SLA: nuovi dati sul farmaco ulefnersen

La molecola, sviluppata per la malattia causata dal gene FUS, ha indotto in una paziente un recupero funzionale senza precedenti

In circa un paziente su dieci la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) ha un’origine genetica, cioè è provocata da mutazioni in certi geni ben determinati. La variante di SLA associata ad alterazioni del gene FUS (SLA-FUS), pur rappresentando solo l’1-2% dei casi totali, è tra le più aggressive, spesso insorgendo già durante l’adolescenza. Proprio su questa specifica forma di malattia è appena stato pubblicato, nientemeno che su The Lancet, uno studio condotto dal neurologo e scienziato Neil Shneider, della Columbia University, che riporta risultati mai visti. Un farmaco sperimentale, l’ulefnersen (precedentemente noto come jacifusen), ha mostrato non solo la capacità di rallentare la progressione della malattia in alcuni pazienti ma, in un caso significativo, di indurre anche un recupero funzionale senza precedenti.

Una giovane donna, in cura con il farmaco dal 2020, ha riacquistato la capacità di camminare e di respirare autonomamente, funzioni perse a causa della SLA-FUS, ed è sopravvissuta più a lungo di qualsiasi altro paziente noto con la forma giovanile della malattia. Un secondo caso descritto nell’articolo riguarda un uomo sulla trentina, trattato prima della comparsa dei sintomi, ma con anomalie elettriche nei muscoli che lasciavano presagire che la patologia si sarebbe presto manifestata. Dopo tre anni di trattamento è ancora asintomatico e mostra un miglioramento dell’attività elettrica muscolare.

L'analisi biochimica e immunoistochimica di campioni di tessuto del sistema nervoso centrale provenienti da quattro partecipanti allo studio ha inoltre mostrato livelli ridotti di proteina FUS e un'apparente diminuzione del carico della patologia. Nel complesso, dopo sei mesi di trattamento, i pazienti hanno registrato una diminuzione fino all'83% di neurofilamenti a catena leggera, un biomarcatore di danno nervoso.

“Queste risposte dimostrano che se interveniamo abbastanza presto e miriamo al bersaglio giusto al momento giusto nel corso della malattia, è possibile non solo rallentare la progressione della malattia, ma effettivamente invertire alcune delle perdite funzionali”, afferma Shneider. L'ulefnersen è anche un esempio di medicina di precisione e sviluppo terapeutico basato sulla scienza e sulla comprensione della biologia della malattia. Il farmaco appartiene infatti a una classe emergente e molto promettente di molecole che utilizza brevi frammenti di DNA o RNA, chiamati oligonucleotidi antisenso (ASO), per arrestare la produzione di proteine anomale codificate da geni con mutazioni patologiche.

Sebbene la maggior parte degli altri pazienti sintomatici dello studio non siano sopravvissuti alla malattia, la progressione della SLA-FUS è stata rallentata e di conseguenza hanno vissuto più a lungo, tanto che alla luce di questi risultati l’azienda Ionis Pharmaceuticals si è impegnata a sponsorizzare uno studio clinico più ampio, controllato con placebo, per testare l’ulefnersen, studio che è ora in corso anche in Italia.

LA STORIA DIETRO IL FARMACO

Shneider ha testato per la prima volta l'ulefnersen sei anni fa su una paziente dell'Iowa, Jaci Hermstad, la cui gemella identica era morta a causa della SLA-FUS anni prima. Solo pochi anni avanti, la ricerca di Shneider su modelli di topo aveva rivelato che le mutazioni del gene FUS inducono le cellule a produrre una proteina FUS che è tossica per i motoneuroni, suggerendo che ridurre i livelli di tale proteina potesse prevenire o ritardare l'insorgenza e la progressione della SLA-FUS.

Nel 2019, Shneider ha richiesto alla FDA statunitense il permesso di somministrare ulefnersen a Jaci attraverso un programma di accesso esteso a farmaci sperimentali, ossia quello che in Italia si definisce “uso compassionevole”. Da allora, almeno 25 pazienti sono stati trattati con la molecola (originariamente chiamato jacifusen in onore proprio di Jaci Hermstad) in tutto il mondo in programmi di accesso esteso, compresi i dodici descritti nell'articolo di The Lancet. La speranza, ora più che mai, è che questi risultati preliminari aprano la strada a una terapia efficace per la SLA causata da mutazioni nel gene FUS.

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