha continuato a finanziare esperienze internazionali per i ricercatori lombardi e oggi, dal 2019, copre interamente i costi di quattro ricercatori interni all’Istituto Mario Negri, garantendo una continuità fondamentale nello studio della C3G.
Sono 41 i pazienti, provenienti da tutta Italia, che Progetto DDD Onlus aggrega e sostiene quotidianamente. “Non sono sicuramente tutti – spiega il presidente – so per certo che l’Istituto Mario Negri ha una banca dati ben più ampia. Però posso dire che, negli anni, queste 41 persone le ho conosciute tutte e con loro sono costantemente in contatto”. Man mano che intercetta e raccoglie aggiornamenti sulla patologia, anche attraverso la partecipazione a convegni internazionali, l’Associazione si adopera per condividerli con tutti gli associati, circa due o tre volte l’anno. “Oltre a questo – racconta Spoleti – ogni paio d’anni cerchiamo di ritrovarci tutti in presenza per aggiornarci e confrontarci. Questi incontri si svolgono proprio nella sede di Ranica dell’Istituto Mario Negri e sono organizzati grazie al prezioso aiuto del già citato professor Remuzzi: l’ultimo si è svolto nel 2022, quindi ora l’obiettivo e di organizzarne un altro per il 2024 o 2025”.
Questi eventi, così come l’attività di rete svolta quotidianamente, sono anche l’occasione per raccogliere dalla viva voce dei pazienti con C3G le criticità maggiori che rilevano nel loro quotidiano, sia a livello burocratico che di integrazione. “Prima di tutto – spiega Spoleti – molte di queste persone abitano in centri minori, con la conseguenza che spesso il percorso per arrivare alla diagnosi è stato lungo e complesso. Infatti, nonostante la rete di clinici sul territorio italiano sia molto proattiva, quello che constatiamo è poca conoscenza della patologia. Di conseguenza, anche una volta raggiunta la diagnosi, per i pazienti subentra la difficoltà di trovare un riferimento clinico stabile, cosa che in moltissimi casi li porta a doversi allontanare dalla regione di residenza. È a questo punto – aggiunge Spoleti – che subentrano ulteriori problemi legati alle trasferte, sia in termini economici che, in caso di pazienti minorenni, di incidenza sull’attività lavorativa dei genitori”.
Per i pazienti con C3G un’altra importante criticità è rappresentata dall’attuale mancanza di terapie indicate per la patologia. “Un trattamento definitivo per questa malattia ancora non c’è”, conferma Spoleti. “Tuttavia esistono alcune molecole, progettate per agire sul sistema del complemento, che sembrano molto promettenti e che negli studi clinici hanno dimostrato di avere una certa capacità di inibire il decorso della C3G, in particolare rimandando o eliminando la necessità di dialisi. Purtroppo, però, i benefici di queste molecole sono finora emersi soltanto in una limitata popolazione dei pazienti con C3G; perciò, se in fase di sperimentazione un farmaco non dimostra la sua efficacia su larga scala i pazienti che ne hanno tratto un beneficio non possono più disporne”. Per queste persone l’unica possibilità che rimane è quella di accedere al medicinale stesso tramite uso compassionevole, ai sensi del Decreto Ministeriale 7 settembre 2017.
La somministrazione delle terapie, così come la necessità di monitoraggio clinico, vincolano il paziente con C3G a trascorrere lungo tempo in strutture ospedaliere, un aspetto che introduce inevitabilmente un altro bisogno spesso insoddisfatto per queste persone, ovvero il riconoscimento di istituti come l’invalidità civile e la legge 104, con i conseguenti benefici soprattutto in termini di permessi lavorativi. È importante precisare, infatti, che la glomerulopatia da depositi di C3, come molte altre patologie rare, non è attualmente inserita nella tabella predisposta dal Ministero della Salute contente il riferimento, per le commissioni mediche INPS, di una percentuale (o una forbice di percentuali) per il riconoscimento dell’invalidità civile. Fortunatamente, però, in qualche caso la patologia è ricondotta al gruppo delle glomerulonefriti da immunocomplessi con insufficienza renale lieve, con forbice percentuale 61-70%. Per tutto ciò che riguarda la copertura sul piano sanitario, invece, alla C3G è stato di recente riconosciuto il codice di esenzione RJG020.
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