Prete (AIEOP): tumori in adolescenza

Prete (AEIOP): “Siamo impegnati a diffondere protocolli di trattamento uniformi, ma resta scoperta la fascia 15-anni”

La cura dei tumori pediatrici in Italia ha raggiunto nuovi traguardi anche grazie alla rete dell' Associazione italiana ematologia oncologia pediatrica (AEIOP) e ai suoi 49 centri specializzati. Ne abbiamo parlato con il suo presidente, Arcangelo Prete.
"AIEOP è una società scientifica nata nel 1978 con l'obiettivo di garantire a tutti i bambini e adolescenti italiani le migliori cure possibili per le malattie oncologiche ed ematologiche, il più vicino possibile a casa. Questo - spiega Prete a Osservatorio Malattie Rare -  ha portato alla creazione di una rete di 49 centri distribuiti su tutto il territorio nazionale, con l'eccezione della Val d'Aosta, del Molise e della Basilicata che però hanno accordi con i centri delle regioni limitrofe. Tra le principali attività di AIEOP c'è la stesura e diffusione di protocolli uniformi di diagnosi e trattamento per le varie patologie, così da garantire le stesse possibilità di cura in tutti i centri, da Aosta a Catania."

"Ovviamente, i centri più grandi come il Bambino Gesù di Roma o il Policlinico di Milano, avendo più risorse, riescono anche a fare ricerca e sperimentazioni. I protocolli prevedono la presa in carico uniforme del paziente e l'applicazione standardizzata delle terapie, da Catania a Torino. Nel tempo abbiamo individuato fasce specifiche di pazienti, come gli infant (sotto l'anno di età), con protocolli ad hoc. Rimane però ancora scoperta la fascia 15-17 anni."

Ci sono differenze nel trattamento tra bambini e adolescenti?

"Assolutamente sì. Abbiamo imparato nel tempo che i tumori che insorgono nel primo anno di vita (gli "infant") hanno caratteristiche biologiche diverse e vanno trattati con protocolli specifici. Il problema è che la maggior parte dei protocolli pediatrici arrivano fino ai 14-15 anni, mentre quelli per adulti partono dai 18. C'è quindi una "zona grigia" tra i 15 e i 17 anni in cui non si sa bene come trattare i pazienti. La Società Italiana di Pediatria sta lavorando per estendere l'età pediatrica fino ai 18 anni, così da includere anche gli adolescenti nei protocolli pediatrici. Estendere l'età pediatrica richiederebbe un cambiamento legislativo, ma c’è resistenza perché comporterebbe la revisione dell'intero sistema sanitario."

Perché questa fascia d'età è problematica?

"È un problema storico e normativo. Per legge, l'età pediatrica finisce a 14 anni. Dai 15 si passa al medico di medicina generale. Noi vorremmo estendere l'età pediatrica fino a 17 anni e 364 giorni, per garantire una migliore presa in carico anche psicologica degli adolescenti. Ad oggi si valuta caso per caso se un 17enne è più adatto ad un reparto pediatrico o per adulti. Attualmente la scelta se ricoverare un diciassettenne in un reparto pediatrico o per adulti viene fatta caso per caso, valutando le preferenze del diretto interessato oltre che le considerazioni mediche. Non esiste una regola univoca. In tutti i centri AIEOP sono presenti psicologi che supportano questo delicato passaggio."

E se ha 15 anni? Ad esempio, come viene gestito un ragazzo di 15 anni con un tumore ematologico?

"Abbiamo sviluppato una forte collaborazione con i colleghi dell’adulto. Ad esempio, nella leucemia linfoblastica acuta, un quindicenne può essere trattato sia in oncologia pediatrica sia in quella per adulti, decidendo caso per caso in base alla situazione specifica del paziente."

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TUMORI PEDIATRICI IN ITALIA: QUALI SONO E DOVE CURARLI

Come funziona nella pratica la vostra rete?

"Abbiamo creato dei sistemi informatici per la centralizzazione e condivisione dei dati dei pazienti. Inoltre, abbiamo una rete di 17 laboratori di riferimento, ciascuno specializzato in una determinata patologia, a cui i vari centri AIEOP inviano i campioni biologici per le analisi. Questo consente di avere risposte rapide e accurate ovunque. Purtroppo, però, le risorse a disposizione dei vari centri non sono uniformi, con disparità tra nord e sud. L'obiettivo è arrivare ad avere centri di alta specializzazione ben distribuiti che possano offrire tutte le opzioni diagnostiche e terapeutiche, così da ridurre al minimo la migrazione sanitaria."

Può aiutare in questo senso la recente istituzione della Rete Nazionale Tumori Rari?

"Sicuramente. Regioni come il Piemonte, che hanno già un buon sistema hub&spoke, hanno una migrazione sanitaria in uscita vicina allo zero. Se riusciamo a garantire le stesse possibilità di cura vicino a casa anche ai pazienti del sud, con il supporto della telemedicina per i follow-up, potremo ridurre notevolmente “viaggi della speranza” e liste d'attesa. Non tutte le regioni però hanno recepito a pieno le direttive sulla Rete Tumori Rari, servirà tempo per implementarla." LINK AL PEZZO RETE TUMORI

Un altro tema delicato è quello delle cure palliative pediatriche. A che punto siamo?

"Questa rete dipende molto dalle singole regioni, con le solite disparità nord-sud. In generale però, grazie anche a finanziamenti ministeriali dedicati, la maggior parte delle regioni ha una rete di cure palliative pediatriche. In molti centri, il medico palliativista viene coinvolto fin dal momento della diagnosi. C'è ancora molta resistenza culturale sul tema, specie se associato ai bambini. Perché in molti casi le cure palliative vengono erroneamente associate alla fase terminale, invece possono essere utili anche per pazienti con una buona prospettiva di sopravvivenza."

Quali altri messaggi vuole lanciare in conclusione?

"Il primo è che in oncologia pediatrica non si può sempre guarire, ma ci si può sempre prendere cura. Le cure palliative non sono solo per la terminalità. Il secondo è che la presa in carico del bambino va estesa il più possibile anche all'adolescente, con percorsi specifici. Il terzo è che la collaborazione in rete e la telemedicina, se ben implementate, possono garantire standard di cura elevati ovunque, risparmiando risorse. Su tutti questi fronti, come AIEOP, continueremo ad impegnarci al massimo."

In sintesi, la rete AIEOP in oltre 40 anni di attività ha fatto grandi passi avanti nel garantire le migliori cure possibili a tutti i bambini e ragazzi con tumore, indipendentemente da dove vivono. Restano criticità legate alla disomogeneità delle risorse sul territorio e alla presa in carico degli adolescenti, su cui bisogna ancora lavorare. Lo sviluppo di reti parallele e interconnesse come quella dei tumori rari e delle cure palliative potrà sicuramente dare un contributo importante nei prossimi anni.

 

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