Dal 2009, l’Associazione Nazionale Pemfigo e Pemfigoide Italia si occupa di fornire un sostegno concreto alle persone colpite da queste rare malattie della pelle
Tutti noi abbiamo provato, per poche ore o pochi giorni, il fastidio provocato da una vescicola, o da una bolla, causata da una piccola ustione, dalla puntura di un insetto, da un’infezione. Immaginate ora di dover sopportare decine e decine di bolle, diffuse su tutto il corpo e nelle mucose di bocca e naso, per settimane o mesi: è la condizione con cui convivono i pazienti colpiti da malattie bollose autoimmuni, un insieme di patologie nelle quali il sistema immunitario, che normalmente protegge l’organismo dagli agenti estranei e potenzialmente pericolosi, attacca le cellule di organi e tessuti (in questo caso quelle cutanee).
Questo gruppo eterogeneo di disturbi è solitamente suddiviso in tre patologie principali, ognuna delle quali presenta eziopatogenesi e varianti clinico-sintomatologiche molto diversificate: la prima è il pemfigo, nel quale le lesioni cutanee (causate da un errato funzionamento delle immunoglobuline di classe IgA), appaiono come bolle tese, translucide e piene di liquido chiaro che si trasformano in pustole (Tsuruta et al, 2011). Il secondo tipo di malattia bollosa autoimmune è il pemfigoide, la cui variante più comune è nota come pemfigoide bolloso: osservabile con maggiore frequenza nelle persone di età superiore ai 60 anni o affette da altre patologie dell’epidermide, è caratterizzato da un continuo prurito iniziale, che degenera poi in bolle e lesioni della cute (Cozzani et al, 2018). Infine, c'è l’epidermolisi bollosa acquisita. In questo disturbo, le immunoglobuline attaccano un particolare tipo di collagene che è il principale componente delle cosiddette fibrille di ancoraggio, le quali uniscono la membrana basale al derma. L’azione anomala delle immunoglobuline causa la rottura di queste fibrille, e l’effetto sintomatologico è la formazione di bolle appena sotto l’epidermide.
L’impatto di queste malattie è acuito, oltre che dalla loro cronicità, dal fatto che si tratta di disturbi genetici rari, il che comporta intrinsecamente un accesso a informazioni, diagnosi e cure del tutto insufficiente se rapportato alle reali esigenze di chi ne è affetto. Fortunatamente, esistono realtà come l’Associazione Nazionale Pemfigo e Pemfigoide Italia (ANPPI), impegnata da diversi anni a migliorare le condizioni di vita dei pazienti affetti da malattie bollose autoimmuni. “L’Associazione è nata nel 2009 - spiega Carola Pulvirenti, vicepresidente ANPPI - a seguito dello stretto rapporto che si è sviluppato, all’interno dell’Istituto Dermopatico dell’Immacolata (IDI) di Roma, tra medici e pazienti provenienti da tutta Italia. Nel corso degli anni, poi, la gestione dell’Associazione è stata portata avanti grazie all’impegno dei pazienti e dei loro caregiver, primi fra tutti i familiari”.
L’origine 'partecipativa' dell’ANPPI si riflette tuttora nella filosofia e nella struttura della maggior parte dei progetti che promuove, alcuni dei quali presentati in occasione dell'ultimo Convegno organizzato dall'Associazione, svoltosi dal 30 novembre al primo dicembre dello scorso anno. “Un aspetto su cui puntiamo molto – prosegue Pulvirenti – è l’inclusione dei pazienti, sia nei progetti di ricerca che nei convegni, in modo che essi siano a tutti gli effetti pazienti esperti”. Uno sforzo di empowerment che, anche se auspicato e spesso decantato a livello teorico, è certamente di non facile attuazione nel mondo medico-scientifico. Un esempio di questi progetti 'a più voci' è Networkcare, un programma progettato nel 2017 e partito ufficialmente nel 2018, nel quale iniziative strettamente legate alla ricerca scientifica (come la raccolta accurata di dati sul numero di pazienti con patologie bollose autoimmuni e sui loro bisogni terapeutici) si affiancano ad attività di natura prevalentemente socio-assistenziale (verranno infatti 'recepiti' anche i bisogni insoddisfatti di natura sociale ed emotiva legati a questa particolare situazione clinica): all’IDI, ad esempio, sta per prendere il via un progetto pilota nel quale si prevede di istituire un gruppo di auto-aiuto guidato e supportato da uno psicologo. L’idea è quella di fare in modo che in ogni Regione d’Italia vi sia un gruppo simile, composto da un paziente esperto, uno psicologo, un dermatologo e diversi altri specialisti le cui competenze possono servire a migliorare la diagnosi e il trattamento di patologie sistemiche come le malattie bollose autoimmuni. Di grande utilità, ad esempio, possono essere i dentisti e gli igienisti dentali, in grado di intervenire sulle lesioni alla bocca associate a tali patologie: purtroppo, benché esistano dei protocolli di cura specifici per questi sintomi, sono pochi, in Italia, i professionisti che li conoscono e li applicano.
