Lo scorso aprile si è svolta la quarta edizione dell’evento: un momento di confronto tra i maggiori esperti nazionali di questa rara forma di dislipidemia
Negli ultimi anni, il termine “colesterolo” è diventato una presenza costante nei discorsi sulla salute, spesso ridotto a spauracchio alimentare o a fattore di rischio generalizzato. Eppure, al di là di questa narrazione semplicistica, il colesterolo può essere protagonista di una realtà estremamente grave e complessa: l’ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH), rara forma di dislipidemia caratterizzata da concentrazioni di colesterolo LDL tali da compromettere la salute cardiovascolare fin dall’infanzia. Per approfondire i risvolti clinici e umani della convivenza con una patologia così grave, il 3 e il 4 aprile Palermo ha ospitato la quarta edizione di “HoFH 2 Days”, evento promosso grazie alla sponsorizzazione non condizionante di Chiesi Global Rare Diseases.
L’iniziativa, accreditata nel Programma Nazionale di Educazione Continua in Medicina (ECM), ha riunito specialisti in ambito cardiovascolare, pediatrico, genetico e metabolico, insieme ai rappresentanti delle associazioni dei pazienti, per discutere le più recenti evidenze scientifiche e condividere esperienze cliniche sull’ipercolesterolemia familiare omozigote.
Il discorso inaugurale, a cura del professor Maurizio Averna, docente ordinario di Medicina Interna presso l’Università degli Studi di Palermo, ha fornito una panoramica sullo stato dell’arte dell’HoFH e sull’importanza del confronto tra esperti. “Con queste due giornate abbiamo voluto consolidare un appuntamento annuale interamente dedicato all’ipercolesterolemia familiare omozigote”, ha sottolineato Averna, membro del board scientifico dell’evento insieme al prof. Marcello Arca e al prof. Alberico Catapano. “Potremmo quasi definirlo ‘un incontro tra intimi’, visto che gli esperti di questa patologia si possono contare sulle dita. Pochi specialisti, ma molto preparati, che rappresentano un network, Lipigen, che nel tempo sta contribuendo in modo significativo al miglioramento della presa in carico complessiva di questi pazienti”.
LA PATOLOGIA
“Nonostante l’ipercolesterolemia familiare sia probabilmente la malattia genetica più frequente nella sua forma eterozigote, la variante omozigote rappresenta una condizione molto rara, con una prevalenza stimata - a partire da un campionamento effettuato in diversi Paesi - di circa un caso ogni 300-500mila persone”, afferma il professore. Questa patologia è associata a un difetto a carico dei geni che regolano il recettore delle lipoproteine a bassa densità (LDL, Low Density Lipoproteins). La mancanza o completa assenza di questo recettore fa sì che i livelli di colesterolo LDL in circolo si alzino instaurando un processo di alterazione delle pareti dei vasi sanguigni noto come aterosclerosi, a sua volta strettamente correlato all’insorgenza di gravi malattie cardio- e cerebro-vascolari, come l’infarto del miocardio o l’ictus cerebrale. “Spesso questi pazienti presentano, già nella prima infanzia, valori di colesterolo LDL abnormi, superiori a 400 mg/dl, fino a 1000 mg/dl. Se non adeguatamente trattati questi ragazzi possono andare incontro a morte precoce, prima dei vent’anni di vita”, sottolinea il prof. Averna. L’aferesi lipoproteica - un metodo simile alla dialisi con il quale si ottiene la rimozione meccanica del colesterolo LDL dal sangue - unita dieta a basso contenuto lipidico e a farmaci ipolipemizzanti, ha rappresentato per anni l’unica terapia valida per questi pazienti. “Oggi, fortunatamente, abbiamo a disposizione farmaci efficaci, come lomitapide ed evinacumab, in grado di modificare la storia naturale della malattia”.
