Ecco come e cosa ha ottenuto, in termini di assistenza diretta e indiretta
Mi chiamo Claudia, 35 anni, vivo a Padova da sempre. Sono nata con una patologia rara e genetica: agenesia sacrale con grave regressione caudale. Una patologia che mi impedisce di camminare, mi sposto con l’ausilio di una carrozzina. Questa malattia ha comportato altre problematiche che non mi permettono di raggiungere un’autonomia personale completa. Per questo motivo ho ritenuto necessario redigere il mio Progetto Individualizzato, lo strumento normativo che mi permetterà (o almeno spero) di vivere una vita autonoma. Non è stato facile: un po’ per la scarsa informazione, un po’ perché non sono particolarmente pratica con la burocrazia, ho scelto di rivolgermi a un avvocato specializzato.
Nel 2014 ho deciso di andare a vivere da sola, vicino a casa, utilizzando il progetto Vita Indipendente, istituzione attraverso la quale è possibile ottenere l’erogazione di un contributo economico destinato all’ assistenza per le persone con disabilità. Questo contributo non copriva totalmente le spese e per questo motivo mia madre continuava ad assistermi quotidianamente. A gennaio 2021, mia madre è risultata positiva al COVID-19. Nadia, è rimasta ricoverata per una quindicina di giorni, io che comunque necessitavo di assistenza mi sono ritrovata in serie difficoltà. Questo è stato principalmente il motivo che mi ha spinta a informarmi sul Progetto Individualizzato legiferato dalla legge 328/2000 che prevede che venga formalizzato un progetto basato sui bisogni, sulle necessità e sui desideri della persona con disabilità ricorrendo a forme di assistenza, anche economiche, diretta o indiretta da parte del Comune di residenza e dell’ULSS di Competenza.
Ho cercato a lungo informazioni online, ma non sono riuscita a capire come dovevo procedere a livello pratico. Per questo ho contattato Confad – Coordinamento Nazionale Famiglie con Disabilità, che mi ha fornito una serie di chiarimenti. Ho compreso che potevo scegliere se presentare autonomamente la mia istanza di Progetto Individualizzato (in parole semplici una richiesta di rientrare in questa progettualità), oppure rivolgermi a un legale per essere supportata. Ho scelto questa seconda via affidandomi all’Avvocatessa Andrao di Confad. Andrao ha inviato dunque una istanza di Progetto Individualizzato al Comune di Padova e all’ULSS 6. Entrambe le istituzioni hanno risposto e il 27 aprile si è fatta la prima riunione con Assistente Sociale Sanitaria, Assistente Sociale Comunale, l’Avvocato e me: in questa riunione c’è stato un confronto tra le parti, in cui ho spiegato la situazione in cui mi trovavo, le difficoltà che ho e che ho avuto e l’aiuto di cui avevo bisogno.
Durante il mese di maggio un’assistente sociale sanitaria e un’assistente sociale comunale hanno fatto un sopralluogo a casa mia, rendendosi conto che non è adatta a chi ha una disabilità motoria. In quest’occasione si è parlato principalmente di Assistenza indiretta, ovvero di un contributo mensile erogato che serve per coprire le spese di un’assistente personale di cui ho bisogno.
Il 29 giugno si è svolto un incontro online con un’educatrice dell’ULSS 6 di Padova, che ha proposto delle soluzioni di co-housing e condominio solidale. Non ho ritenuto queste proposte congrue, io desidero scegliere dove vivere e chi deve prestarmi assistenza. Così come scelgo che lavoro fare, chi frequentare, cosa mangiare, credo sia giusto che io possa anche scegliere come vivere.
Nel corso del mese di luglio ci sono stati alcuni incontri con l’Assistente Sociale Sanitaria e l’Educatrice dell’ULSS 6 per la compilazione della scheda del Progetto Individualizzato, dove mi è stato richiesto di redigere anche una scheda estremamente dettagliata dei miei bisogni e delle mie necessità, esplicitando anche la mia situazione economica personale e quella della mia famiglia.
Ad inizio agosto è stato abbozzato il primo vero Progetto Individualizzato, ma si sono resi necessari una serie di incontri successivi, che hanno visto coinvolto anche il mio medico di base, per comprendere al meglio le mie necessità sul fronte salute. Nel corso dei vari incontri si è stabilito che la forma di assistenza indiretta non sia un percorso perseguibile. È stata dunque trovata una soluzione alternativa: erogazione di assistenza diretta usufruendo del servizio di assistenza domiciliare comunale.
Ho firmato, insieme al mio avvocato, il mio progetto individualizzato personale a fine ottobre. Di fatto questa progettualità mi offre la possibilità di gestire in maniera integrata diversi servizi: il SAD (Assistenza Sanitaria Domiciliare del Comune di Padova) e gli stanziamenti diretti previsti dal Progetto Vita Indipendente, fino al massimale erogabile previsto.
Nello specifico mi è stata concessa l’assistenza domiciliare diurna per un’ora e mezza al mattino dal lunedì al sabato, mentre la domenica mi è stata erogata un’ora di assistenza sempre diurna, ogni mese nel mio conto corrente viene bonificato l’importo del Progetto Vita Indipendente, che serve a coprire un’assistenza di 20 ore settimanali, nel mio caso pomeridiana dal lunedì al venerdì. Inoltre è stata fatta richiesta all’ATER (Azienda Territoriale Edilizia Residenziale della Provincia di Padova ora diventato Ente Regionale) di ottenere un appartamento al piano terra con due camere da letto. Il tutto attraverso la domanda relativa al bando di mobilità volontaria, corredata dalla relazione dell’Assistente Sociale comunale che attesta i miei reali bisogni.
Lo scopo principale del Progetto Individualizzato è dunque quello di dare aiuti concreti per raggiungere l’autodeterminazione e l’indipendenza senza dover integrare l’assistenza con il reddito personale o con il reddito familiare. Nel mio caso, con un reddito di un lavoro part-time, integrare con fondi personali l’assistenza significherebbe gravare sui miei genitori. È dunque fondamentale che le persone con disabilità sappiano dell’esistenza di queste possibilità, che possono di fatto permetterci di scegliere come vivere, senza dipendere.
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