Michele Reni

Il dato emerge da uno studio italiano coordinato dal San Raffaele di Milano

Milano – Le varianti patogeniche nei geni BRCA1 e BRCA2 sono note per aumentare il rischio di sviluppare il tumore alle mammelle e alle ovaie (da cui il nome di questi geni: BReast CAncer genes). Pochi sanno però che queste stesse varianti aumentano anche la probabilità di incorrere in altre forme di cancro, come quello al pancreas, e che la loro frequenza nella popolazione varia molto geograficamente.

Uno studio pubblicato su ESMO Open fotografa in una popolazione molto ampia di pazienti con tumore del pancreas la prevalenza della mutazione: ogni 100 pazienti con meno di 74 anni, ben 9 (quasi uno ogni dieci) sono portatori di una variante patogenica di BRCA1 o BRCA2, un numero più alto di quello atteso in base a studi precedenti (condotti su un sottoinsieme di pazienti selezionati per età e gravità della malattia). Si tratta di un risultato con dirette implicazioni cliniche: occorre ampliare le indicazioni per il test genetico, così da garantire a tutti i portatori di queste varianti le terapie adeguate e ai loro parenti l’inserimento in appositi programmi di screening e prevenzione.

A coordinare la ricerca, realizzata da un network di centri oncologici sul territorio italiano, è il dottor Michele Reni, oncologo e responsabile del coordinamento clinico del Pancreas Center dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano.

I due geni BRCA1 e BRCA2, a dispetto del loro nome e della loro cattiva fama, non sono la causa del tumore al seno o alle ovaie: sono al contrario due geni ad azione onco-soppressiva presenti in ogni essere umano. Il loro compito è correggere i danni al DNA che si producono naturalmente o per effetto dell’esposizione a cancerogeni all’interno delle cellule e impedire così che il loro accumulo porti alla formazione di cellule tumorali.

Alcune persone posseggono però una versione mutata di BRCA1 o BRCA2 che rende inefficace questo sistema di protezione contro i tumori. Ecco perché nelle persone portatrici delle varianti patogeniche la probabilità di insorgenza di un tumore è maggiore che nel resto della popolazione.

“Sebbene la funzione dei geni BRCA sia stata scoperta in relazione al tumore al seno e alle ovaie, oggi sappiamo che questi geni, quando mutati, possono favorire l’insorgenza di altre neoplasie, come quella del pancreas, del colon e della prostata”, spiega il professor Stefano Cascinu, primario dell’Unità di Oncologia Medica dell’Ospedale San Raffaele e docente presso l’Università Vita-Salute San Raffaele, tra gli autori dello studio. “Fino a oggi c’erano però pochi dati sulla prevalenza delle mutazioni in BRCA nei pazienti con tumore al pancreas, soprattutto nella popolazione Italiana. Ecco perché lo studio pubblicato su ESMO è così importante”.

Lo studio ha arruolato 939 pazienti con adenocarcinoma del pancreas in cura tra giugno 2015 e maggio 2020 in alcuni dei principali centri oncologici italiani. Di questi, il 52% erano uomini, l’età media era 62 anni, il 62% era già in fase metastatica e il 29% aveva una storia familiare di tumori potenzialmente legati ai geni BRCA. Ogni paziente – indipendentemente dall’età, dalla storia famigliare e dalla presenza o meno di metastasi al momento della diagnosi – è stato testato per la presenza di mutazioni in questi geni.

“In totale sono risultati positivi alle varianti patogeniche di questi geni il 9% dei pazienti con meno di 74 anni. Si tratta di un valore molto più alto di quello atteso, al netto della variabilità che si riscontra nelle diverse fasce d’età”, afferma Michele Reni, coordinatore dello studio. “Le mutazioni in BRCA predispongono infatti allo sviluppo dei tumori in età più giovanile, mentre il tumore al pancreas insorge con maggior frequenza in età più avanzata: ecco perché le mutazioni sono presenti nel 17% dei pazienti con meno di 40 anni ma appena nel 6.2% dei pazienti ultra settantenni”.

Precedenti studi hanno riscontrato una frequenza più bassa di addirittura un terzo – il 6%, invece del 9% – probabilmente dovuta a una preselezione dei pazienti da sottoporre al test genetico, che aveva finito per escludere una parte importante dei portatori.

“Una prevalenza del 9% significa che l’Italia è un Paese ad alta incidenza per le mutazioni ai geni BRCA, alla stregua di alcune aree degli Stati Uniti”, continua Reni. “Un fatto che impone dei cambiamenti nelle linee guida dei test genetici: non possiamo più limitarci ad eseguire il test nel caso di tumori metastatici, bisogna farlo sempre, per qualsiasi paziente, sotto i 74 anni. Solo così possiamo identificare tutti i portatori, garantire loro le migliori chance di trattamento e fare prevenzione nei famigliari a rischio”.

Sappiamo infatti che le chemioterapie più efficaci per il tumore al pancreas nel caso di mutazioni in BRCA sono quelle a base di platino, mentre la scoperta di altri famigliari portatori della mutazione permette il loro inserimento in programmi di prevenzione del tumore al seno, alle ovaie, al pancreas o alla prostata.

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