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Doppia intervista-video alla prof.ssa Maria Luisa De Rimini, Presidente AIMN e Direttore dell’UOC di Medicina Nucleare all’Ospedale dei Colli di Napoli

Nell’ultimo quinquennio l’armamentario terapeutico per contrastare i tumori neuroendocrini (NET) si è notevolmente arricchito grazie al maggior impiego della terapia con radioligandi. A sentirne parlare qualcuno potrebbe immaginare una cura proveniente da fantascientifici macchinari a raggi gamma, come quelli che hanno trasformato Bruce Banner nel personaggio dell’incredibile Hulk. Niente di più sbagliato: la terapia a base di radioligandi è una forma di trattamento sicura ed efficace, di cui si è a lungo parlato durante i lavori del X Congresso nazionale organizzato da ItaNET

Questo approccio terapeutico ha subito una tale evoluzione da spingere i medici a coniare un nuovo termine per descriverne l’impatto clinico: la parola “teragnosticache rappresenta la sintesi tra la fase della diagnosi e quella della terapia. “È un processo secondo il quale marcando una stessa sostanza - un analogo della somatostatina capace di riconoscere determinati recettori sulla superficie cellulare del tumore - con particelle radioattive diverse si ottengono, allo stesso tempo, la diagnosi e la terapia”, afferma la prof.ssa Maria Luisa De Rimini, Presidente dell’Associazione Italiana di Medicina Nucleare e Imaging Molecolare (AIMN) e Direttore dell’UOC di Medicina Nucleare presso l’Azienda Ospedaliera “Ospedale dei Colli” di Napoli (clicca qui o sull’immagine dell’articolo per guardare la prima video-intervista). “Il termine teragnostica è stato usato per unire questi due momenti attraverso un sistema che consente di trattare esattamente quello che si vede”.

Nel caso dei NET, infatti, la marcatura di un analogo della somatostatina con Gallio 68 (68Ga) permette di riconoscere, tramite PET, le cellule tumorali; successivamente, lo stesso analogo, marcato però con Lutezio (177Lu) oxodotreotide, offre modo di colpire queste specifiche cellule, risparmiando quelle sane. “Quella a base di radioligandi è una terapia sistemica, somministrata al paziente per via endovenosa, sicuramente seguita da successo terapeutico”, prosegue De Rimini.

La terapia con radiofarmaci è attualmente indicata per i tumori neuroendocrini del tratto gastro-entero-pancreatico (GEP-NET) ben differenziati (Grading G1 e G2). Infatti, i risultati dello studio clinico di Fase III NETTER-1 - pubblicati sulla prestigiosa rivista The New England Journal of Medicine - hanno messo in luce un netto aumento dei tassi di sopravvivenza globale e di sopravvivenza libera da malattia rispetto alla terapia con analoghi della somatostatina non marcati.

“I NET rappresentano un universo complesso e popolato da entità tumorali dotate di caratteristiche differenti in termini di prognosi, ma l’approccio con radiofarmaci funziona e, se utilizzato con logiche precise, può fare la differenza”, continua la prof.ssa De Rimini (clicca qui per guardare la seconda video-intervista). Infatti, questa strategia terapeutica ha dimostrato di produrre benefici significativi non solamente in termini di sopravvivenza ma anche di qualità di vita. Le persone affette da NET sindromici presentano infatti un corteo di manifestazioni che incidono drasticamente sulla loro quotidianità ma l’impiego di trattamenti con radiofarmaci ha mostrato di tradursi in un miglioramento della qualità di vita, con simultaneo risparmio da parte del Servizio Sanitario Nazionale, dal momento che nei pazienti si riduce anche la necessità di assunzione di ulteriori farmaci. Si stanno dunque compiendo enormi sforzi per ampliare le indicazioni del trattamento con radiofarmaci, come dimostra anche la realizzazione del trial clinico NETTER-2, nel quale sono stati arruolati pazienti con forme aggressive di NET e i cui risultati saranno disponibili nei prossimi mesi.

L’Associazione Italiana di Medicina Nucleare e Imaging Molecolare (AIMN) sta lavorando affinché la terapia con radioligandi possa avere sempre maggiore espansione su tutto il territorio nazionale”, conclude De Rimini. “Tutti insieme siamo impegnati affinché non manchi il rispetto del paziente e vi sia equità di accesso sia agli esami diagnostici che alle varie opzioni di trattamento”.

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