Il fattore di Von Willebrand è una proteina multimerica sintetizzata dalle cellule endoteliali e dai megacariociti, necessaria per l’adesione piastrinica al subendotelio e per la coesione e l’aggregazione delle piastrine, in particolare in condizioni di stress elevato. Difetti quantitativi (tipo 1 e 3) o qualitativi (tipo 2) di questo fattore causano la malattia di Von Willebrand, il più frequente disturbo emorragico ereditario autosomico. Quasi tutti i casi individuati dalle indagini epidemiologiche sono di tipo 1, e non sono disponibili dati per il tipo 2, relativamente più raro con un rapporto di 1: 3.
Alberto Tosetto, del Centro Emofilia e Trombosi dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza, e Giancarlo Castaman, del Dipartimento del Cuore e dei Vasi dell’Ospedale Careggi di Firenze, hanno descritto la gestione clinica dei pazienti con malattia di Von Willebrand di tipo 2 in uno studio pubblicato sulla rivista Blood.
La malattia comprende una vasta gamma di anomalie qualitative nella struttura e nella funzione del fattore di Von Willebrand, con una conseguente variabile tendenza all’emorragia. Secondo la classificazione corrente, possono essere identificati quattro sottotipi differenti, ognuno con distinte caratteristiche fenotipiche e terapeutiche. Gli attuali metodi di laboratorio disponibili permettono un approccio diretto ai sottotipi della malattia, e anche se la precisa caratterizzazione molecolare resta complessa, nella stragrande maggioranza dei casi non è richiesta per un trattamento appropriato.
La desmopressina può essere utile solo in pochi casi di tipo 2 rispetto ai pazienti con deficit quantitativo effettivo (tipo 1), il più delle volte nelle varianti con un modello multimerico quasi normale (tipo 2M). Tuttavia, poiché nessun test di laboratorio ha previsto accuratamente la risposta alla desmopressina, un esperimento di prova deve essere sempre eseguito in tutti i pazienti di tipo 2, ad eccezione di quelli di tipo 2B.
La terapia sostitutiva con fattore di Von Willebrand plasma-derivato e fattore VIII concentrato rappresenta la colonna portante per il trattamento di tutti i pazienti, in particolare quelli che non rispondono alla desmopressina o che richiedono una costante correzione emostatica a causa di sanguinamento o importanti interventi chirurgici. Una significativa storia di sanguinamento si correla con un aumento di tale rischio e dovrebbe essere considerata per adattare un’ottimale profilassi antiemorragica al singolo paziente.
Seguici sui Social