Dott. Ennio La Pia

Dott. Ennio La Pia (Udine): “Nel 90% dei casi il dermatologo deve ricercare il fattore che ha indotto la patologia”

Michael Jackson è una delle celebrità che maggiormente ha contribuito a condurla sotto i riflettori ma la modella Winnie Harlow è riuscita a fare di questa malattia autoimmune (della quale soffre dall’età di quattro anni) un’opportunità lavorativa, portandola in passerella e sfidando i pregiudizi sulla bellezza così radicati nell’universo della moda: stiamo parlando della vitiligine, una condizione autoimmune che è provocata dalla perdita di melanociti, cellule che determinano la pigmentazione della pelle, e che è caratterizzata dalla comparsa di macchie chiare, diffuse o localizzate, a livello della cute. Sono in molti a soffrire di questa malattia: le stime della Vitiligo Research Foundation parlano di circa 100 milioni di persone in tutto il mondo. La diagnosi, tuttavia, non è sempre così rapida e, soprattutto, non c’è ancora chiarezza sull’esatta origine della malattia.

SINTOMATOLOGIA E DIAGNOSI

“Nella stragrande maggioranza dei casi la vitiligine esordisce in età giovanile o adulta ma spesso capita di riscontrarla anche nei bambini”, spiega il dott. Ennio La Pia, dermatologo esperto presso Polismedica di San Vito al Tagliamento (PN). “È una malattia subdola, poiché spesso la discromia che la caratterizza fatica ad essere rilevata, specialmente sulle carnagioni più chiare. Per tale motivo si fa ricorso alla lampada di Wood, che emette una luce ultravioletta grazie a cui è possibile osservare le aree prive di pigmentazione, le quali compaiono in modo particolare a livello del volto, delle ascelle, delle anche, dei gomiti, delle ginocchia e delle mani. Ci si è resi conto che i segni della vitiligine sono preminenti in queste aree perciò si cercano di ridurre i microtraumi, suggerendo di indossare biancheria intima più comoda o togliere braccialetti e orologi con cinturini di metallo che possono contribuire ad accentuare le aree di ipopigmentazione a livello dei polsi”. Tali raccomandazioni, però, non risolvono il problema di questa patologia sulla cui origine si sta ancora dibattendo; infatti, la vitiligine è stata osservata con una maggiore frequenza negli individui affetti da altre malattie autoimmuni e ciò ha contribuito a dare enfasi alla teoria secondo cui tale patologia derivi da un’anomala attivazione del sistema immunitario.

L’IPOTESI DELL’ORIGINE AUTOIMMUNE

“Il nesso tra la vitiligine e patologie come la tiroidite di Hashimoto, l’ipotiroidismo, certe forme di diabete giovanile o la malattia di Addison ha indotto i dermatologi a interrogarsi sulle origini di questa condizione, che a volte insorge su base familiare”, prosegue La Pia. “Molti geni potrebbero essere coinvolti nella patogenesi della vitiligine ma ciò che oggi sappiamo è che si genera un meccanismo autoimmunitario con la produzione di anticorpi contro le tirosinasi, enzimi fondamentali per la sintesi della melanina che vengono quindi presi di mira e distrutti. In questo processo giocano un ruolo importante anche i linfociti T citotossici, diretti proprio verso gli antigeni melanocitari”. L’ipotesi più interessante e accreditata inserisce la vitiligine in un gruppo di patologie immuno-mediate, e ciò ha spinto medici e ricercatori ha indagare le condizioni ad essa associate. “Si è cominciato a vedere che molte delle persone che soffrono di vitiligine presentano anche forme di ipertiroidismo o ipotiroidismo o di linite plastica con interessamento gastrico”, aggiunge ancora il dermatologo friulano. “Tuttavia, dal momento che sono le manifestazioni cutanee a indurre il dermatologo a cercare le concause del problema, è spesso difficile stabilire se i meccanismi di origine infiammatoria che scatenano la reazione autoimmune precedano o facciano seguito all’insorgenza della vitiligine”.

A complicare maggiormente la situazione c’è il fatto che, in molti casi, la vitiligine può essere legata alla presenza di fonti di stress psichico o di melanoma, un tumore della pelle. “A volte, la malattia può essere associata a cosiddetti nevi bersaglio, che tipicamente compaiono con un’area biancastra che circonda quella tipicamente pigmentata”, precisa La Pia. “Questo è un segnale da indagare con attenzione perché potrebbe trattarsi di un attacco del sistema immunitario al melanoma: in seguito ad esso il melanoma scompare alla vista ma non sparisce davvero e finisce per produrre metastasi. In questi casi la rapidità di intervento è fondamentale”.

GLI APPROFONDIMENTI DIAGNOSTICI

Da che parte si può iniziare a capire se la vitiligine è associata ad altre forme di malattia? Oltre all’emocromo, alla VES, al dosaggio della Proteina C Reattiva (PCR), del Titolo Anti-Steptolisinico (TAS) e delle proteine del complemento (C3 e C4), per approfondire le eventuali patologie autoimmuni presenti insieme alla vitiligine è possibile indagare la presenza dei diversi tipi di auto-anticorpi, generalmente associati a patologie come la tiroidite autoimmune o il lupus eritematoso sistemico (LES). In particolare, si possono ricercare gli anticorpi anti-ANA (anti-Nucleo), anti-ENA (Antigeni Nucleari Estraibili), anti-mitocondrio (AMA), anti-muscolo liscio (ASMA), anti-citoplasma dei neutrofili (ANCA) o anti-mucosa gastrica (APCA). Inoltre, è raccomandato approfondire il quadro tiroideo con il dosaggio degli anticorpi anti-tireoglobulina e anti-tireoperossidasi. “L’importante è non fermarsi al sintomo cutaneo”, afferma La Pia. “Occorre, invece, allargare il campo di indagine suggerendo un approfondimento che, in alcuni casi, può arrivare anche alla visita ginecologica od otorino-laringoiatrica, poiché sono state osservate anche delle candidosi del cavo orale in grado di indurre determinate forme di vitiligine”.

LA TERAPIA

“Il trattamento delle aree di maggior dimensione della vitiligine prevede il ricorso alla fototerapia (lampade UVA) abbinata alla somministrazione per via orale di farmaci attivatori della pigmentazione”, conclude La Pia. “Negli ultimi anni è emerso il valore della terapia con agenti antiossidanti, fra cui le vitamine A, C ed E, sempre da assumere per via orale, che possono concorrere ad un nuovo sviluppo della pigmentazione cutanea. Infine, una terapia di successo è quella legata all’impiego di pimecrolimus topico, un farmaco già adottato per il trattamento della dermatite atopica: un’applicazione continuativa e prolungata nel tempo di questo medicinale può produrre un buon risultato anche contro la vitiligine, riducendo il processo infiammatorio a livello cutaneo”.

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