Vaccinazione

Nuovi dati sull’artrite reumatoide confermano la sicurezza del vaccino e sottolineano l’importanza della terza dose

La vaccinazione di massa è una misura cruciale di salute pubblica per limitare la pandemia di COVID-19, specialmente nelle popolazioni fragili come i pazienti affetti da malattie infiammatorie autoimmuni, come ad esempio l’artrite reumatoide (AR). A sostegno dei dati già disponibili arriva anche uno studio italiano, da poco pubblicato sulla rivista Frontiers in Immunology, ha mostrato i risultati della risposta immunitaria al vaccino BNT162b2 (Pfizer) in pazienti con AR che sono stati vaccinati con un'interruzione temporanea della specifica terapia in corso.

“Questi dati sono fondamentali per capire la qualità di risposta ai vaccini nei pazienti con malattie immunomediate, e la sicurezza dei vaccini in questa categoria di pazienti. Inoltre, questo studio ci conferma, anche indirettamente, come in questi pazienti sia importante la terza dose del vaccino”, ha commentato il Professor Vincenzo Bruzzese, Presidente SIGR (Società Italiana di Gastroenterologia).

“I dati attualmente disponibili suggeriscono che i pazienti con malattie reumatiche infiammatorie autoimmuni hanno una prevalenza leggermente più elevata di infezioni da SARS-CoV-2 e di rischio di ospedalizzazione e morte per COVID-19 rispetto alla popolazione generale e sono stati considerati un gruppo target prioritario per il vaccino”, spiega la Professoressa Delia Goletti, dell’Istituto Nazionale Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma.

Lo studio ha valutato la risposta immunitaria al virus SARS-CoV-2 in 35 pazienti con artrite reumatoide, sottoposti a entrambe le dosi di vaccino. Per i pazienti in terapia con MTX e inibitori di JAK, il trattamento è stato interrotto per una settimana rispettivamente dopo la prima e la seconda dose. Per i pazienti in terapia con abatacept il trattamento è stato interrotto per una settimana prima e dopo la vaccinazione, per entrambe le dosi. La risposta di questi pazienti è stata prospetticamente comparata a quella di un gruppo di controllo di più di 150 operatori sanitari.

Nei pazienti con AR, il vaccino ha mostrato un buon profilo di sicurezza e l'attività della malattia è rimasta stabile senza che nessun paziente abbia manifestato ricadute. Il vaccino ha indotto una risposta anticorpo-specifica in quasi tutti i pazienti (97%), sebbene il titolo fosse significativamente ridotto in quelli sottoposti a CTLA-4-inibitori (abatacept) o IL-6-inibitori.

Contemporaneamente è stata valutata la risposta delle cellule T spike-specifiche, che ha ottenuto un punteggio positivo nel 69% dei pazienti con AR, contro il 100% del gruppo di controllo, con livelli significativamente più bassi in quelli sottoposti a terapia biologica. Il risultato è stato confermato confrontando i risultati con il gruppo di controllo. Sulla base di questi dati, gli autori dello studio hanno concluso che la vaccinazione COVID-19 è immunogena e sicura, anche nei pazienti sottoposti a terapie immunosoppressive, sebbene le risposte immunitarie specifiche fossero presenti in misura inferiore rispetto alla popolazione sana.

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