Associazione per Sindrome di Alagille

La storia di Laura e di sua figlia Giada, dalla lotta contro la patologia alla partecipazione a un trial clinico. Ora la decisione di fare rete con tutte le altre famiglie

Vicenza – La sindrome di Alagille e la colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC) sono due malattie accomunate da un importante coinvolgimento epatico, entrambe rare e poco conosciute. Ma negli ultimi anni, anche in Italia, molte cose stanno cambiando, con l'avvento di nuovi farmaci e nuove organizzazioni di pazienti. Per la PFIC, infatti, nel dicembre 2020 è nata l'associazione PFIC Italia Network, dall'iniziativa della presidente Francesca Lombardozzi, che abbiamo intervistato di recente per avere un aggiornamento su questi tre anni di attività.

L'IMPEGNO DI LAURA: FONDARE UN’ASSOCIAZIONE DEDICATA ALLA ALAGILLE

Il 2024 potrebbe essere l'anno della svolta anche per la sindrome di Alagille, grazie all'impegno di Laura, una giovane mamma di Vicenza mossa dalla speranza di dare un futuro migliore a sua figlia Giada, di due anni e mezzo, e a tutti gli altri bambini affetti da questa malattia epatica di origine genetica. “L’idea di creare un’associazione – spiega – è nata sia da una spinta 'interna', e cioè dall’esigenza di riunirci e confrontarci con gli altri genitori, sia da una spinta 'esterna', appunto quella di Francesca Lombardozzi, che ha una bimba poco più grande della mia. Parlando delle nostre figlie, mi ha detto: 'Ma voi dell’Alagille non avete un’associazione italiana che vi rappresenti?'. Certo, negli anni scorsi ho raccolto e donato soldi all’associazione statunitense, l’Alagille Syndrome Alliance, ma sono sempre state iniziative personali, che adesso, invece, potrebbero diventare più strutturate”.

Al momento il progetto è ancora in una fase iniziale: ci sono dei genitori che hanno dato la loro disponibilità a far partire l’associazione, hanno fatto qualche incontro online e stanno cercando di definire la parte burocratica. “Sicuramente il primo scopo dell’associazione sarà riunire i genitori e offrire un porto nel mare in tempesta della diagnosi, anche alle persone sul territorio italiano che non parlano inglese e quindi faticano ad avere informazioni tramite l’associazione statunitense”, prosegue Laura. “Poi c’è l’idea di poter essere rappresentati e di poter in qualche modo far sentire la nostra voce e rapportarci con le case farmaceutiche: insomma, pesare in qualche modo se dovesse essere necessario. Ovviamente ci sono altre mille idee: poter in futuro offrire sostegno ai genitori e ai bambini, preparare dei documenti che spieghino cos'è questa patologia, da far avere alle scuole che frequenteranno i nostri figli, fare rete con le varie realtà ospedaliere. Sono obiettivi a lungo termine, ma che per potersi realizzare necessitano di una partenza. Quindi non ci resta che partire: contiamo che il 2024 sarà l’anno in cui l’associazione possa nascere ufficialmente”. A noi, invece, non resta che conoscere la storia di Giada, dal toccante racconto in prima persona di sua mamma.

LA VICENDA DELLA PICCOLA GIADA: DALL'ITTERO ALLA DIAGNOSI

La nostra vicenda personale inizia esattamente quattro giorni dopo la nascita di Giada, con la comparsa dell’ittero, per cui non ci fanno tornare a casa dall’ospedale, ma ritengono opportuno fare un giorno di fototerapia. Io non mi preoccupo assolutamente di questa cosa: sia io che il mio compagno abbiamo avuto il classico ittero neonatale, perciò attendiamo fiduciosi che la fototerapia faccia il suo effetto. Terminate le 24 ore sotto la luce blu, però, i medici non sono ancora soddisfatti: anzi, un esame del sangue rivela elevati valori di bilirubina diretta, un segnale di problematiche più gravi. Da lì inizia la discesa agli inferi. Inizialmente viene prospettata un'atresia delle vie biliari, ma gli esami ecografici non sembrano sostenere questa ipotesi. Sento che qualcuno inizia a pronunciare la parola 'Alagille', ma serviranno altri 15 giorni di ricovero in un centro specialistico e una biopsia al fegato, insieme ai test genetici, per decretare che la malattia rara che ha colpito nostra figlia è la sindrome di Alagille”.

I PRIMI MESI DI VITA

“Giada ha appena un mese di vita e torniamo a casa con questo verdetto. La Alagille è una malattia caratterizzata da paucità dei dotti biliari, ma può avere anche implicazioni al cuore, ai reni, alle vertebre, agli occhi. Appena tornata a casa cerco nei vari social e su Facebook, trovo sia il gruppo statunitense che quello italiano e lì consumo tutti i miei giorni e le mie notti, a leggere le storie degli altri. Capisco che non valga per tutti, ma io sono fatta in questo modo: avevo bisogno di vedere tutto quello che c’è nel calderone di questa sindrome così rara e con manifestazioni cliniche così diverse. Ad esempio, quando abbiamo chiesto informazioni sull'aspetto cognitivo, il medico ci ha risposto: 'bisognerà vedere, perché non si sa'. Questa è un’informazione parzialmente vera, perché in realtà, in passato, i deficit cognitivi erano associati alla carenza di assorbimento di vitamine liposolubili, che ai giorni nostri può essere facilmente rilevata e corretta. Nel frattempo la bimba cresce, anche se rimane sempre sotto i percentili, e quindi impariamo che se il fegato non lavora bene c’è anche una difficoltà nell’assorbire i nutrienti, e quindi nella crescita. Soprattutto, impariamo presto uno dei sintomi più invalidanti: il prurito cronico, dato dall’accumulo di sali biliari nell’organismo”.

