Attualmente, sono più di 6mila le malattie rare conosciute: tra queste, ben l’80% ha un’origine genetica. In Italia, sono quasi 1 milione le persone colpite da una malattia genetica rara.
Oggi si celebra proprio la Giornata Mondiale delle Malattie Rare, che quest’anno si sofferma sul tema della ricerca e sul ruolo proattivo dei pazienti. In questa occasione, l'Istituto Valenciano di Infertilità (IVI) si sofferma sulle patologie genetiche più frequenti riscontrate nelle coppie che si sottopongono a fecondazione assistita presso le sue cliniche e che chiedono una diagnosi genetica preimpianto sui propri embrioni.

La sindrome dell'X fragile, la malattia di Huntington e la distrofia muscolare: queste le malattie genetiche che rileviamo maggiormente in IVI”, afferma la Dottoressa Galliano, Direttrice del Centro IVI di Roma. “Nella prima si riscontra un ritardo mentale nei maschi, nella seconda difficoltà motorie, mentre nella terza patologia siamo di fronte ad un grave disturbo muscolare”.

I nostri pazienti - prosegue la Dottoressa Galliano - richiedono il Test Genetico Preimpianto (PGT) quando la patologia è già presente in famiglia: perché hanno avuto un bambino o perché un parente è affetto da una malattia e sanno di esserne portatori. In questo modo il figlio non erediterà la malattia e interromperà la catena di patologie genetiche; le generazioni future, quindi, non saranno gravate da questo peso”.

In alcuni casi, dunque, risulta fondamentale il Test Genetico Preimpianto (PGT – Preimplantation Genetic Testing), che consiste nell'analizzare il DNA di una o due cellule dell'embrione quando questi si trova in una fase molto precoce del proprio sviluppo, generalmente il terzo o il quinto giorno di vita. “Il TGP - conclude la Dottoressa Galliano - ci consente di studiare i geni di un embrione prima che questi venga impiantato nell'utero materno e ci permette, così, di evitare alterazioni genetiche che potrebbero portare a gravi malattie per il bambino”.

Non sempre, però, il TGP può essere eseguito nei cicli di fecondazione in vitro poiché rappresenta, comunque, un’indagine invasiva che può avere effetti controproducenti. Non tutti gli embrioni, infatti, hanno la forza di sopportare una biopsia.

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