Grazie a un impianto ricaricabile, i pazienti potranno ricevere il farmaco ranibizumab direttamente nell’occhio
Tra le patologie che affliggono l’occhio in età senile la degenerazione maculare legata all’età è una delle più comuni e colpisce soprattutto gli individui tra i 50 e i 60 anni, compromettendo l’area centrale della retina deputata alla visione (quella nota come macula). Non è ancora chiaro quali siano le cause scatenanti della malattia, anche se la forma definita “umida” trova ragione della sua esistenza in un’anomala crescita dei vasi sanguigni a livello della macula. Questi vasi sono difettosi e perdono fluidi, portando alla formazione di tessuto cicatriziale e compromettendo le funzioni della retina, con conseguente perdita della vista. In alcuni casi è suggerito il trattamento con il laser, mentre appare particolarmente fervente la ricerca in ambito farmacologico con le iniezioni di farmaci inibitori del VEGF (fattore di crescita endoteliale vascolare).
In questa direzione si sono mosse diverse aziende farmaceutiche, ed è proprio dei giorni scorsi l’annuncio di Genentech, una compagnia del Gruppo Roche, nel quale si spiega che la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha approvato la somministrazione del farmaco ranibizumab tramite impianto oculare per il trattamento di persone con degenerazione maculare senile umida che abbiano precedentemente risposto ad almeno due iniezioni di anticorpo anti-VEGF. La novità di questo approccio è sostanzialmente metodologica, perché finora i pazienti colpiti da questa forma di malattia potevano essere trattati con ranibizumab solo attraverso iniezioni intravitreali mensili, con un notevole impatto sulla qualità di vita: questo nuovo sistema, noto come Susvimo®, permette di effettuare due trattamenti all’anno.
“Susvimo rappresenta un importante progresso nel trattamento della malattia retinica ed è una nuova importante opzione per i pazienti con la forma umida di degenerazione maculare legata all’età”, spiega il dottor Carl Regillo, del Wills Eye Hospital di Philadelphia, ricercatore dello studio clinico Archway, sui cui risultati gli esperti della FDA si sono basati per l’approvazione. “Con Susvimo, i pazienti hanno ora un’opzione in grado di aiutarli a mantenere la vista, come le iniezioni di anticorpo anti-VEGF, ma con un programma di trattamento semestrale più gestibile”. L’impianto di Susvimo si realizza con una procedura chirurgica da svolgersi in sede ambulatoriale e fornisce ai pazienti un’autonomia di circa sei mesi nell’erogazione del farmaco, lasciando la possibilità di un trattamento supplementare con ranibizumab mentre l’impianto è in sede. Ranibizumab è un anticorpo monoclonale ricombinante umanizzato diretto contro il fattore di crescita endoteliale vascolare di tipo A (VEGF-A). Il farmaco agisce ostacolando il processo di formazione di nuovi vasi che contribuisce alla progressione della patologia.
Nel corso dello studio clinico Archway, di Fase III, sono stare valutate l’efficacia e la sicurezza di Susvimo per la somministrazione di ranibizumab alla dose di 100 mg/mL tramite un impianto oculare a ricarica semestrale. Il confronto, effettuato con le iniezioni intravitreali mensili di ranibizumab alla dose di 0,5 mg, è stato eseguito su 415 individui con degenerazione maculare senile umida e ha messo in evidenza un livello di efficacia per Susvimo pari a quello delle iniezioni mensili (più del 98% dei pazienti non ha avuto bisogno di trattamenti supplementari). La sicurezza è stata considerata buona e l’impianto è stato ben tollerato, anche se associato a un tasso di endoftalmite tre volte superiore rispetto alle iniezioni mensili. Tuttavia, è stato osservato come un’adeguata gestione della congiuntiva, con la diagnosi precoce e la riparazione chirurgica di eventuali fenomeni di retrazione o erosione, possa ridurre il rischio di endoftalmite.
Susvimo non è indicato per pazienti con un’infezione attiva all’interno o intorno all’occhio, ma rappresenta comunque un’importante opportunità per molte persone che affrontano la perdita della visione centrale prodotta dalla degenerazione maculare legata all’età.
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