L’EVENTO
L’incontro “HoFH 2 Days”, articolato in sei sessioni, ha affrontato in modo strutturato e trasversale i principali aspetti dell’ipercolesterolemia familiare omozigote: dalla diagnosi precoce, sia clinica che genetica, alla gestione terapeutica, fino al monitoraggio a lungo termine e al sostegno da parte delle associazioni. Tra i momenti di rilievo, la presentazione del documento di consenso nazionale sulla HoFH, pubblicato sia sul Giornale Italiano dell’Arteriosclerosi che sulla rivista internazionale Nutrition, Metabolism and Cardiovascular Disease. “La stesura di documenti come questo rappresenta uno degli strumenti più validi che abbiamo a disposizione per promuovere una presa in carico più appropriata e favorire l’aggiornamento continuo degli specialisti del settore”, commenta il prof. Averna.
Ampio spazio di discussione è stato riservato alle nuove strategie terapeutiche. Sono stati illustrati i risultati ottenuti con la lomitapide, farmaco approvato da oltre un decennio che, anche alla luce dei dati di Real World Evidence, si conferma in grado di modificare significativamente il decorso clinico della patologia. “In molti pazienti ha permesso la sospensione dell’aferesi, portando i livelli di LDL a valori paragonabili a quelli della popolazione generale”, dichiara il prof. Averna. Di particolare interesse, in questo ambito, i dati presentati dalla dottoressa Paola Sabrina Buonuomo (Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma), che ha illustrato i risultati di uno studio pediatrico sulla lomitapide: la riduzione del colesterolo LDL è stata significativa anche nei pazienti più piccoli, con un profilo di sicurezza solido e ben documentato. “Accanto alla lomitapide, anche evinacumab si è dimostrato un farmaco efficace”, dichiara il professore. “Si tratta di un anticorpo monoclonale capace di ridurre notevolmente i livelli di LDL, già in età pediatrica”.
Nel corso dell’evento è stato inoltre illustrato lo studio osservazionale LILITH, attualmente ancora in fase di reclutamento, volto a valutare l’impatto delle nuove terapie, in particolare della lomitapide, sul rischio cardiovascolare nei pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare omozigote. L’indagine prevede il confronto tra dati clinici raccolti prima e dopo l’introduzione del farmaco, al fine di raccogliere evidenze reali sulla sua efficacia a lungo termine nel prevenire gli eventi cardiovascolari.
Durante l’evento, la storia naturale della malattia e l’efficacia delle nuove terapie sono state discusse a partire dai principali studi osservazionali e registrativi, come HICC, LIPIGEN e LOWER, fondamentali per comprendere il decorso clinico dell’HoFH.
Nel corso dell’incontro non sono mancati approfondimenti su altre forme di dislipidemie, come le sindromi lipodistrofiche, né il confronto diretto con i rappresentati dei pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare. Infatti, la tavola rotonda conclusiva ha visto il coinvolgimento delle associazioni ANIF (Associazione Nazionale Ipercolesterolemia Familiare), GIP-FH (Gruppo Italiano Pazienti FH) e AIDE (Associazione Italiana Dislipidemie Ereditarie), che hanno sottolineato l’importanza del supporto associativo e la necessità di una maggiore sensibilizzazione del personale medico su questo tema. “In molti casi – racconta il prof. Averna – i pazienti non sono informati dell’esistenza delle associazioni, venendo così privati di un prezioso strumento di orientamento e accompagnamento”. Per questo motivo, le tre associazioni presenti all’evento hanno avanzato la proposta condivisa di costituire insieme un’unica realtà federativa, capace di interfacciarsi con le istituzioni in modo più compatto ed efficace. L’obiettivo è semplice quanto ambizioso: migliorare il più possibile la qualità della vita dei pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare.
“Tenendo sempre a mente questo traguardo, abbiamo voluto dare ulteriore solidità all’iniziativa “HoFH 2 Days” con la creazione di una rivista ad hoc, “HoFH Today”, che con cadenza annuale raccoglie gli aggiornamenti scientifici, le esperienze cliniche e le novità della letteratura emerse nell’ultimo anno in merito all’ipercolesterolemia familiare omozigote, con particolare riferimento a quanto discusso durante i due giorni di approfondimento”, conclude il prof. Averna.
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