Screening genomico neonatale

Si stima che le malattie genetiche siano alla base del 10% dei casi di morte infantile improvvisa e del 25-30% dei decessi di bambini ricoverati in terapia intensiva

Negli ultimi anni, i progressi tecnologici e la diminuzione dei costi delle tecniche di sequenziamento del DNA hanno aperto la strada a una maggiore ricorso alla genomica nello screening neonatale. Tuttavia, al giorno d’oggi la diagnostica attraverso le cosiddette scienze “omiche” si concentra sull’esecuzione di test genetici dopo che un bambino ha sviluppato i sintomi della malattia, momento in cui diverse terapie potrebbero non essere più efficaci.

Secondo lo studio “Implications of Genomic Newborn Screening for Infant Mortality”, pubblicato all’inizio di quest’anno sull’International Journal of Neonatal Screening, le malattie genetiche sono alla base di una parte sostanziale dei decessi infantili, in particolare nei bambini con anomalie congenite e in quelli ricoverati in un'unità di terapia intensiva. Inoltre, varie patologie genetiche sono state identificate anche in un'ampia percentuale di neonati apparentemente sani che muoiono inaspettatamente, sebbene molte di queste condizioni probabilmente rimangano da scoprire a causa della mancanza di test appositi. In particolare, secondo i dati più recenti, risultano essere correlati a malattie genetiche circa il 10% dei casi di morte infantile improvvisa e il 25-30% dei decessi di bambini ricoverati in unità di terapia intensiva.

Lo spettro delle diagnosi genetiche individuate è vario: tra i decessi improvvisi, che non di rado si verificano in bimbi apparentemente sani, sono spesso rilevati post mortem geni associati all'epilessia o all'aritmia cardiaca. Per i decessi sopraggiunti a seguito di ricovero in terapia intensiva, invece, le diagnosi più diffuse includono sindromi malformative multiple attribuite a diverse alterazioni cromosomiche (come ad esempio le trisomie 13 o 18 o la sindrome da delezione 22q11) e condizioni genetiche associate ad anomalie congenite, gravi disturbi neurologici o malattie metaboliche.

La diagnosi precoce di condizioni genetiche trattabili può facilitare l'accesso alle terapie appropriate. Al contrario, l'identificazione di una malattia genetica con una prognosi sfavorevole può aiutare le famiglie nella decisione di sospendere le tecnologie di supporto vitale e nel passaggio a cure incentrate sul comfort (ossia basate sulla gestione dei sintomi, sul sollievo dal dolore e sulla qualità di vita). Inoltre, l'individuazione in un neonato di una grave patologia ereditaria che ha un’alta probabilità di essere trasmessa alla prole può permettere ai genitori di prendere in considerazione opzioni aggiuntive nella pianificazione di future gravidanze, evitando così la possibilità di ulteriori morti infantili.

I progressi tecnologici e la diminuzione dei costi del sequenziamento del DNA hanno aperto la strada a una maggiore inclusione della genomica nello screening neonatale. Infatti, come spiegano le autrici dell’articolo, le dottoresse Monica H. Wojcik e Nina B. Gold, molte malattie genetiche sarebbero identificabili tramite sequenziamento genomico eseguito a partire dal campione di sangue essiccato (DBS, dried blood spot) ottenuto nell’ambito dello screening neonatale tradizionale, a condizione che sia garantita un'adeguata consulenza genetica pre-test e che sia ottenuto il consenso da parte dei genitori. Il sequenziamento genomico potrebbe quindi integrare le attuali analisi di laboratorio per lo screening neonatale o essere utilizzato come strumento di screening di primo livello per identificare i disturbi non rilevati dagli approcci attuali. 

In Italia e all’estero, diverse condizioni genetiche, in particolare malattie metaboliche e atrofia muscolare spinale (SMA), sono già incluse nei pannelli di screening neonatale. Tuttavia, molte altre patologie potenzialmente fatali, finora escluse dal panel di screening perché non curabili, possono oggi essere suscettibili di trattamenti mirati, in particolare mediante oligonucleotidi antisenso o terapie geniche. Ed è proprio su queste condizioni che potrebbe andare ad agire lo screening genomico neonatale, che avrebbe la capacità di identificare precocemente i bambini affetti e di permettere un tempestivo avvio del trattamento, prima che inizi la progressione irreversibile dei sintomi

Le questioni etiche relative all'attuazione screening genomico neonatale, in particolare il consenso informato, restano tuttavia da affrontare pienamente. In ogni caso, la piena comprensione di questo approccio e del suo potenziale come importante traguardo di salute pubblica potrebbe rappresentare un’importante argomentazione a supporto del suo impiego. Per l’eventuale successo dello screening genomico neonatale, precisano le autrici, sono sicuramente fondamentali una sua equa implementazione e la disponibilità di risorse dedicate alla raccolta accurata dei relativi risultati in termini sanitari.

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