Grande attesa per l’accessibilità dei nuovi approcci terapeutici “curativi” e “non curativi”. Origa (SITE): “Siamo all’alba di una nuova era”
Ha definito il momento attuale un periodo fertile e ricco di speranze, anzi l’alba di una nuova era, Raffaella Origa, presidente della Società Italiana Talassemie ed Emoglobinopatie (SITE). OMaR l’ha intervistata a margine dell’incontro organizzato lo scorso 13 marzo a Roma dalla SITE per lanciare la Rete Nazionale Talassemie ed Emoglobinopatie e il Registro di patologia: due strumenti istituiti rispettivamente nel 2023 e nel 2017 per poter garantire la presa in carico completa dei pazienti e l’uniformità assistenziale su tutto il territorio nazionale, e a oggi entrambi non ancora operativi. L’incontro è stato anche l’occasione per fare il punto sulle speranze e sulle aspettative della comunità degli esperti e dei pazienti in relazione alle nuove prospettive terapeutiche. “L’Italia è all’avanguardia dal punto di vista del management e delle terapie rispetto a tante parti del mondo in cui i pazienti hanno molte meno possibilità”, ha affermato Origa. “Ma è giusto anche guardare avanti e, negli ultimi anni, la ricerca ha offerto nuove possibilità terapeutiche sia curative che non curative”.
Che cosa si intende esattamente per terapie curative?
Correggendo il difetto genetico, la terapia genica risolve il problema alla radice, fino alla guarigione. Queste terapie dovrebbero diventare a breve una realtà, perché sono già state approvate dalla Commissione Europea e siamo già alla fase di negoziazione del prezzo con l’AIFA. Quindi ci aspettiamo e speriamo che, nel giro di alcuni mesi, possano diventare disponibili per i nostri pazienti. Non per tutti i pazienti, naturalmente, perché si tratta comunque di terapie invasive, che richiedono anche di effettuare preliminarmente una specifica chemioterapia (o condizionamento mieloablativo). Immaginiamo che potranno essere adottate soprattutto per i pazienti in migliori condizioni, ovvero quelli più giovani. Dopo l’approvazione da parte dell’AIFA, potremo conoscere più esattamente i criteri di selezione dei pazienti. La sperimentazione è stata effettuata su soggetti dai 12 ai 35 anni, quindi è plausibile che, almeno in un primo momento, sia questa la fascia di età considerata.
E gli altri?
Per i pazienti meno giovani – che hanno alle spalle una storia complessa perché con l’aumentare dell’età aumentano anche le complicanze – è più naturale pensare a terapie non curative, che però migliorano comunque la qualità della vita. In particolare, nella talassemia una migliore qualità della vita passa soprattutto per un ridotto numero di trasfusioni, mentre nel caso dell’anemia falciforme significa limitare le crisi vaso occlusive, che possono causare tante complicanze e danno d’organo. In poche parole, per i pazienti più compromessi sono più indicate le terapie non curative, almeno per quanto riguarda la talassemia.
Come si fa a capire qual è la migliore terapia?
È un discorso molto complesso, che implica la necessità di individuare dei criteri di selezione adeguati. È giusto che ogni paziente, giovane o meno giovane, venga preso in considerazione per le nuove terapie. Tutti devono avere lo stesso diritto, indipendentemente dal Centro a cui fanno riferimento. È anche molto importante valutare attentamente i rischi e i benefici che le nuove terapie, sia curative che non curative, possono portare ai pazienti. Compito della Rete è creare scambi e relazioni tra i Centri con più e con meno expertise, in modo da salvaguardare il più possibile i pazienti: nessuno deve essere sottoposto a terapie che possano creare danni, ma tutti hanno il diritto di essere presi in considerazione per una terapia che possa arrecargli beneficio.
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