UN PRURITO INSOSTENIBILE

“Nel centro dove siamo seguiti mi dicono che i recettori del prurito non compaiono prima dei 6 mesi, ma noi abbiamo dei video dove la bimba ha 2 mesi e tenta già di grattarsi. Le teniamo sempre le mani protette dai guantini finché 'dorme', per evitare che si faccia male grattandosi. Con il passare dei mesi la situazione diventa insostenibile: il prurito è folle e non le permette di fare altro, né di giorno né di notte. Si gratta fino a farsi sanguinare il viso, le orecchie, le gambe, le braccia. Qualunque sia il punto che riesce a raggiungere, lei si gratterà fino a farsi male, a meno che qualcuno non glielo impedisca. Per il trattamento del prurito, in quel momento (stiamo parlando di inizio 2022) non esisteva alcuna terapia approvata in Italia, ma solo vecchi farmaci destinati ad altri usi, che avevano anche un effetto su questo sintomo, e Giada inizialmente assume quelli. Dalle mie ricerche, però, vedo che negli Stati Uniti c’erano molti bambini che avevano avuto accesso a un farmaco sperimentale che sembrava pronto ad arrivare anche in Italia: chiedo informazioni ai medici, ma non ci sanno dire molto”.

UN TRIAL CLINICO SU UN FARMACO SPERIMENTALE

Nel frattempo, ci propongono di partecipare a uno studio con un farmaco sperimentale, già approvato per i bimbi affetti da colestasi intraepatica familiare progressiva (PFIC) ma tuttora non autorizzato per la sindrome di Alagille. Decidiamo di provare. Ovviamente, essendo uno studio in doppio cieco, nei primi 6 mesi ignoriamo se nostra figlia stia ricevendo il farmaco o un placebo (placebo, neanche a dirlo!), dopodiché, come tutti i partecipanti, ha avuto accesso al farmaco. Vorrei poter raccontare il lieto fine, con noi che da quando Giada ha iniziato a prendere il farmaco possiamo finalmente fare una vita quasi normale, ma purtroppo non è così. Pur avendo avuto ottimi risultati sui valori dei sali biliari nel sangue, che si sono ridotti di quasi dieci volte, il prurito è ancora un nostro grosso problema. Rispetto a prima di iniziare la terapia la differenza c’è, ma il prurito controlla ancora molto le nostre vite. Giada ora ha due anni e mezzo, è una bimba adorabile, molto chiacchierona, intelligente, attenta, sorridente, simpatica e anche monella, per fortuna. Frequenta il nido con gioia, ma solo per mezza giornata: non ci siamo sentiti di lasciarla a dormire il pomeriggio, dato che è un’attività molto difficoltosa”.

UN FUTURO DI INCERTEZZA, MA ANCHE DI SPERANZA

“Quando sei incinta e non sai nulla di quello che succederà, fai tanti progetti e pensi: 'a nove mesi la inserisco al nido, così rientro al lavoro'. Poi nasce, ti trovi in situazioni come questa e ti chiedi: 'potrà mai andare a scuola?'. Quindi per noi è una soddisfazione vederla frequentare il nido. Siamo sinceramente sfiniti a livello fisico perché non dormiamo da due anni e mezzo, e le notti passate con un bimbo con il prurito sono qualcosa di inspiegabile. Un misto di rabbia, impotenza, dolore che alla lunga ti logora. Come sarà il futuro? Molte persone mi dicono: 'nessuno può sapere cosa succederà'. Certo. Solo che per noi le cose partono già da un buon livello di difficoltà, e una delle domande che mi faccio è: 'Giada avrà bisogno di un trapianto di fegato?', che non è esattamente come chiedersi: 'preferirà fare danza o nuoto?'. Quindi, al momento, procediamo un giorno alla volta, per evitare che i pensieri ci portino troppo lontani da dove dobbiamo essere”.

La speranza, per Laura e per Giada, ora è tutta rivolta alla ricerca scientifica, che negli ultimi anni ha permesso di ottenere risultati importanti anche per la sindrome di Alagille. Dal dicembre del 2023, infatti, è disponibile e rimborsabile anche in Italia il primo farmaco approvato per questa indicazione, il maralixibat. Questa nuova terapia ha dimostrato non solo di essere efficace contro il sintomo più invalidante della malattia, il prurito, ma anche di contrastare il rallentamento della crescita, di avere un impatto sulla qualità della vita e, nel lungo termine, potenzialmente di ritardare il trapianto di fegato.

 

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