I ricercatori hanno confrontato gli esiti di due trattamenti a base di valganciclovir, uno della durata di 6 settimane e l'altro di 6 mesi

Uno studio clinico di Fase III è stato recentemente condotto per valutare la sicurezza e l'efficacia del farmaco antivirale valganciclovir nel trattamento di neonati affetti da citomegalovirus congenito. In base ai risultati della sperimentazione, pubblicati sul New England Journal of Medicine, la terapia di 6 mesi con valganciclovir è stata in grado di determinare, rispetto a quella di sole 6 settimane, una serie di modesti miglioramenti a lungo termine in merito alle capacità uditive e allo sviluppo neurologico dei giovani pazienti.

Il citomegalovirus (CMV) è un virus a DNA a doppio filamento che appartiene alla famiglia degli Herpesviridae. Se l'infezione da CMV viene contratta nel periodo dell'infanzia o in età adulta, provoca sintomi generalmente lievi come febbre persistente, astenia, mialgia, adenomegalia e linfoadenopatia. Quando il virus viene invece trasmesso al feto direttamente dalla madre si parla di citomegalovirus congenito e, in questo caso, l'infezione comporta una serie di gravi conseguenze per il nascituro, come la perdita dell'udito o lo sviluppo di disabilità e ritardo mentale.

Nello studio in questione sono stati arruolati 96 neonati, di età non superiore ai 30 giorni, affetti da  malattia sintomatica causata da infezione congenita da CMV. Inizialmente, tutti i partecipanti sono stati sottoposti ad una terapia a base di valganciclovir per via orale per un periodo di 6 settimane. Al termine di questa prima fase di trattamento, i pazienti sono stati randomizzati in un rapporto 1:1 per ricevere valganciclovir o placebo nel corso di altri 4,5 mesi di terapia.

L'endpoint primario dello studio era rappresentato dal cambiamento, rilevato dopo 6 mesi di terapia in confronto al basale, delle facoltà uditive misurate nell'orecchio migliore di ogni paziente, ossia in quello dotato di maggiore udito ('best-ear' hearing).

L'udito dell'orecchio migliore è stato esaminato anche dopo 12 e 24 mesi, così come è stato sottoposto a verifica l'udito totale dei pazienti ('total-ear' hearing) a 6, 12 e 24 mesi rispetto al basale. Inoltre, i ricercatori hanno valutato la sicurezza del trattamento con valganciclovir ed eseguito una misurazione, a 12 e 24 mesi, degli effetti del farmaco sul processo di sviluppo neurologico dei neonati. Infine, è stata analizzata l'eventuale correlazione tra il cambiamento della carica virale nel sangue dei pazienti e i problemi neurologici e di udito manifestati dagli stessi.

In base ai risultati ottenuti, l'udito dell'orecchio migliore si è rivelato simile, a 6 mesi, sia nel gruppo di neonati che hanno ricevuto valganciclovir per 6 mesi che in quello sottoposto a 6 settimane di terapia: 2 e 3 partecipanti, rispettivamente, hanno mostrato un miglioramento, 36 e 37 non hanno avuto alcun cambiamento, 5 e 3 sono peggiorati. Per quanto riguarda l'udito totale, il 73% dei pazienti trattati per 6 mesi ha evidenziato stabilità o miglioramenti, a 12 mesi, contro il 57% di quelli trattati per 6 settimane. I benefici ottenuti nell'udito totale sono praticamente rimasti invariati dopo 24 mesi (77% contro 64%).

Il gruppo trattato per 6 mesi, rispetto a quello che ha ricevuto la terapia per 6 settimane, ha ottenuto, a 24 mesi, migliori punteggi nella scala Bayley di terza edizione, utilizzata per la valutazione del grado di sviluppo neurologico nei neonati.

Infine, per quanto riguarda la sicurezza di valganciclovir, la neutropenia, ossia la diminuzione dei globuli bianchi nel sangue, è stato l'effetto collaterale più comunemente osservato nello studio, anche se in nessun caso ha portato alla sospensione del trattamento. Durante le prime 6 settimane, nel 19% dei partecipanti si è verificata una neutropenia di grado 3 o 4. Dopo 6 mesi, l'effetto collaterale si è manifestato nel 21% dei pazienti trattati per 6 mesi e nel 27% di quelli trattati per 6 settimane.

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