Vutrisiran per l'amiloidosi: il punto con il dottor Longhi

Il dr. Simone Longhi (Bologna) era presente al Congresso ESC, dove sono stati presentati gli ultimi dati sul farmaco: “Risultati sorprendenti”

L'evento più importante per i cardiologi europei si è chiuso con numeri impressionanti: 5.400 relatori e 31.800 partecipanti. Un grande successo, dunque, per il Congresso della European Society of Cardiology (ESC), che si è svolto a Londra dal 30 agosto al 2 settembre. Fra i presenti anche il dr. Simone Longhi, cardiologo presso l'ambulatorio amiloidosi dell'IRCCS Policlinico di Sant’Orsola di Bologna, al quale abbiamo chiesto di raccontarci le principali novità, specialmente riguardo la patologia di cui si occupa.

Nel corso del simposio, infatti, sono stati presentati in modo approfondito i risultati del trial HELIOS-B, condotto per valutare l’impiego del farmaco vutrisiran nei pazienti con amiloidosi da transtiretina e cardiomiopatia. Questi dati, già annunciati a luglio, sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine proprio nella giornata inaugurale del congresso.

Dr. Longhi, quali sono stati i principali temi trattati al congresso ESC?

“Nel corso del simposio è stato fatto un aggiornamento su tutto ciò che riguarda l'ambito cardiovascolare, e ci sono state tantissime novità sulla fibrillazione atriale e sulla gestione della terapia perioperatoria. Fra gli argomenti principali, una condizione che viene trattata sempre più spesso nei congressi di cardiologia è sicuramente l'amiloidosi. Ciò che mi ha colpito è stata la folla presente alla sessione in cui la collega Marianna Fontana presentava i risultati dello studio HELIOS-B: la sala era strapiena e c'erano anche molte persone in piedi. Questo testimonia che l'interesse della comunità scientifica cardiologica è molto alto: probabilmente ci stiamo rendendo conto che l'amiloidosi, pur rientrando ancora nell'ambito delle malattie rare, non è poi così rara come pensavamo che fosse”.

Come è stato progettato lo studio HELIOS-B?

“HELIOS-B è uno studio randomizzato e in doppio cieco nel quale stati arruolati 655 pazienti adulti con amiloidosi da transtiretina (sia ereditaria che wild type), che sono stati suddivisi in due gruppi: uno ha ricevuto il farmaco vutrisiran (somministrazione sottocutanea ogni tre mesi) e l'altro il placebo. Il trial è stato disegnato in modo molto simile al precedente studio HELIOS-A, che aveva coinvolto pazienti affetti dalla componente neurologica della malattia. Nell'HELIOS-B, invece, si è deciso di studiare la stessa molecola su chi, in primis, avesse una problematica di tipo cardiologico”.

Quali risultati sono stati ottenuti?

“I risultati sono stati veramente sorprendenti: tutti gli endpoint sono stati soddisfatti. L'endpoint primario, che era un composito di morte per qualsiasi causa ed eventi cardiovascolari ricorrenti, è stato ampiamente raggiunto, e questo significa che a breve il cardiologo potrebbe avere a disposizione più di una molecola per trattare questa patologia. Oggi, infatti, sia nella forma familiare che in quella senile, il neurologo ha delle armi in più rispetto al cardiologo, perché ha a disposizione diverse opzioni terapeutiche, mentre il cardiologo può prescrivere solo una molecola (il tafamidis). Questi dati ci dicono che in un prossimo futuro potremmo trattare anche la componente cardiologica della malattia con più opzioni. Riguardo agli endpoint secondari, anch'essi tutti raggiunti, è da evidenziare la netta riduzione del valore di NT-proBNP, un marcatore di danno cardiaco. Un altro dato interessante è l'esito del test del cammino in 6 minuti: i pazienti che erano in trattamento con vutrisiran hanno ridotto la loro capacità funzionale molto meno rispetto a chi era in placebo. È un test estremamente importante, perché rende in maniera oggettiva, e non soggettiva da parte del medico, il grado di compenso del paziente: se riesce a percorrere una discreta distanza senza avere un affanno o una sintomatologia maggiore, vuol dire che il suo compenso cardiocircolatorio è buono. La qualità della vita, infine, è stata valutata con il questionario KCCQ (Kansas City Cardiomyopathy Questionnaire) e, anche in questo caso, i pazienti del braccio vutrisiran avevano dei valori nettamente migliori rispetto a quelli del braccio placebo. Il paziente, quindi, non solo avverte di stare lievemente meglio dopo l'inizio della terapia, ma percepisce anche una sorta di stabilità della propria malattia (e non una progressione). Sono tutti risultati veramente positivi”.

Quali sono i vantaggi del vutrisiran rispetto al suo ‘fratello maggiore’, il patisiran?

“Il vutrisiran è sicuramente molto più maneggevole: il patisiran richiede la somministrazione endovenosa ogni 21 giorni, il che vuol dire andare in ospedale, rimanere ricoverati in regime di day hospital per una o due ore, perché va fatta la premedicazione, e infine fare l'infusione. Con il vutrisiran è tutto molto più semplice: ogni tre mesi si va in un ambiente ospedaliero, si fa un'iniezione sottocutanea e si torna a casa. È un cambiamento drastico sia per il paziente che per il caregiver, ma anche per lo stesso ospedale, perché ha la possibilità di non ricoverare il paziente ma di vederlo solo in ambulatorio. Per questi motivi i cardiologi sperano che vutrisiran sia presto approvato anche per le persone affette da amiloidosi da transtiretina con cardiomiopatia”.

Articoli correlati

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tumori pediatrici: dove curarli

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

30 giorni sanità

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Partner Scientifici

Media Partner


Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni