Medici

Il dott. Roberto Baldelli (Roma): “Per far fronte a una patologia così complessa, gli ospedali devono dotarsi di PDTA specifici e puntare su un approccio multidisciplinare”

Anche quest’anno l’International Neuroendocrine Cancer Alliance (INCA) promuove il NET Cancer Day, una giornata interamente dedicata ai tumori neuroendocrini (NET) che, per la loro rarità e per le modalità di presentazione, risultano estremamente difficili da individuare e, in molti casi, anche da curare. Da anni, INCA si fa portavoce dei bisogni di quanti si incamminano sul percorso di cura di un tumore neuroendocrino, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza di cosa siano i NET non solo nei cittadini ma anche nei medici, che devono coltivare l’attitudine al sospetto diagnostico per queste rare neoplasie.

LA PRESA IN CARICO DEI PAZIENTI E L’IMPORTANZA DEI PDTA

I tumori neuroendocrini (NET) rappresentano un ampio e variegato gruppo di patologie in grado di colpire organi molto diversi. Dal momento che la maggior parte di essi ha un comportamento indolente, spesso è difficile anticiparne la diagnosi e, il più delle volte, il riscontro di malattia si ha in casi fortuiti: ad esempio, nel corso di un’ecografia di controllo, eseguita per ragioni che nulla hanno a che fare col sospetto di un tumore, come ha dimostrato anche il caso del cantante Fedez, operato in seguito alla diagnosi di un NET pancreatico. Pertanto, non è possibile fare a meno di un PDTA (Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale) che riassuma in maniera completa ed esaustiva le opportunità di diagnosi e terapia per questi rari tumori.

Al giorno d’oggi, le aziende ospedaliere devono dotarsi di un PDTA per ogni patologia, specialmente per i NET, per i quali serve un approccio terapeutico molto specifico”, commenta il dott. Roberto Baldelli, endocrinologo e responsabile della sezione ambulatoriale di Endocrinologia Oncologica presso l’Ospedale San Camillo-Forlanini di Roma. “Con ciò mi riferisco soprattutto alle moderne tecniche di medicina nucleare e, in particolare, alla PET con Gallio 68 (68Ga), che non tutti gli ospedali sono in grado di erogare”. Infatti, si tratta di una tecnologia sofisticata e costosa, difficile da implementare in tutti i centri ospedalieri e che necessita di personale dotato di specifiche competenze. Da ciò nasce il concetto di “Rete oncologica”, che trova applicazione concreta nei PDTA.

Al San Camillo-Forlanini abbiamo un PDTA, costantemente aggiornato, dove è riassunto il percorso diagnostico e terapeutico che possiamo offrire ai pazienti”, riprende Baldelli. “Al momento non abbiamo la PET e non possiamo erogare la terapia radiometabolica con Lutezio (177Lu), tuttavia abbiamo ovviato al problema grazie ai solidi rapporti con strutture ospedaliere limitrofe che ne sono già dotate, fra cui l’Ospedale Santa Maria Goretti di Latina, o l’Istituto Tumori Regina Elena e il Policlinico Gemelli di Roma. Questo ci ha consentito di arricchire il nostro percorso diagnostico e terapeutico”.

In tal modo, una volta che il paziente con NET accede al San Camillo-Forlanini viene preso in carico e gli vien spiegato quello che si può e quello che, invece, non si può fare. “Le persone hanno bisogno di essere orientate”, aggiunge ancora Baldelli. “Se si sentono isolati e abbandonati, i malati perdono fiducia e l’obiettivo della guarigione si allontana. È importante spiegare che possiamo fare tutto ciò che serve e dare le indicazioni in maniera chiara, offrendo anche, se necessario, l’alternativa di appoggiarsi a una struttura con cui collaboriamo”.

LA DIAGNOSI

Solo il 20% dei NET è funzionante, cioè rilascia in circolo sostanze che possono permettere di individuarlo e porre una diagnosi; il restante 80% è quasi asintomatico”, precisa Baldelli. “Sebbene negli anni l’attenzione si sia rivolta a vari parametri, come il dosaggio della serotonina o della cromogranina, il loro significato è emerso chiaramente nel monitoraggio della risposta al trattamento più che nella diagnosi, la quale trova nella PET con 68Ga un solido riferimento”. Ciò spiega perché non si possa pensare di avviare programmi di screening nazionale per i NET, come invece accade per il tumore del colon-retto o della mammella.

