I tamponi rappresentano lo strumento diagnostico per eccellenza ma come vengono processati ed elaborati? Le risposte su OMaR
Il filmato del medico che infila il tampone nel naso del paziente e, dopo pochi secondi, lo chiude nella sua custodia per farlo analizzare per il virus SARS-CoV-2 dal laboratorio di turno lo abbiamo visto almeno un migliaio di volte al telegiornale. Inoltre, all’interno del tabellone giornaliero con i dati dei contagiati emesso dalla Protezione Civile, più o meno tutti facciamo scorrere lo sguardo al totale dei tamponi eseguiti in ogni regione, auspicando che quel numero cresca sempre più insieme a quello dei guariti. Ma ciò che qualcuno ancora si chiede è che tipo di esame sia il “tampone” di cui si sente tanto parlare e quale affidabilità abbia nella ricerca del virus e, ancora, che differenza intercorra tra questo e il test anticorpale. Per chiarire questi dubbi e comprendere quali siano le modalità d’esecuzione dei test per la diagnosi della COVID-19 abbiamo interpellato il prof. Stefano Vella, virologo e già direttore del Centro per la Salute Globale presso l’Istituto Superiore di Sanità nonché professore presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
L’ANALISI MOLECOLARE: I TAMPONI
“Il test diagnostico di riferimento è basato su un saggio di real-time RT-PCR”, spiega il prof. Vella. “che consiste sostanzialmente in un’amplificazione del genoma. È il metodo più affidabile per rilevare anche concentrazioni molto basse dell’RNA virale”. L’analisi dei tamponi viene effettuata in tutti i laboratori di riferimento regionali e presso i principali ospedali individuati dalle Regioni e la diagnosi molecolare viene posta utilizzando sia il protocollo CDC USA, basato sull’amplificazione del gene N che è maggiormente espresso durante la replicazione virale nella cellula, sia il protocollo sviluppato dalla Charitè di Berlino, entrambi indicati dall’OMS. È sufficiente eseguire la raccolta di un campione biologico prelevandolo preferibilmente dalle basse vie respiratorie (campioni di espettorato, aspirato endo-tracheale o lavaggio bronco-alveolare).
Quando il paziente non presenti segni di patologia alle basse vie respiratorie o se la raccolta in tale sede non fosse possibile, si procede alla raccolta di un campione prelevandolo dalle alte vie respiratorie. In questo caso ci si riferisce a un aspirato rino-faringeo o al tampone naso-faringeo o oro-faringeo. “Tuttavia, se la malattia è nelle fasi molto precoci, il tampone può dare un risultato negativo”, spiega Vella. “A infezione conclamata è molto raro che un tampone dia un risultato falsamente negativo, ma se viene eseguito troppo presto e il virus non ha avuto il tempo di replicarsi il tampone può dare esito negativo e deve essere ripetuto. Dunque, in un sospetto caso di malattia, o perché il paziente presenti i sintomi o perché sia venuto in contatto con un soggetto contagiato, si esegue un tampone e se questo da esito negativo è necessario ripetere il prelievo in un momento successivo e in siti diversi del tratto respiratorio per un’analisi di conferma”.
I TEST SIEROLOGICI: LA RICERCA DEGLI ANTICORPI
In un momento di emergenza come quello che stiamo vivendo, il problema principale è che con l’aumento del numero di individui contagiati diventa difficile - se non impossibile - eseguire a tutti il tampone. Infatti, oltre ai soggetti sintomatici esistono moltissimi asintomatici o pauci-sintomatici la cui rintracciabilità, con l’ausilio dei soli tamponi, impegnerebbe forze molto maggiori di quelle oggi a disposizione per curare i malati. “Non siamo a corto tanto di tamponi quanto di macchinari per analizzarli”, precisa Vella. “I laboratori hanno centinaia di tamponi in attesa di essere analizzati e i macchinari necessitano di ore per l’analisi”. In questo senso, i test per la ricerca degli anticorpi potrebbero assumere una certa validità. “Il tampone ha una evidente e incontrovertibile valenza diagnostica mentre i test per la ricerca degli anticorpi possono essere usati in fase epidemiologica”, precisa l’esperto. “Potrebbero essere usati per vedere quanto il virus si è diffuso tra la popolazione e in tal modo, capendo quanta gente è stata contagiata, potremmo arrivare più preparati ad un eventuale ricomparsa del virus stesso durante la prossima stagione fredda”. Si tratta di un’ipotesi sostenuta anche dal prof. Ferruccio Bonini, ex direttore del Policlinico di Milano che, come si legge sul sito dell’AGI, su questa linea di condotta sta lavorando insieme alla dott.ssa Maurizia Brunetto, direttrice dell’U.O. di Epatologia del centro di riferimento della Regione Toscana per le malattie croniche e il tumore del fegato.
I test per la ricerca degli anticorpi di classe IgG e IgM sono test cromatografici immunodosaggio per il rilevamento qualitativo di anticorpi anti-SARS-CoV-2 IgG e IgM nel sangue o nei campioni di siero o plasma. Sono test affidabili e rapidi, capaci di fornire un risultato nell’arco di una quindicina di minuti, ma hanno dei limiti di sensibilità e specificità che non ne consentono l’uso per la sola diagnosi di malattia: infatti, i campioni che risultino positivi, alle IgG o alle IgM, devono essere obbligatoriamente sottoposti a un tampone di conferma. “Per essere sicuri che gli anticorpi siano positivi devono passare alcuni giorni e non siamo ancora certi dei tempi di sviluppo degli anticorpi della fase precoce (IgM) perché questo è un virus nuovo e per tanti aspetti ancora sconosciuto”, spiega l’esperto milanese. “Tuttavia, se potessimo impiegare questi test per una ricerca campione, magari all’interno delle case di cura o in casistiche scelte, potremmo farci un’idea della diffusione del virus, del tasso di immunizzazione e potremmo capire quanto l’immunità acquisita sia protettiva”.
A questo proposito è molto importante l’annuncio di un accordo tra l’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma e Diesse Diagnostica Senese, per lo sviluppo congiunto di un test sierologico per la diagnosi di COVID-19. In questo caso si tratta di un test ELISA per la ricerca di anticorpi di classe IgG, IgM e IgA, attualmente in fase di sviluppo, e che sarà validato direttamente dallo Spallanzani di Roma. Il test, che sarà disponibile dalla fine di aprile, sarà fornito alla Regione Toscana e costituirà un utile complemento alla diagnosi molecolare soprattutto nel caso di soggetti asintomatici, consentendo di eseguire studi epidemiologici sulla diffusione del nuovo Coronavirus. Una finalità importante dal momento che è ormai noto che una rapida identificazione dei soggetti infetti è il primo passo per l’attuazione di misure di controllo che prevengano l’ulteriore diffusione del virus tra la popolazione.
Seguici sui Social