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Dott. Roberto Aschettino

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Il Dott. Roberto Aschettino (Venezia): “Le nostre procedure di controllo sono ancora di alta qualità; necessaria collaborazione tra medico dello sport e cardiologo”

Gli interisti di certo non hanno scordato il nome di Christian Eriksen, trentenne calciatore danese che nel 2021, col suo talento, offrì un significativo contribuito alla conquista dello Scudetto da parte della squadra milanese. Ma il suo nome è rimasto scolpito nella mente di molte altre persone dopo l’episodio che lo ha visto protagonista agli Europei 2020 - posticipati allo scorso anno a causa della pandemia di COVID-19 - quando fu vittima di un arresto cardio-circolatorio. Verso la fine del primo tempo della partita che si stava giocando allo Stadio Parken di Copenaghen, il centrocampista della nazionale danese accusò un malore, perse conoscenza e si accasciò a terra. Grazie al pronto intervento del personale sanitario e alla tempestività del suo capitano, Simon Kjær, fu soccorso e tratto in salvo. Trasferito in ospedale, fu ricoverato per arresto cardiaco e gli fu applicato un defibrillatore sottocutaneo per il controllo del battito.

Molti si interrogano su come sia possibile che a uno sportivo del livello di Eriksen, sottoposto a ripetute viliste mediche, non sia stata individuata prima l’anomalia che ha determinato quell’episodio; infatti, se la storia del calciatore danese ha un lieto fine è impossibile non ripensare al tragico epilogo toccato in sorte a giocatori come Piermario Morosini e Davide Astori. Il caso Eriksen apre dunque diversi fronti di riflessione e dà modo di interrogarsi sugli attuali protocolli di valutazione cardiologica di uno sportivo che pratichi attività agonistica. Ad esempio, in seguito al suo malore Christian Eriksen è stato escluso dalle liste dei giocatori idonei a partecipare al campionato della massima serie italiana e ha risolto il suo contratto con l’Inter, tornando poi, però, a giocare in Premier League, dove uno sportivo che abbia subito un intervento come il suo non è obbligatoriamente escluso dall’attività agonistica. A questo punto una domanda che sorge spontanea è se sia corretta la scelta degli organi sportivi italiani o se si debba dare maggior peso alla responsabilità individuale.

Ci aiuta a fare chiarezza su questo punto il dott. Roberto Aschettino, Specialista in Medicina dello Sport e Cardiologia presso Polismedica di Portogruaro. “Sebbene in Italia, a livello agonistico, le attuali linee guida ancora non lo consentano, un giocatore professionista che abbia fatto una valutazione accurata conseguente all’impianto del defibrillatore sottocutaneo potrebbe tornare ad avvicinarsi allo sport, ma solo passando attraverso una serie di accertamenti periodici, trimestrali o semestrali”, afferma Aschettino. “È questa la filosofia verso cui probabilmente si orienteranno le nuove linee guida COCIS, di prossima emanazione”.

Tuttavia, occorre distinguere bene tra professionismo e non professionismo. Infatti, gli esami richiesti a chi svolga attività sportiva non agonistica comprendono l’esecuzione di un elettrocardiogramma e/o di altri accertamenti diagnostici richiesti dal certificatore (ad esempio alcune analisi del sangue o una visita oculistica o altri esami strumentali specialistici). “Una visita dal medico dello sport può avere un forte valore preventivo se condotta con scrupolo e accuratezza”, prosegue Aschettino. “C’è da prestare grande attenzione a parametri come la pressione arteriosa, le eventuali dislipidemie o una storia familiare con pregresse cardiopatie o malattie sistemiche rilevanti. L’iter di esami a cui deve esser sottoposto chi svolga attività sportiva agonistica è normato in base al tipo di sport, che può prevedere un alto o basso impegno cardiovascolare: sono necessari accertamenti diversi a seconda dell’uno o dell’altro caso. Le procedure possono essere sempre migliorabili ma la normativa italiana non deve evolversi in relazione alle pressioni dell’opinione pubblica bensì in base ai progressi nelle possibilità diagnostiche e alle più recenti scoperte scientifiche”.

Il tema è stato toccato anche da un articolo, apparso sulla rivista Il Pensiero Scientifico, a firma del dott. Pierluigi Festa, della Fondazione G. Monasterio di Pisa, un centro di riferimento in ambito cardiologico la cui costituzione si deve al Consiglio Nazionale delle Ricerche e alla Regione Toscana. Nel suo articolo, Festa riconosce come la morte improvvisa in seguito ad arresto cardiaco durante l’attività fisica “sia un problema di salute pubblica lontano dall’esser risolto”. Pertanto, la comunità scientifica ha il dovere di aprire un “serio dibattito a livello europeo sulla prevenzione della morte improvvisa e sull’eleggibilità all’attività sportiva, coinvolgendo le istituzioni e le associazioni di pazienti”.

“Per prima cosa, bisognerebbe creare un solido rapporto di collaborazione tra il medico dello sport e il cardiologo”, aggiunge Aschettino. “Bisogna promuovere un costante aggiornamento dei medici sportivi nella lettura e nell’interpretazione del referto ECG e favorire un confronto con il cardiologo, che può dare il suo supporto ed eventualmente suggerire i giusti esami di approfondimento (ECG dinamico, ECOcolordoppler cardiaco, test da sforzo al cicloergometro). Inoltre, non dobbiamo dimenticare di incentivare la formazione all’uso del defibrillatore. Infine, sarebbe utile affiancare a un medico esperto un giovane in via di formazione, per mettere a frutto l’esperienza e creare consapevolezza e una solida base culturale su questi temi così importanti”.

L’articolo del dott. Festa ha il pregio di gettare un sasso in uno stagno dove l’acqua è ferma, invitando a riflettere sulla possibilità di modificare la legge italiana che impone la certificazione dell’idoneità all’attività sportiva agonistica, certificazione che oggi viene rilasciata dai medici sportivi dopo uno screening annuale. Tuttavia, non bisogna dimenticare che in questo campo il nostro Paese è un punto di riferimento per tutti gli altri, come testimonia anche il caso di Nwankwo Kanu, attaccante nigeriano messosi in mostra alle Olimpiadi del 1996 e divenuto presto un obiettivo del club nerazzurro, al tempo guidato da Massimo Moratti. Una volta giunto in Italia e sostenute le visite mediche, a Kanu fu diagnosticata un’insufficienza valvolare aortica che necessitava di un immediato intervento chirurgico, a cui il calciatore si sottopose poco più tardi.

Le nostre procedure di controllo sono ancora di alta qualità”, conclude Aschettino. “La certificazione all’attività sportiva agonistica (e non agonistica), se erogata dopo attenta e scrupolosa visita medica, può consentire di praticare sport in sicurezza, ma non bisogna mai smettere di sottoporsi ai controlli e soprattutto bisogna imparare a 'fare rete', creando una cultura intorno a queste procedure così utili non solo sotto il profilo sportivo, ma anche nell’ottica di una valutazione di salute generale”.

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