Donna

La mancanza di un approccio ‘al femminile’ a queste patologie ostacola l’inclusione sociale delle pazienti e le priva di una terapia adeguata

Milano – La medicina di genere rappresenta un approccio importante per ogni patologia, ma nei confronti delle malattie reumatologiche e dermatologiche che, come sappiamo, specialmente nelle forme autoimmuni, si declinano più frequentemente al femminile, è particolarmente urgente che sia rivolta un’attenzione adeguata alle necessità delle pazienti. Sperimentazioni mirate, terapie dedicate e percorsi specifici possono rappresentare strategie capaci di migliorare la qualità di vita delle donne che convivono con patologie croniche, in alcuni casi fortemente invalidanti e che devono, quindi, poter beneficiare di un approccio integrato e personalizzato.

Quindi, a partire dalla presa in carico di un paziente, orientarsi sul fatto se sia uomo o donna consente di differenziare l’approccio, la prognosi e anche il trattamento. Numerose malattie presentano frequenza, sintomi e gravità differenti a seconda del genere. Questo è vero anche per la risposta alle terapie e le reazioni avverse ai farmaci.

C’è un bisogno ‘al femminile’ per le pazienti affette da malattie croniche autoimmuni? Quanto una medicina pensata sulle esigenze femminili può migliorare la qualità della vita delle donne affette da malattie croniche autoimmuni reumatologiche e dermatologiche? Le terapie ad oggi disponibili per queste patologie hanno un’attenzione alle esigenze di genere? Quanto è rilevante l’attenzione di genere nella definizione delle politiche sanitarie per favorire l’equità di trattamento fra uomini e donne? Queste - in estrema sintesi - le domande a cui sono stati chiamati a rispondere autorevoli clinici, rappresentanti di associazioni e istituzioni nel corso del webinar dal titolo: “Donne a 360°. La sfida della Medicina di Genere per le malattie croniche autoimmuni reumatologiche e dermatologiche”, promosso da UCB Italia.

L’incontro ha visto la partecipazione dell’Onorevole Paola Boldrini, Vicepresidente della Commissione Sanità del Senato e Presidente dell’Intergruppo parlamentare Cronicità, l’Onorevole Beatrice Lorenzin, Membro della Commissione Bilancio della Camera dei Deputati, Sandra Zampa, Responsabile delle Relazioni internazionali e istituzionali del Ministero della Salute, Elena Ortona, Membro dell’Osservatorio sulla Medicina di Genere, Roberto Caporali, Professore Ordinario di Reumatologia dell’Università degli Studi di Milano, Antonella Celano, Presidente APMARR (Associazione Nazionale Persone con Malattie Reumatologiche e Rare), Valeria Corazza, Presidente APIAFCO (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza), Clara De Simone, Professore Associato di Dermatologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma, Gabriella Fabbrocini, Professore Ordinario di Dermatologia e Venereologia dell’Università Federico II di Napoli, Sabrina Nardi, Membro del Consiglio Direttivo di SalutEquità, Silvia Tonolo, Presidente ANMAR (Associazione Nazionale Malati Reumatici).

Un approccio di genere è fondamentale nel campo delle malattie autoimmuni reumatologiche e dermatologiche. Le donne risultano più esposte a queste patologie perché presentano una particolare predisposizione genetica e ormonale, che favorisce lo sviluppo di risposte autoimmuni più aggressive.

Le malattie reumatologiche interessano oltre 3,5 milioni di italiane. Solo l’artrite reumatoide colpisce tre volte più le donne rispetto agli uomini. Diventa, quindi, necessario avviare nuovi percorsi di ricerca che abbiano, per esempio, lo scopo di valutare se e come la risposta di un farmaco possa essere influenzata dal genere del paziente.

Un altro dato importante da considerare nelle patologie reumatologiche e dermatologiche autoimmuni è l’aspetto della loro cronicità, che impone un rapporto con le persone affette da queste malattie duraturo nel tempo, che tenga conto della qualità della vita. In particolare, va prestata grande attenzione al tema della genitorialità, che, per la donna, ha implicazioni importanti relativamente alla contraccezione, alle terapie durante la gravidanza e l’allattamento. Va quindi valutata attentamente la scelta dei trattamenti e, quando possibile, vanno privilegiati quelli che consentono ad una paziente di poter progettare una normale vita familiare.

Alla luce di ciò, la ricerca farmacologica si sta muovendo in questa direzione, aprendo la strada allo studio dei farmaci sulle donne in età fertile. In questo modo due anni fa è stato autorizzato l’utilizzo di un farmaco biologico anti-TNF (certolizumab pegol) per le donne colpite da malattie infiammatorie croniche, prima e durante la gravidanza e l’allattamento con latte materno, essendo stato dimostrato da due trial ad hoc che il passaggio attraverso la placenta del farmaco, così come la presenza dello stesso nel latte materno è assente o minimo.

“Siamo da tempo impegnati nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni compatibili con un approccio di genere – ha dichiarato Federico Chinni, Amministratore Delegato di UCB Italia – in modo da offrire agli specialisti e alle persone affette da patologie croniche terapie in grado di fare la differenza. L’inclusione della medicina di genere nella pratica quotidiana prevede una ridefinizione dei percorsi e dei processi di cura, innovazioni che promuoviamo con convinzione, a partire dall’ascolto delle istanze di chi convive quotidianamente con l’esperienza di malattia”.

Anche le istituzioni oggi riconoscono l’esigenza di adottare un approccio di genere e di includerlo in tutte le specialità mediche, dalla prevenzione, alla ricerca farmacologica, dalla diagnostica alle terapie, garantendo così a donne e uomini il diritto a ricevere le cure più appropriate.

A tale proposito, due anni fa è stato predisposto dal Ministero della Salute un Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di Genere, al quale è seguita l’istituzione di un Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere con il compito di monitorare l’attuazione delle azioni di promozione, applicazione e sostegno alla stessa. Recentemente, poi, anche il PNRR ha fatto un esplicito riferimento alla medicina di genere relativamente ai servizi dedicati alla tutela della donna, dei bambini e dei nuclei familiari.

In questo contesto si inseriscono, in modo congruente, due iniziative volte alla sensibilizzazione dell’opinione pubblica per una gestione delle malattie “in un’ottica di differenza di genere”, come indicato nel Piano di applicazione sopracitato: “Genere Donna” e “Advantage Hers”.

“Genere Donna” è un progetto di informazione rivolto a tutte le donne con malattie autoimmuni reumatologiche e dermatologiche, che vede l’azione sinergica di tre importanti Associazioni Pazienti impegnate attivamente sul territorio nazionale: ANMAR Onlus, APIAFCO e APMARR, con l’obiettivo di aumentare nelle donne la conoscenza delle patologie autoimmuni reumatologiche e dermatologiche e la loro consapevolezza di quanto sia importante prendersi cura della propria salute, per valorizzare al massimo la qualità della propria vita.

Advantage Hers è una campagna globale di sensibilizzazione e responsabilizzazione, sviluppata grazie alla collaborazione tra UCB, azienda biofarmaceutica globale, e la campionessa di tennis di fama mondiale Caroline Wozniacki. L’obiettivo della campagna è quello di motivare le donne con malattie infiammatorie croniche, come l'artrite reumatoide, la spondiloartrite assiale, l'artrite psoriasica e la psoriasi a vivere la propria vita al meglio, cercando di seguire l’esempio di Caroline, come modello di positività e resilienza, incoraggiandole a condividere le loro storie e indicando gli strumenti più appropriati per migliorare il dialogo con il proprio specialista.

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