Amiloidosi cardiaca, nuove scoperte al San Matteo di Pavia

Il primo studio ha identificato una nuova forma ereditaria della patologia, il secondo consentirà di identificare i pazienti a maggior rischio di morte precoce

Due recenti studi condotti dai ricercatori del Centro per lo Studio e la Cura delle Amiloidosi Sistemiche della Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo di Pavia, pubblicati su due delle più prestigiose riviste internazionali di cardiologia, aprono nuove prospettive per la diagnosi e il trattamento delle amiloidosi sistemiche con interessamento cardiaco.

Il primo studio, pubblicato su Circulation e guidato dal professor Mario Nuvolone, ha identificato una nuova forma ereditaria di amiloidosi causata da una mutazione nel gene APOA1. Questa mutazione provoca la deposizione di fibrille amiloidi formate dalla proteina apolipoproteina A-1 in diversi organi, tra cui cuore e reni.

Di particolare rilievo, questa rara forma di amiloidosi può mimare altre varianti più comuni, mettendo in discussione gli attuali algoritmi diagnostici. Lo studio sottolinea l'importanza di una valutazione multidisciplinare e l’utilizzo di tecnologie diagnostiche avanzate – genetiche, istologiche e proteomiche – presso Centri di riferimento specializzati, per garantire diagnosi precise ed evitare trattamenti inappropriati.

Il secondo studio, pubblicato sul Journal of the American Heart Association e firmato dal dottor Paolo Milani, si è concentrato sull’amiloidosi da transtiretina wild-type, la più frequente forma di amiloidosi cardiaca

La ricerca ha individuato alcune caratteristiche cliniche chiave alla diagnosi – come età, livelli di biomarcatori cardiaci e una scala di fragilità – che, combinate, consentono di identificare i pazienti a maggior rischio di morte precoce.

Questi risultati permetteranno di ottimizzare le risorse disponibili e garantire che i trattamenti farmacologici siano indirizzati ai pazienti con maggiori probabilità di trarne beneficio, superando il semplice criterio anagrafico per l’accesso alle terapie.

“Queste scoperte rappresentano un passo avanti cruciale nella gestione delle amiloidosi sistemiche con interessamento cardiaco, evidenziando il ruolo centrale della ricerca traslazionale per migliorare l’accuratezza diagnostica e l’efficacia terapeutica in patologie complesse e spesso sotto-diagnosticate,” commenta Giovanni Palladini, direttore del Centro Amiloidosi Sistemiche e Malattie ad alta complessità.

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