Amiloidosi - Marco Ceccanti, Pietro Guaraldi e Stefania Marazia

Gli specialisti Marco Ceccanti, Pietro Guaraldi e Stefania Marazia hanno partecipato al simposio negli Stati Uniti. Il resoconto dei principali temi trattati

Rochester (USA) – Negli Stati Uniti si è appena concluso il più importante congresso medico dedicato all'amiloidosi: i maggiori esperti di questa patologia si sono riuniti a Rochester, nel Minnesota, dal 26 al 30 maggio 2024, in occasione del XIX International Symposium on Amyloidosis (ISA). L'evento – al quale hanno partecipato anche diversi specialisti italiani – è stato l'occasione per discutere degli ultimi sviluppi nella ricerca e nel trattamento delle diverse forme di questa malattia rara, ovvero ATTR (amiloidosi da transtiretina, che si divide ulteriormente nelle forme ereditarie e wild-type), AL (amiloidosi da catene leggere), AA (amiloidosi secondaria) e altre varianti meno comuni.

“Tra i punti salienti del simposio ci sono stati numerosi interventi su terapie emergenti e innovative”, racconta il dr. Marco Ceccanti, del Centro Malattie Rare Neuromuscolari del Policlinico Umberto I – Sapienza Università di Roma. “Un tema importante è stato il trattamento della polineuropatia associata all'amiloidosi ereditaria da transtiretina: sono stati evidenziati gli effetti nel medio termine delle terapie attualmente in uso, quali gli inibitori di sintesi della transtiretina (patisiran, vutrisiran e inotersen) e gli stabilizzatori proteici (tafamidis). Per quanto riguarda le terapie che saranno a breve disponibili, un nuovo oligonucleotide antisenso (eplontersen) ha mostrato promettenti risultati preliminari in pazienti con forme ereditarie di amiloidosi da transtiretina, e nuovi anticorpi contro epitopi della transtiretina hanno mostrato un potenziale effetto nel favorire la clearance dell'amiloide. Infine, altri trattamenti menzionati per il trattamento dell’amiloidosi da transtiretina includono lo stabilizzatore acoramidis e le nuove terapie di editing genomico basate sulla tecnologia CRISPR-Cas9”.

Inoltre, è stata data molta attenzione alle nuove metodologie di diagnosi, che stanno diventando sempre più rilevanti nell’identificazione e nel monitoraggio dell'amiloidosi, quali la risonanza magnetica cardiaca e la PET (tomografia a emissione di positroni) con traccianti per amiloide. “È stato affrontato anche il tema dell’utilizzo di biomarcatori sierici come i neurofilamenti per il monitoraggio della polineuropatia”, prosegue Ceccanti. “Sono state infine discusse le indicazioni al posizionamento di pacemaker e al trapianto multiorgano (cuore, reni, fegato) nell’ambito delle diverse forme di amiloidosi, grazie all’ausilio di database dei più grandi centri dedicati a livello mondiale. In sintesi, il simposio ha offerto una panoramica completa degli avanzamenti nella ricerca sull'amiloidosi, con sessioni che hanno coperto sia la ricerca di base che quella clinica, nonché le nuove opzioni terapeutiche emergenti. È stato un evento cruciale per condividere conoscenze e promuovere collaborazioni tra ricercatori e clinici”.

Anche per il dr. Pietro Guaraldi, dell'IRCCS Istituto delle Scienze Neurologiche di Bologna, il congresso ISA si è rivelato un evento di grande rilevanza e impatto per la comunità scientifica e medica coinvolta nella ricerca e nella cura di questa malattia. “Questo simposio ha rappresentato un'importante occasione d'incontro per discutere, con i principali esperti e clinici di tutto il mondo, i progressi e i bisogni ancora insoddisfatti nella gestione dei pazienti con amiloidosi da accumulo di transtiretina e dei portatori asintomatici della malattia, sia nelle forme ereditarie che wild-type”, ha dichiarato. “Come ben espresso nella relazione del prof. Julian Gillmore, gli avanzamenti diagnostici e terapeutici nella gestione di questa complessa patologia sono stati incredibili, ma rimane ancora molto da fare. La malattia è tuttora gravata da un significativo ritardo diagnostico e abbiamo bisogno di nuovi trattamenti che possano stabilizzare o sopprimere la transtiretina in maniera più efficace, rimuovere i depositi di amiloide e gestire le manifestazioni oculari e del sistema nervoso centrale”.

Particolarmente stimolante è stata la dimensione multidisciplinare del congresso, che ha visto coinvolti non solo neurologi e cardiologi, ma anche ematologi, internisti, gastroenterologi e scienziati di base: questo ha permesso di affrontare il problema dell’amiloidosi da accumulo di transtiretina a 360 gradi, confrontandosi con i punti di vista di altri specialisti. “Molto interessanti sono state le relazioni sui possibili effetti a lungo termine della soppressione della sintesi di transtiretina, presentata dal prof. Joel N. Buxbaum, e sulle forme più rare di amiloidosi sistemica, illustrata dalla dr.ssa Laura Obici del Centro per l'Amiloidosi di Pavia: questi interventi hanno stimolato un vivace dibattito e aperto nuove prospettive per la ricerca futura”, continua Guaraldi. “In conclusione, il XIX Simposio ISA ha fornito un'importante piattaforma per la condivisione delle conoscenze e ha evidenziato la complessità e la necessità di un approccio multidisciplinare per affrontare l’amiloidosi da accumulo di transtiretina. Pur in assenza di soluzioni definitive, l’evento ha delineato le direzioni future della ricerca e ha rafforzato la rete di collaborazioni internazionali nel campo”.

“È stato un momento di condivisione unico, dove la multidisciplinarità, alla base della gestione dell’amiloidosi, è stato il filo conduttore dell’evento”, sottolinea la dr.ssa Stefania Marazia, dell'Ambulatorio Cardiomiopatie e Malattie Rare, Cardiologia/UTIC, dell'Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. “Il trattamento della patologia e delle complicanze cardiache, che rappresentano ancora oggi una sfida per il cardiologo, sono state oggetto di molte relazioni. Spunti di particolare interesse sono state l’esperienza del gruppo di Julian Gilmore sul trattamento dello scompenso cardiaco con gli SGLT2-inibitori, così come la gestione delle forme più rare di amiloidosi sistemica oggetto della relazione di Laura Obici”, conclude la dr.ssa Marazia. “L’idea di poter condividere esperienze comuni provenienti da realtà diverse è alla base della crescita professionale ed è stimolo per la ricerca futura”.

 

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