fenilchetonuria, Lisa AndreattaLa malattia l’hanno scoperta i miei genitori, erano i primi anni in cui in Veneto si effettuava lo screening neonatale per la fenilchetonuria”. Inizia così il racconto di Lisa, 33 anni, della provincia di Treviso. Lisa ha la fenilchetonuria, una rara malattia metabolica che in Italia interessa un bambino ogni circa 2500 nati. Si tratta di una patologia caratterizzata dalla carenza di un enzima epatico necessario per il metabolismo della fenilalanina (Phe), un aminoacido essenziale presente nella maggior parte degli alimenti contenenti proteine. Senza un’adeguata terapia, oggi prevalentemente dietetica, gli effetti della malattia sono devastanti.

“Grazie alla diagnosi precoce ho iniziato immediatamente una dieta aproteica, a partire dai miei 15 giorni di vita. Grazie a un latte formulato adeguato e i controlli necessari la mia crescita è stata regolare. Con lo svezzamento è iniziata la dieta vera e propria, che per la mia forma di malattia [la variante classica, N.d.R.] è davvero rigidissima. Ho potuto frequentare la scuola materna presso un istituto privato religioso, dove c’era una cuoca interna e si sono fatti carico delle mie esigenze alimentari speciali”.

La dieta di un paziente con fenilchetonuria è una terapia a tutti gli effetti e deve essere seguita per tutta la vita. Si basa sul consumo di alimenti naturalmente aproteici, di alimenti specificamente ideati per i pazienti con queste esigenze (come pasta, riso, pane aproteici ad esempio) e l’assunzione di integratori speciali, su prescrizione medica. Alcuni pazienti rispondono anche alla terapia farmacologica, che permette una dieta meno restrittiva, ma non è il caso di Lisa.

“Ho frequentato una scuola primaria tradizionale, non a tempo pieno. Quindi pranzavo a casa. Ho dei ricordi ingenui di quel periodo, ricordo quando i compagni portavano in classe i cioccolatini e io non potevo mangiarli, o delle torte di compleanno, che dovevo assolutamente evitare. In famiglia però vivevo con normalità, anche perché ho ben tre sorelle che hanno la stessa patologia, certamente condividere una dieta così restrittiva la rende più normale”.

A parte la dieta e i controlli clinici, da effettuare regolarmente per tutta la vita, l’infanzia e l’adolescenza di Lisa sono state serene. “A 20 anni ho scoperto di essere incinta. Anche se non me lo aspettavo ho accolto questa notizia con grande gioia, anche se accompagnata da una grande preoccupazione per la gestione della malattia. Sapevo che la terapia dietetica specifica per la gravidanza doveva essere iniziata ben prima…la dieta deve essere variata sulla base di un’esigenza così specifica. Appena capito di essere in dolce attesa mi sono confrontata con il mio medico [il Dr. Alberto Burlina, N.d.R.], che è stato sincero, ma rassicurante. Mi ha spiegato i numerosi rischi per il feto (malformazioni cardiache, facciali, agli arti, etc.) e ha modificato la mia terapia dietetica. Potevo mangiare liberamente solo insalata e carote… ero costretta a mangiare la pasta (aproteica) che a me non piace. Ho iniziato a studiare, a fare giornalmente tabelle e grafici per controllare l’assunzione di proteine e di calorie, che dovevano essere sufficienti per me e per la bambina che portavo in grembo”.

Nonostante la rigida dieta però i valori di Lisa continuavano ad essere molto alti. Certamente però in gravidanza non è possibile limitare eccessivamente l’apporto calorico. “Non potevo certo digiunare… non è stato facile. Ho atteso con ansia il momento dell’ecografia morfologica (normalmente eseguita intorno alla ventesima settimana di gestazione), che fortunatamente ha confermato una crescita normale della mia bambina. Successivamente ho eseguito altri esami, tutti positivi. Gli ultimi mesi di gravidanza sono forse stati i più duri… dovevo monitorare ancora più spesso i miei livelli di fenilalanina, facevo così tanti prelievi che le vene delle braccia non erano più utilizzabili. Ma tutto è andato per il meglio ed è nata Irene, 2 chili e 900 grammi. La sua nascita è stata una gioia immensa e anche un enorme sollievo. Ora non rischiavo più di avvelenarla, potevo stare tranquilla. A Irene è stato immediatamente eseguito il test per la PKU e dopo 3 giorni abbiamo avuto la risposta: non era affetta dalla malattia”.

Non ho potuto allattarla al seno perché i miei livelli di fenilalanina erano alle stelle dopo il parto, avrei potuto intossicarla. Sono passata al latte formulato e tutto è andato bene, oggi è una meravigliosa adolescente! Non ci sono state difficoltà particolari in seguito, anche se la cosa forse più difficile per me era cucinare per lei inizialmente. Quando le preparavo le pappe l’assaggio era una tentazione continua… ma solo che per me la dieta è salvavita e quindi ho imparato a resistere. Oggi gestisco la mia vita serenamente. Saltuariamente mi concedo qualche piccolo sfizio… posso uscire a bere uno spritz e magari una volta al mese la pizza (anche se ne magio solo la metà e sempre con le verdure). Certo non posso variare molto, ma non mi lamento”.

“Quando ero piccola gli alimenti aproteici disponibili erano pochissimi: c’erano solo spaghetti e rigatoni e un unico tipo di biscotti. Oggi ci sono grissini, pane, crackers, barrette e merendine. Anche per gli integratori le cose sono molto cambiate. Ricordo quando ero piccola che l’odore mi nauseava…oggi sono disponibili prodotti gradevoli, addirittura inodori e insapori”.

Lisa ha recentemente condiviso la sua esperienza durante la ES PKU Conference 2018, evento internazionale svoltosi a Venezia dal 1 al 4 novembre 2018. La Conferenza ES PKU 2018 è stata organizzata dalla European Society for Phenylketonuria and Allied Disorders Treated as Phenylketonuria (E.S. PKU), in partnership con l’italiana Cometa A.S.M.M.E. Onlus, Associazione Studio Malattie Metaboliche Ereditarie Onlus, grazie anche al contributo incondizionato di Applied Pharma Research s.a (APR), azienda specializzata nello sviluppo di prodotti per la cura della salute ad elevato contenuto scientifico, che, ha sviluppato PKU GOLIKE®, nuova linea di alimenti a fini medici speciali per la fenilchetonuria. “Sono molto legata all’associazione Cometa ASMME – conclude Lisa – perché negli anni ci è sempre stata vicino. Ci ha permesso il confronto con altre famiglie e ci ha fatto capire che non eravamo soli nelle piccole lotte quotidiane. Ci ha inoltre sempre aiutati a restare informati sull’innovazione scientifica e farmacologica legata alla nostra malattia, cosa decisamente fondamentale”.

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