Nel podcast gMG Your Way la testimonianza di una mamma che racconta la sua esperienza di caregiver del figlio, a cui la malattia è stata diagnosticata all’età di soli 10 anni
Durante il terzo episodio della seconda stagione del podcast gMG Your Way - realizzato da Alexion AstraZeneca Rare Disease e AIM ODV, che fa parte di Alleanza Malattie Rare – il conduttore Giuseppe Brugnone dialoga con Mariella, mamma e caregiver di Carmelo, un giovanissimo paziente affetto da miastenia gravis. Un punto di vista diverso da quelli ascoltati nelle puntate precedenti: quali sono le sfide di un adolescente che convive ogni giorno con questa patologia? Come affronta il mondo della scuola e come comunica le sue difficoltà ad amici e compagni? Sono molte le problematiche che deve affrontare un caregiver, specialmente quando questa figura è rappresentata dal genitore. Come afferma la protagonista del podcast, è fondamentale non abbattersi, anche se all’inizio sembra di non avere la terra sotto i piedi, e affrontare i problemi man mano che si presentano.
Diagnosi, impatto sulla quotidianità, gestione della scuola, invisibilità della malattia e supporto psicologico: sono questi i punti cardine del dialogo sulla miastenia gravis che avviene nella puntata di gMG Your Way di febbraio. Mariella racconta di come ha inizialmente notato in Carmelo una condizione di stanchezza e disagio, specialmente a livello delle gambe. Le passeggiate, così come un semplice giro al supermercato, erano diventati un problema, a cui aggiungere le segnalazioni che arrivavano dalla scuola. “Carmelo non riusciva a partecipare alla recita e alle altre attività perché aveva difficoltà ad alzare le braccia, ad esempio. Lui è sempre stato molto attivo anche in oratorio, faceva il chierichetto. Un giorno ci accorgemmo che non riusciva a stare in piedi per la durata della messa, quindi un’oretta scarsa. Io e mio marito abbiamo quindi deciso di andare avanti nell’indagine clinica per vedere perché nostro figlio aveva questi sintomi molto evidenti”, racconta la mamma di Carmelo.Dopo essersi rivolti al medico di base e in seguito ai risultati di analisi specifiche, il dubbio della diagnosi di miastenia gravis diventa più concreto e la famiglia viene indirizzata a un centro specialistico, dove la malattia viene confermata. Ma come reagisce un paziente pediatrico a una diagnosi di miastenia? E come la famiglia? “È stato molto difficile per tutti e all’inizio non sapevo come dirglielo”, prosegue Mariella. “Con l’aiuto della dottoressa che ha fatto la diagnosi gli abbiamo detto che lui soffre di questa patologia, che gli causa fatica e senso di debolezza, e che finalmente avevamo trovato un nome alla causa del suo malessere. Carmelo inizialmente non l’ha presa bene. Essendo un bambino di 10 anni era davvero molto impaurito perché non sapeva a cosa sarebbe andato incontro”. Inizia così il percorso terapeutico: per fortuna, dopo aver visto i miglioramenti anche Carmelo si è tranquillizzato e ha iniziato a seguire le indicazioni dei medici.
Ancora una volta torna il tema dell’importanza di dare un nome alla malattia, in modo da capire quali sono le opzioni, come potrebbe evolvere e come conviverci al meglio. L’impatto sulla vita quotidiana del paziente in primis, ma anche della famiglia e dei caregiver, è innegabile e a volte può essere davvero sfidante. “La nostra vita è profondamente cambiata”, spiega Mariella. “Anche per organizzare una breve gita dobbiamo saper gestire il tempo perché Carmelo vuole sapere in modo preciso cosa andremo a fare: è come se volesse usare tutte le energie che ha in maniera davvero buona”. Oltre a questo, l’aderenza alla terapia può generare altrettanti cambiamenti: nel caso di Carmelo, ad esempio, i farmaci vanno presi ogni 4 ore e questo ha un grosso impatto sulla gestione della vita quotidiana. Nelle parole di Mariella appare evidente come, specialmente all’inizio, sia stata davvero dura. Da allora sono passati due anni e la famiglia ha imparato a conviverci, incluso il figlio più piccolo, che per primo ricorda al fratello di prendere le medicine.
Il fatto di dover prendere così di frequente i farmaci rende necessario un supporto anche a scuola. Quando è arrivata la diagnosi Carmelo frequentava la prima classe della scuola secondaria di primo grado: un anno di cambiamento, che però ha visto il supporto di compagni, insegnanti e dirigenti. “Ora che è un po’ più cresciuto, ed è un periodo di transizione davvero particolare, ha un po’ più di riserbo: la pillola la prende in disparte, chiedendo di uscire dall’aula, perché non vuole sentirsi al centro dell’attenzione. La differenza tra il primo anno e ora si nota. […] Ci sono delle situazioni difficili a livello scolastico, proprio perché la miastenia gravis è una malattia invisibile: se da un lato si sembra perfettamente sani, dall’altra parte c’è tanta sofferenza e disagio. Diversi compagni gli dicono che non sembra malato, ma lui ne soffre per via delle rinunce che deve fare, gli sport che non può pratiche, la difficoltà di mettersi sui libri a studiare. L’invisibilità della malattia rende tutto più faticoso”.
Come spesso accade quando si parla di malattie rare, molti non conoscono queste patologie. Mariella, per cercare di rendere più facile la vita scolastica del figlio, ha fornito del materiale informativo – scaricato dal sito di AIM – a insegnanti e dirigente. “Loro ne hanno preso visione ma, non essendo riconosciuto come un Bisogno Educativo Speciale, a livello scolastico si può fare poco”. La mamma si è quindi rimessa alla comprensione dei docenti in merito alle difficoltà causate dalla malattia, i quali per fortuna hanno provveduto a creare un piano di studi su misura per Carmelo.
L’ultimo tema toccato durante la puntata è l’importanza di un supporto psicologico, che Mariella descrive come illuminante ed essenziale, specialmente appena dopo aver ricevuto la diagnosi. “È stata una fase in cui ci sono stati dei momenti di crisi proprio perché Carmelo non riusciva a dare un perché al fatto di non poter fare determinate cose che i suoi compagni invece potevano fare. Tutti insieme abbiamo lavorato sul riconoscimento della malattia e su quanto questa possa essere considerata compagna o avversaria. È importante, infatti, conviverci anche se a volte è fastidiosa, e a non considerarla come avversaria, altrimenti non si riuscirebbe a vivere bene”, conclude Mariella.
Ascolta il podcast in versione integrale su Amazon Music.
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