Dottor Fabrizio Drago

Il dott. Fabrizio Drago (Bambino Gesù): “Dal 2012, abbiamo visitato 15mila bambini nelle scuole di Roma e del Lazio”

Se il concetto di prevenzione è di fondamentale importanza in tutte le aree della medicina, la sua rilevanza è ancora maggiore quando si parla di malattie che insorgono nell’infanzia: a spiegarlo è Fabrizio Drago, primario del dipartimento di Cardiologia e Aritmologia dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma, in un articolo recentemente pubblicato sul sito Online news. Nell’intervista, che OMaR ripropone integralmente, il dott. Drago ha spiegato nei dettagli un progetto che l’ospedale pediatrico romano sta portando avanti, in collaborazione con la Onlus “La stella di Lorenzo”, per la prevenzione delle patologie cardiache infantili.

Dal 2012, abbiamo visitato 15mila bambini nelle scuole di Roma e del Lazio, con il programma di ricerca scientifica de La stella di Lorenzo”, spiega Drago. “La prima cosa interessante che abbiamo registrato è che il 46% della popolazione al di sotto dei 13 anni non aveva mai fatto un elettrocardiogramma, ed è drammatico in un contesto dove sappiamo quanto è importante la prevenzione. Nello 0,4%-0,5% di questi 15mila giovanissimi abbiamo riscontrato anomalie elettrocardiografiche a potenziale rischio. Questi pazienti sono stati messi in follow up, altri in terapia, altri operati per aritmie maligne. Questa – come dimostrano altri studi internazionali – è un’opera di screening che dimostra quanto sia utile anche solo un elettrocardiogramma per fare prevenzione”.

Quali sono le patologie cardiologiche a rischio di morte improvvisa in età pediatrica?

“Sono quelle che presentano un difetto intrinseco dell’elettricità cardiaca in un cuore apparentemente sano oppure quelle correlate, come una malattia strutturale, intracellulare o a livello del miocardio generale. Ovvero le cardiopatie congenite”.

Diagnosticabili in gravidanza?

“Sì, le cardiopatie congenite complesse sono sempre diagnosticabili in gravidanza: parliamo di problemi molto seri. Le non complesse, invece, sono diagnosticabili ma con più difficoltà perché parliamo di difetti piccolissimi, come patologie atriali (per fare un esempio). Le cardiomiopatie sono invece geneticamente determinate, cioè sono quelle patologie del muscolo cardiaco che si presentano in età pediatrica più avanzata o in adolescenza. Quando si presentano in età neonatale o immediatamente post-natale, sono davvero molto gravi”.

Come ci si accorge allora se un neonato o bambino ha un problema?

I disturbi del ritmo vengono evidenziati fondamentalmente dall’elettrocardiogramma: viene evidenziata la patologia dell’elettricità cardiaca. Dopo il primo mese di vita, ai neonati si fa la lastra per la displasia delle anche: sarebbe fondamentale fare anche un elettrocardiogramma, per riconoscere patologie che non sono così evidenti. Sono patologie del tessuto elettrico, ma possono essere pericolose. La battaglia che noi combattiamo è proprio questa, quella della prevenzione. Diciamo che non possiamo sottoporre tutta la popolazione a un'indagine diagnostica: visita, ecocardiogramma ed ECG sarebbe bellissimo, ma questo succede solo in Giappone: uno screening di popolazione iniziato negli anni 70, che adesso è addirittura legge, ha ridotto la mortalità improvvisa del 70%”.

E noi cosa facciamo per la prevenzione della morte improvvisa nei giovani?

“L’attività sportiva dei bambini e dei ragazzi – sia agonistica che non agonistica – già prevede una certificazione protocollata, grazie alla Legge Balduzzi. Viene fatto un elettrocardiogramma per le attività non agonistiche, mentre per quella agonistica è previsto un esame più completo, con visita eco- ed elettro-cardiogramma”.

Ma basta?

“Con l’introduzione di questi controlli si è ridotta la morte improvvisa giovanile nei campi di gioco. Difficile dire che basti. È importante il ruolo dei pediatri, che dovrebbero consigliare almeno un elettrocardiogramma nei primi 5 anni di vita. La resa diagnostica del singolo elettrocardiogramma è del 60-70%, esame semplice a basso costo, percentuale che può arrivare al 90% di resa con la visita, l’anamnesi e l’ECG. La prevenzione è un lavoro enorme che non deve fare l’ospedale, dove devono arrivare pazienti già selezionati per evitare l’affollamento”.

Ma come si può evitare l’affollamento?

Io sono per riattivare il sistema del medico scolastico. Partiamo da qui, e poi partiamo dalla prevenzione secondaria. Siamo attrezzati con i defibrillatori in tutte le zone di comunità? Quante vite si salverebbero, se ci fossero più defibrillatori e persone capaci di fare un massaggio cardiopolmonare? Tante, forse tutte, sono pochi minuti che salvano vite. I medici di base dovrebbero già fare un primo screening. Però, spesso, per la paura di incorrere in denunce penali, ci mandano d’urgenza bambini che non hanno patologie. Questa della legge penale cui sono sottoposti i medici meriterebbe una discussione a parte. Oggi c’è la paura, per il dramma dell’assunzione di responsabilità. In sanità sta succedendo quello che accade nelle scuole: hai preso 5 a italiano; è colpa dell’insegnante. Nel nostro caso si punta il dito sul sanitario di turno. Anche questo fa fuggire i giovani all’estero, oltre alla cronica carenza di fondi per la ricerca. Sono pochi quelli disposti al sacrificio. Noi della vecchia scuola partecipiamo a ricerche internazionali e congressi gratis, apparteniamo alla classe dei sognatori”.

Parliamo di disinformazione e fake news in sanità, come si fa a contrastare ‘dott. Google’?

Il portale del Bambino Gesù ha le cosiddette “Pillole”: spiega e risponde in poche righe alle domande più frequenti. Abbiamo iniziato questa opera di informazione ma occorre educare le famiglie e i ragazzi a cercare le informazioni sui portali dei grandi ospedali. Poi c’è l’effetto dannoso dell’eccessiva informazione che crea ansia all’utente. Anche per questo è importante affidarsi ai canali ufficiali”.

Appunto: allora cosa si sente di dire per contrastare il fenomeno di un’eccessiva informazione, talvolta anche allarmante?

“Invece di parlare di morte, parliamo di vite, come possiamo salvare una vita, e pensiamo ai defibrillatori e a formare persone al massaggio cardiopolmonare. Di fronte all’allarmismo delle morti in campo chiariamo che le cardiopatie pediatriche sono malattie rare, inserite nel registro internazionale della cardiologia ERN (European Reference Networks). Questo vuol dire che i casi sono 1 su 1000, 1 su 3000. Solo un centro come il nostro ne vede così tante, perché siamo punto di riferimento in Italia e in Europa”.

Il numero chiuso in medicina e un messaggio ai giovani medici?

Il numero chiuso in medicina è una follia. Credo si siano persi tanti giovani talenti che forse non hanno superato un quiz aspecifico, ma poi si sarebbero rivelati grandi medici. Per fortuna si è capito che i medici devi selezionarli sul campo. Mettiamoli sotto stress i primi due anni di università, e trasmettiamo loro l’importanza del percorso e dei voti che fanno la differenza. Il merito è importante. Vediamo se resistono alla pressione, alla disciplina e alla fatica. Perché qui la prima cosa che devi imparare, così come nel rugby, è che non devi mollare mai. Su un bambino non devi mollare, devi vincere la tua partita”.

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