Il più delle volte otteniamo un riscontro di malattia quando il paziente entra in Pronto Soccorso per un blocco intestinale o nel caso di asportazioni di appendiciti, all’interno delle quali si riscontra la presenza del NET”, aggiunge l’endocrinologo romano. “In questi casi è difficile, se non impossibile, pensare di fare prevenzione. Le sole situazioni in cui possiamo pensare di anticipare la diagnosi di un tumore neuroendocrino sono quelle in cui un paziente presenta una data mutazione: su questa base, allarghiamo l’indagine a tutti i membri della famiglia per trovare i portatori della medesima mutazione e iniziare a monitorarli”. È il caso, ad esempio, della neoplasia endocrina multipla di tipo 1, nelle quali l’intero albero genealogico di una famiglia diventa oggetto di approfondimento.

Tra i tumori spesso individuati casualmente ci sono certi NET pancreatici, osservabili con una comunissima ecografia addominale che il paziente può eseguire per disparati motivi”, prosegue Baldelli. “In questo caso, le linee guida ci raccomandano di considerare le dimensioni della neoplasia: le lesioni al di sotto dei 2 cm, magari asintomatiche, che non danno segni di invasività e non producono metastasi non vengono asportate ma costantemente monitorate nel tempo. Questo perché la chirurgia pancreatica può sollevare complicazioni, come le fistole o la pancreatite. Se la neoplasia non è aggressiva ma è confinata non si rischia un’asportazione che, specie negli individui più fragili, può avere conseguenze gravi”. Viceversa, quando l’indice di proliferazione tumorale è elevato (l’espressione dell’antigene Ki-67 è uno dei parametri più utilizzati per indicare la potenziale crescita della neoplasia) significa che il tumore è aggressivo e richiede un intervento immediato.

IL TRATTAMENTO

“Sul piano terapeutico, la recente introduzione del trattamento radiometabolico con Lutezio 177 (177Lu) è stata una svolta”, aggiunge Baldelli. “Fino a qualche tempo fa la terapia dei NET era basata sulla somministrazione di analoghi della somatostatina, di inibitori della tirosin-chinasi o di inibitori di mTOR come everolimus. Adesso, i NET ben differenziati (generalmente classificati come G1 o G2) e positivi ai recettori per la somatostatina possono essere trattati con la terapia radiorecettoriale: dopo 4 cicli si arriva a risposte dell’80% in termini di controllo della malattia, senza tossicità rilevanti per l’organismo”. I NET poco differenziati, invece, sono più aggressivi e vengono affrontati con la chemioterapia.

IL PRESENTE E IL FUTURO

La medicina nucleare è dunque divenuta un settore trainante nella lotta ai NET e la teragnostica rappresenta un’opzione di cura che ha saputo rivoluzionare l’approccio ai NET. Tra le altre possibilità di trattamento loco-regionale delle metastasi epatiche ci sono anche tecniche come la SIRTEX, che utilizza speciali microsfere in grado di limitare l’apporto di ossigeno e nutrienti alla lesione metastatica, oppure l’utilizzo dell’ittrio, un isotopo radioattivo somministrato localmente sempre sulle metastasi epatiche.

Per il futuro, non mancano nuovi fronti della ricerca di base, come gli studi sull’approccio basato su CAR-T, una tecnica che prevede di modificare e attivare geneticamente un tipo di globuli bianchi (linfociti T) in grado di aggredire le cellule tumorali dopo essere stati re-introdotti nel paziente.

In ogni caso, nella gestione dei NET è fondamentale l’aspetto multidisciplinare”, conclude Baldelli. “Nessuno può portare avanti un percorso diagnostico-terapeutico in solitudine: serve un gruppo ben formato, comprendente anche le figure del chirurgo, del radiologo interventista e del patologo molecolare. Infine, nei medici non deve mai mancare l’attitudine mentale al confronto”.

Seguici sui Social

Iscriviti alla Newsletter

Iscriviti alla Newsletter per ricevere Informazioni, News e Appuntamenti di Osservatorio Malattie Rare.

Sportello Legale OMaR

Tutti i diritti dei talassemici

Le nostre pubblicazioni

Malattie rare e sibling

30 giorni sanità

Speciale Testo Unico Malattie Rare

Guida alle esenzioni per le malattie rare

Con il contributo non condizionante di

Partner Scientifici

Media Partner


Questo sito utilizza cookies per il suo funzionamento. Maggiori informazioni