Due fratelli in cura all'Ospedale Brotzu attendono da un anno e mezzo di essere trattati con l'anticorpo monoclonale, che permetterebbe loro di ridurre o eliminare le sedute di aferesi delle lipoproteine
Cagliari – “Vorremmo fare un tentativo per cercare di migliorare la nostra vita, ma per qualche motivo non ci viene permesso”. Alessandro e Lorenzo sono due fratelli che vivono nel sud della Sardegna e sono affetti da ipercolesterolemia familiare, una malattia che provoca livelli elevatissimi di colesterolo e che li espone a un aumentato rischio di infarti e ictus. La loro forma di malattia è quella omozigote, la più rara e anche la più grave: per questo motivo, oltre a prendere le statine, devono sottoporsi – una volta la settimana – all'aferesi delle lipoproteine, un trattamento simile alla dialisi che rimuove il colesterolo dal sangue.
Un'alternativa ci sarebbe: l'anticorpo monoclonale evinacumab, un farmaco somministrato per infusione endovenosa una volta al mese, che permetterebbe di ridurre la frequenza dell'aferesi, se non di abbandonarla del tutto. Un farmaco disponibile in Italia già dal novembre del 2023 per il trattamento di adulti e adolescenti di età superiore ai 12 anni con ipercolesterolemia familiare omozigote.
Ma nel Centro per le Malattie Dismetaboliche e l’Arteriosclerosi dell’Azienda Ospedaliera “Brotzu” di Cagliari, dove sono in cura Alessandro e Lorenzo, finora è stato impossibile prescrivere questo farmaco, nonostante la struttura sia stata individuata come centro prescrittore da una delibera dell'Assessorato Regionale alla Sanità. Un problema che non si riscontra, invece, nel resto dell’Isola (ad esempio all’AOU di Sassari, ma anche al SS. Trinità di Cagliari), dove il farmaco viene erogato regolarmente.
Alessandro, il maggiore dei due fratelli, ha 48 anni, e ne aveva 8 quando la comparsa di xantomi (accumuli di grasso che si depositano sotto la pelle) portò alla diagnosi di ipercolesterolemia familiare omozigote. La prima conferma arrivò dalle analisi del sangue (con livelli di colesterolo tra i 400 e i 500 mg/dL), la seconda dal test genetico. Così, dall'età di 13 anni, Alessandro iniziò a sottoporsi all'aferesi delle lipoproteine.
“Sono ormai 35 anni che ogni settimana devo recarmi all'ospedale Brotzu, che dista un'ora e mezza da casa mia, e sono stanchissimo di fare questo trattamento. È un impegno pesante perché – se tutto va bene – dura almeno tre ore, ma ci sono dei giorni in cui il flusso del sangue è più lento, e allora si può arrivare alle quattro ore. Io lavoro come operaio, e devo dire che anche dal punto di vista economico, le spese per la benzina non sono poche. Inoltre, l'aferesi lascia dei segni, e le vene, dopo tanti anni, ne risentono: alcune, infatti, non sono più utilizzabili”, sottolinea.
Ma ci sono altri due motivi che rendono Alessandro, in particolare, un paziente idoneo alla terapia con evinacumab. Il primo è che per un periodo di sei mesi è stato trattato con un altro farmaco, la lomitapide, che pur avendogli imposto una dieta ancora più ferrea di quella normalmente seguita, è risultato efficace nel ridurre i livelli di colesterolo e gli ha consentito finalmente di abbandonare l'aferesi. Il sollievo, però, è durato poco, perché in seguito è stato necessario sospendere la terapia.
Il secondo motivo è che, nonostante l'aferesi e le statine, il suo livello di colesterolo non accenna a scendere ai livelli desiderati. Oggi è intorno ai 200 mg/dL, e con una dieta rigidissima riesce ad arrivare a 160, mentre nella sua situazione dovrebbe restare sotto i 100: è infatti un paziente a rischio, che ha già dovuto affrontare dei problemi cardiovascolari. Rientra perfettamente, insomma, nella tipologia di paziente idoneo alla terapia con evinacumab, farmaco prescrivibile a quei pazienti che “non risultino a target di colesterolo LDL o non abbiano tollerato il trattamento con lomitapide”.
“Nel corso degli anni il colesterolo ha ostruito le mie coronarie, per cui nel 2011 e nel 2016 mi è stato posizionato uno stent. Da allora sento di essere sempre in una situazione al limite. Mio fratello ha i miei stessi livelli di colesterolo, segue le mie stesse terapie, ma per fortuna non ha mai avuto problemi di tipo cardiaco”. Alessandro, per questo motivo, dovrebbe essere il primo a iniziare il trattamento con evinacumab, e una volta ottenuti i risultati positivi attesi, anche Lorenzo potrebbe decidere di seguire lo stesso percorso. Da un anno e mezzo, invece, le richieste di poter usufruire di questo nuovo farmaco sono rimaste senza risposta.
“Ogni innovazione, ogni nuovo farmaco, rappresenta per noi una grande speranza. Non so se il trattamento con evinacumab mi permetterebbe di abbandonare completamente l'aferesi, o solo di ridurre la frequenza delle sedute, ma sarebbe comunque un grandissimo vantaggio per la mia qualità di vita”, conclude Alessandro. “Perciò non capisco perché qui a Cagliari mi viene negato questo farmaco, prescritto senza problemi in tutta Italia”.
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