Il prof. Giuseppe Argenziano: “Grazie a nuove terapie, come gli anticorpi monoclonali, migliorano le opportunità per i pazienti. Fondamentale, però, un intervento curativo precoce e un approccio multidisciplinare”
Roma – Fino a 7 anni per ottenere una diagnosi corretta e confermata. È questo il lasso di tempo che può trascorrere per individuare un linfoma cutaneo a cellule T (CTCL), una forma rara di tumore. Si manifesta con sintomi molto simili a quelle di altre malattie più comuni della pelle (come eczema e psoriasi), ma le sue conseguenze sono molto più gravi. Per questo va incentivata la ricerca e migliorata la formazione dei medici specialisti, per poter così incrementare le chances e la qualità di vita dei pazienti. L’appello arriva in occasione della Giornata della consapevolezza sul Linfoma, che si è svolta in tutto il mondo il 15 settembre.
“I linfomi cutanei a cellule T si manifestano soprattutto sulla nostra pelle, sotto forma di placche che compaiono in zone del corpo solitamente non esposte al sole”, afferma Giuseppe Argenziano, professore ordinario e direttore della clinica Dermatologica dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli”, Napoli. “Possono coinvolgere, inoltre, anche il sangue, i linfonodi e alcuni organi interni. Colpiscono due volte più gli uomini che le donne e l’età media della loro comparsa è tra i 55 e i 60 anni. Si dividono in due sottogruppi principali, che sono la micosi fungoide e la sindrome di Sézary”.
La micosi fungoide (MF) e la sindrome di Sézary (SS) sono le due tipologie di linfoma cutaneo a cellule T più diffuse; insieme, rappresentano circa i due terzi di tutti i CTCL. La MF è il sottotipo più frequente (60-70%), mentre la SS è una forma più rara, ma molto aggressiva di CTCL (3%). Entrambe le patologie sono caratterizzate da un progressivo deturpamento fisico con chiazze, placche e noduli tumorali; eritrodermia, prurito incoercibile, dolore, linfoadenopatia e alopecia. Tutto ciò ha un effetto negativo sulla qualità di vita dei pazienti, nonché sul benessere emotivo e sociale dei loro caregiver.
“Come per molte altre malattie rare, l’esatta causa di questi linfomi rimane in gran parte sconosciuta”, prosegue Argenziano. “La malattia deve essere trattata da un team multidisciplinare, in quanto nelle forme iniziali di micosi fungoide è il dermatologo che fa la diagnosi e prescrive la terapia. Per le forme più avanzate e importanti è invece necessaria la stretta collaborazione di uno specialista ematologo. Per migliorare i livelli di assistenza si rende assolutamente necessaria una maggiore collaborazione tra diversi specialisti, che devono riuscire a lavorare a stretto contatto in centri specializzati di riferimento. Solo così possiamo garantire esami e trattamenti adeguati a uomini e donne che devono affrontare una patologia molto difficile. Infatti, solo la metà dei pazienti con linfoma a stadio avanzato è vivo a cinque anni dall’insorgenza della malattia”.
Grazie alla ricerca medico-scientifica sono disponibili nuove terapie, come l’anticorpo monoclonale umanizzato anti-CCR4 sviluppato da Kyowa Kirin per il trattamento della micosi fungoide e della sindrome di Sézary. “Il CTCL compromette radicalmente la qualità della vita di chi convive con la malattia, poiché ha un impatto grave e profondo sulle attività quotidiane e sulle interazioni sociali”, dichiara Pablo Viguera Ester, Southern Europe Medical Director per Kyowa Kirin. “Attraverso il nostro lavoro di ricerca e sviluppo di nuovi farmaci e tecnologie, puntiamo a dare risposta alle esigenze finora irrisolte dei pazienti, nel più breve tempo possibile migliorando la qualità di vita dei pazienti, come chi affetto da CTCL”.
“Le nuove terapie hanno dimostrato di poter ritardare la progressione della malattia”, aggiunge il prof. Argenziano. “Al tempo stesso migliorano la qualità della vita dei pazienti e risultano solitamente ben tollerate. È molto importante, però, riuscire ad individuare un linfoma cutaneo a cellule T il prima possibile, in modo da avere più possibilità di riuscire a fermare la patologia. Questo, attualmente, non sempre avviene e determina prognosi decisamente peggiori. Risultano perciò fondamentali iniziative come la Giornata Mondiale del Linfoma, che hanno il merito di far accendere i riflettori su patologie che non sempre sono al centro dell’attenzione da parte di cittadini, medici e istituzioni”.
La Giornata Mondiale della Consapevolezza sul Linfoma (WLAD, World Lymphoma Awareness Day) si celebra il 15 settembre. Questa iniziativa nasce nel 2004, organizzata dalla Lymphoma Coalition, un’organizzazione no profit che conta 64 gruppi di pazienti in 44 Paesi del mondo. Quest’anno, la comunità mondiale dei linfomi si è riunita per dire “We Can't Wait” (non possiamo aspettare) e porre fine alle conseguenze negative che la pandemia di COVID-19 ha avuto sulla comunità dei linfomi, tra cui un accesso ridotto alle cure, al trattamento e al supporto.
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