Lo sforzo dell’ANPPI per la diffusione di informazioni riguardanti le malattie bollose autoimmuni mira a ridurre l’impatto di un’altra problematica legata a questi disturbi: la latenza che intercorre tra l’insorgenza dei primi sintomi e la diagnosi: non a caso, un altro progetto multicentrico, coordinato dal Dott. Di Zenzo (ricercatore dell’IDI con cui ANPPI condivide iniziative di Medicina Traslazionale e di Patient Engagement) e presentato durante il Congresso, ha come obiettivo principale la realizzazione di una piattaforma per la diagnostica avanzata. “Anche se il paziente vive in una città con diversi centri all’avanguardia, come ad esempio Roma, possono passare mesi, a volte addirittura anni, prima di avere una diagnosi certa”, continua Pulvirenti. “Mesi in cui, al di là della sofferenza fisica e psicologica, si perdono anche molte giornate di lavoro, con un profondo impatto economico sia per il cittadino, sia per il Servizio Sanitario Nazionale”.
Come se ciò non bastasse, il fatto che perfino i medici spesso non sappiano come trattare queste patologie si traduce, giocoforza, in un percorso terapeutico a ostacoli: “alcuni pazienti non hanno nessun centro specialistico nella propria Regione, e si devono recare in quello più vicino, che però può essere a 200-300 km di distanza. Chilometri che spesso, date le condizioni dei pazienti, obbligano al ricorso a un’ambulanza privata, con tutti i costi che questo comporta. Il viaggio non è poi 'una tantum', ma andrà ripetuto ogni volta che il malato dovrà sottoporsi alle cure”. La soluzione, per l’ANPPI, è quella di una formazione specialistica e continua, rivolta agli operatori sanitari e ai medici in primis, in modo che ogni paziente possa ricevere cure all’avanguardia ed efficaci nella propria Regione.
Le malattie bollose autoimmuni sono patologie gravemente invalidanti, spesso di natura cronica: le persone che ne sono colpite, spesso spiazzate da diagnosi incerte, risposte contrastanti e terapie fallimentari, finiscono per essere vittima di una sensazione di ansia e smarrimento. Per tale motivo, tra le varie attività promosse dall'ANPPI c'è anche un nuovo servizio di counseling psicologico, gestito da professionisti e rivolto sia ai pazienti che ai loro familiari: perché se ad oggi, purtroppo, avere una completa remissione dalle malattie bollose autoimmuni è un traguardo difficilmente raggiungibile, il 'fare rete' (tra caregiver, pazienti, psicologi, medici e infermieri) può certamente aiutare a migliorare le condizioni di vita di chi, ogni giorno, affronta queste patologie.
Per ulteriori informazioni sui progetti e le attività dell'ANPPI è possibile visitare il sito web dell'associazione.
Per le malattie bollose autoimmuni sono validi i seguenti codici di esenzione:
- Pemfigo: codice RL0030
- Pemfigoide benigno delle mucose: codice RL0050
- Pemfigoide bolloso: codice RL0040
Leggi anche: “Malattie bollose autoimmuni: nuove speranze grazie al biologico”.
Seguici sui Social