Il prof. Alberico Catapano (presidente SISA): “Lo screening pediatrico sarebbe utilissimo e non avrebbe un costo eccessivo”
Milano – Negli ultimi due anni, tutta la comunità dell'ipercolesterolemia familiare – pazienti, associazioni, medici e ricercatori – sta lavorando a un solo obiettivo: lo screening pediatrico universale e sistematico per questa malattia genetica, che provoca livelli di colesterolo pericolosamente alti. Individuare il prima possibile le persone affette e sottoporle al trattamento, infatti, significa evitare che restino esposte per anni o per decenni a un alto rischio di malattie cardiovascolari che possono essere fatali, come l'infarto o l'ictus.
Artefice di questo percorso verso il cambiamento è la Fondazione FH Europe, che rappresenta 31 associazioni nazionali di pazienti e che nel 2022 ha messo nero su bianco i passi da compiere in un importante documento chiamato Dichiarazione di Praga. In Europa questo metodo di prevenzione è già stato adottato in alcuni Stati, come la Slovenia e la Slovacchia, dove tutta la popolazione pediatrica viene sottoposta al test per il colesterolo. Ma uno screening di questo tipo è fattibile anche in Italia? L'abbiamo chiesto al prof. Alberico Catapano, presidente della SISA (Società Italiana per lo Studio dell'Aterosclerosi) e già presidente dell'EAS (European Atherosclerosis Society).
Professor Catapano, ci può parlare del progetto LIPIGEN, che ad oggi è l'unica esperienza di screening per l'ipercolesterolemia familiare in Italia?
“LIPIGEN è un progetto promosso dieci anni fa dalla Fondazione SISA, per promuovere l'individuazione delle persone affette da dislipidemie di origine genetica. L'enfasi dell'iniziativa, infatti, è sicuramente sull'ipercolesterolemia familiare (FH), ma vengono rilevate anche altre patologie simili, come la sindrome da chilomicronemia familiare (FCS). La diagnosi genetica avviene con il metodo NGS (Next Generation Sequencing) ed è completamente gratuita sia per le famiglie che per il Servizio Sanitario Nazionale: i costi – circa 400 euro per ogni determinazione – sono a carico della Fondazione SISA. Chiunque può recarsi presso una delle 52 lipid clinic che compongono la nostra rete [nel 2019 erano una trentina, N.d.R.], dove gli specialisti, secondo un algoritmo, individuano le persone potenzialmente affette. I loro campioni vengono poi fatti analizzare e nel caso si rilevasse una mutazione genetica, la famiglia riceverebbe un report”.
Nel 2015, al congresso dell'EAS a Glasgow, lei presentò dei dati allarmanti: nel mondo i pazienti con ipercolesterolemia familiare che ottenevano una diagnosi erano meno dell’1%, e in Italia si scendeva addirittura sotto questa soglia. Poi, nel 2019, il prof. Marcello Arca ci informò che grazie al progetto LIPIGEN erano stati genotipizzati oltre 5.000 individui, due terzi dei quali erano risultati eterozigoti, mentre in un centinaio era stata riscontrata, con diagnosi molecolare, la forma omozigote. Il prof. Alberto Zambon, sempre quattro anni fa, aggiunse che la percentuale delle persone diagnosticate era salita al 7-8%. Immagino che oggi la situazione sia ulteriormente migliorata...
“Esattamente. Il tasso di diagnosi è oggi del 20-25% per gli eterozigoti e dell'80% per gli omozigoti. I dati raccolti ci consentono di avere un'indicazione sulla frequenza della malattia, sia in forma omozigote che eterozigote. I pazienti omozigoti rilevati finora sono circa 130, e rappresentano quindi una grossa fetta dei 730 presenti nel database internazionale HICC; gli eterozigoti, invece, sono più di 10.000, di cui 8.000 individuati tramite diagnosi genetica”.
Cosa ne pensa dell'idea di uno screening pediatrico universale, su tutta la popolazione?
“Sono assolutamente favorevole: sarebbe utilissimo e non avrebbe un costo eccessivo. La Fondazione SISA è molto attenta a questo aspetto: già dal 2018 è stato istituito il gruppo LIPIGEN pediatrico, con l’obiettivo di migliorare lo screening, la diagnosi e la gestione dei bambini e degli adolescenti affetti da FH”.
Secondo lei, a che età bisognerebbe fare lo screening e con quali modalità?
“Ci sono due metodi. Il rilevamento del colesterolo del bambino alla nascita non è così accurato, quindi bisogna controllare quello dei genitori: se il papà o la mamma sono eterozigoti o, peggio, uno di essi è omozigote, anche il neonato potrebbe esserlo. Il secondo metodo è quello di misurare i livelli di colesterolo nel bambino: intorno ai 2-3 anni si stabilizzano, quindi l'età ideale sarebbe a 5-6 anni, diciamo all'inizio delle scuole elementari”.
Lei fa parte anche del comitato scientifico di FH Europe: in altri Paesi (come le già citate Slovenia e Slovacchia) ci sono già delle esperienze interessanti...
“Sì, questi Stati hanno scelto di introdurre il metodo del rilevamento alla nascita, su tutta la popolazione: sembra che sia il modello prevalente in Europa. Bisogna considerare, però, che si tratta di Paesi con pochi abitanti. Da parte dell'Unione Europea c'è molta attenzione rispetto a questo tema, ma l'ambito sanitario è uno di quelli in cui ogni Stato membro mantiene la sua autonomia. L'iniziativa di uno screening pediatrico universale per l'FH dovrebbe quindi partire dalle singole nazioni”.
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