Il basso dosaggio aiuta a prevenire sia il primo evento cardiaco che le recidive e i trombi.
Pratica, economica e sicura potrebbe essere la chiave della prevenzione secondaria, con enorme risparmio per la sanità.
Avere più di cento anni e non sentirseli proprio. Potrebbe ben dirlo l’Aspirina che ne ha ormai compiuti 112; nonostante l’età la decana di casa Bayer continua ad uscire senza sosta dagli stabilimenti sparsi in Europa, primo di tutti quello enorme di Bitterfeld, in Germania, per finire nelle case di tutto il mondo con un ruolo importante, essere l’amica del cuore. L’Aspirina, infatti, non è una vecchietta che ha già dato tutto, anzi, continua a riservare sorprese positive confermandosi utile, soprattutto nelle sue formulazioni a basso dosaggio, come arma di prevenzione secondaria verso due dei big killer del nostro tempo: le malattie cardiovascolari e alcune tipologie di cancro. Per la ‘vecchia gloria’ della chimica si prospetta dunque ancora una lunga strada anche se in casa Bayer è da poco arrivato un nuovo nato, il Rivaroxaban, che nel suo uso contro il tromboembolismo venoso potrebbe in parte far da concorrente. Questo nuovo anticoagulante orale ha infatti sempre dimostrato un'efficacia superiore rispetto enoxaparina contro il tromboembolismo venoso: lanciato con successo in oltre 85 paesi ha già trovato applicazione in più di un milione di pazienti. L’Aspirina come prevenzione secondaria negli eventi cardiovascolari
Una dieta inadeguata, fumo, alcool, obesità, diabete e mancanza di esercizio fisico: sono questi i principali fattori di rischio che espongono alle malattie cardiovascolari, le ‘big killer’ del nostro secolo. La mappa del rischio è diversa da continente a continente e da paese a paese, con l’est – Russia e Cina in particolare - che rappresentano oggi una ‘zona rossa’ di grande rilievo vista anche la grande popolosità.
Tutti sanno che primo argine a queste malattie è la prevenzione primaria che si riassume in uno stile di vita sano e attivo. Laddove non arriva la prevenzione primaria e dove i soggetti hanno comunque un rischio cardiovascolare elevato, può però agire un altro tipo di prevenzione, detta ‘secondaria’, che può includere il ricorso ai farmaci.
E qui entra in gioco la vecchia gloria di Bayer, l’Aspirina, il cui principio attivo è l’acido acetilsalicilico (ASA). Questa, nel suo utilizzo a basso dosaggio, si dimostra infatti capace di prevenire gli eventi cardiaci avversi, sia nella loro prima manifestazione che in eventuali recidive.
Che esistesse una correlazione tra l’uso del farmaco ed eventi cardiovascolari fu ipotizzato per la prima volta solo nel 1974, e da allora ad oggi decine di studi scientifici hanno confermato il beneficio. Su questo è stato fatto il punto ad ottobre nel corso di un incontro organizzato a Bitterfeld, in Germania, dove si trova uno dei più grandi stabilimento al mondo di aspirina: fino ad oggi qui sono state prodotto 70 bilioni di scatolette. La medicina ha dunque in mano un’arma di prevenzione importante, la cui sicurezza è stata provata da oltre cent’anni di esperienza e la cui efficacia viene continuamente confermata: uno strumento assolutamente accessibile anche nei paesi meno ricchi per i costi bassissimi, uno dei motivi per cui l’enorme mercato cinese si rivolge proprio a questo farmaco.
L’acido acetilsalicilico ha funzione di antiaggregante piastrinico e per questo ha funzione antitrombotica: previene cioè una eccessiva aggregazione di piastrine che vanno a crete i ‘trombi’ dei ‘grumi’ che possono avere l’effetto di ostruire il passaggio del sangue in una vena o una arteria provocando danni anche gravissimi soprattutto se l’arresto del sangue causa danni al sistema nervoso centrale. Oggi l’aspirina è riconosciuta come il gold standard globale nella prevenzione secondaria per ridurre il rischio di infarto e ictus nei pazienti con malattie cardiovascolari. Inoltre diversi studi hanno mostrato la sua efficacia nel prevenire un primo evento cardiovascolare in un'ampia gamma di soggetti. Ne deriva che se di questo farmaco, pratico, economico e di una sicurezza ormai ampliamente provata potrebbe essere, se se ne facesse un uso più appropriato e diffuso nelle persone a rischio, la vera chiave di volta della prevenzione secondaria, una chiave capace di prevenire migliaia di eventi cardiovascolari in tutto il mondo e far risparmiare si costi sanitari diretti e indiretti.
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