All’Ospedale Meyer di Firenze è stata studiata una metodica per distinguere le diverse malattie genetiche che possono dar luogo a tale sindrome
Il termine glomerulopatie si riferisce a una serie di patologie che compromettono la funzionalità del glomerulo, una delle componenti fondamentali del nefrone, l’unità funzionale del rene. Oltre che dalla membrana basale del glomerulo il nefrone è costituito da cellule note come podociti e dalle loro estroflessioni. Quello delle glomerulopatie è un insieme molto ampio di malattie (nel quale sono comprese anche forme ereditarie) che comportano alterazioni biochimiche e sintomi vari, quali edema (gonfiore), ascite (accumulo di liquido nell’addome) e dislipidemia (alterazione dei livelli di grassi nel sangue). In questi casi, si parla di sindromi nefrosiche, patologie che da un punto di vista clinico si presentano in maniera piuttosto simile, pur avendo cause genetiche diverse: esistono sindromi nefrosiche idiopatiche sensibili al trattamento con steroidi e altre steroido-resistenti; esistono anche forme dovute a mutazioni genetiche primitive e isolate, che determinano una disfunzione a livello dei podociti, e forme dovute a difetti genetici che sfociano in quadri sindromici complessi. Tutto ciò genera una notevole confusione, rendendo difficile risalire a una diagnosi precisa.
Distinguere una sindrome nefrosica dall’altra, o una sindrome nefrosica da un altro tipo di malattia con coinvolgimento renale, diventa quindi particolarmente arduo, ma grazie al lavoro di un gruppo di ricerca dell’Ospedale Meyer di Firenze, è possibile mettere in atto una procedura che consenta di formulare una diagnosi specifica. Lo studio di riferimento, pubblicato sulla rivista Clinical Journal of American Society of Nephrology (CJASN), organo ufficiale della Società Americana di Nefrologia, prende le mosse dalla necessità di disporre di test genetici accurati per le sindromi nefrosiche, necessità già evidenziata in un precedente lavoro svolto proprio tra le mura della Nefrologia dell’ospedale fiorentino, che aveva messo in luce il ruolo della Next Generation Sequencing nell’inquadramento della forma steroido-resistente.
Il recente lavoro apparso su CJASN si propone proprio di studiare la correlazione tra l’analisi genetica e il “reverse phenotyping”, cioè la ricerca di segni e sintomi di una patologia guidata dai risultati del test genetico, per aumentare l’accuratezza diagnostica delle sindromi nefrosiche. “Abbiamo dimostrato come la combinazione dell’analisi genetica estesa [whole exome sequencing, WES, N.d.R.] con il reverse phenotyping aumenti in modo significativo il tasso di diagnosi genetiche in pazienti affetti da sindrome nefrosica steroido-resistente”, afferma la dott.ssa Francesca Becherucci, della S.O.C. di Nefrologia e Dialisi dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Meyer di Firenze, una delle prime firme dell’articolo pubblicato su CJASN.
“La sindrome nefrosica steroido-resistente è, di fatto, un quadro clinico con cui si manifestano patologie renali diverse che, secondo quanto riportato finora in letteratura, riconoscono una causa genetica nel 30% dei casi. Tali patologie sono denominate podocitopatie e sono malattie rare, diagnosticabili mediante analisi genetica. Esistono, tuttavia, altre malattie genetiche, come la sindrome di Alport o la malattia di Dent, che generalmente si presentano con un quadro clinico facilmente riconoscibile ma che, in casi rari, possono manifestarsi con sindrome nefrosica steroido-resistente, risultando quindi indistinguibili dalle podocitopatie. Il quadro clinico, cioè, è lo stesso, ma la causa genetica, è quindi la patologia, è diversa”. In questi casi, in termini medici, si parla di fenocopie, cioè malattie che sotto il profilo clinico e sintomatico appaiono simili ma che sono innescate da meccanismi genetici diversi.
Per tentare di fare ordine in questa complessa situazione diagnostica, i ricercatori fiorentini hanno arruolato 111 pazienti con sindrome nefrosica e hanno osservato che circa il 30% di quelli con una forma steroido-resistente presentava una mutazione in uno dei geni implicati nelle podocitopatie. Inoltre, grazie alla metodica del reverse phenotyping, in un ulteriore 28% dei pazienti è stato possibile individuare quelli affetti da sindrome di Alport, da malattia di Dent o da altre patologie monogeniche che hanno caratteristiche simili a quelle delle classiche podocitopatie ma un andamento differente sul lungo periodo.
“Questo lavoro dimostra che le fenocopie delle podocitopatie rappresentano quasi un ulteriore 30% dei casi di sindrome nefrosica steroido-resistente ad insorgenza giovanile, ma sono diagnosticabili solo combinando la WES e una caratterizzazione fenotipica accurata del paziente e dei familiari, che includa anche il reverse phenotyping”, conclude Becherucci. “A tal proposito, è importante sottolineare che anche le fenocopie delle podocitopatie sono malattie rare, che necessitano, quindi, di un management clinico dedicato, da effettuare in centri esperti”. Esperienza che al Meyer non manca, e che ha contribuito a fare della S.O.C. di Nefrologia e Dialisi dell’ospedale fiorentino uno dei punti di riferimento nazionali per la diagnosi e il trattamento delle sindromi nefrosiche familiari.
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