Il programma, istituito nel 2016 e coordinato dal Centro Nazionale Malattie Rare, ha ottenuto una resa diagnostica molecolare del 53,8%
Roma – Nell'ultimo decennio, la comunità scientifica ha compiuto notevoli sforzi per aumentare il tasso diagnostico delle malattie rare attraverso indagini molecolari avanzate. Ciò ha consentito una migliore comprensione degli aspetti molecolari di queste patologie, ha supportato la diagnosi, il processo decisionale clinico, scelte di trattamento più adeguate e probabilmente ha ridotto i costi finanziari. Anche così, per circa la metà delle persone con una malattia rara, la diagnosi definitiva non viene scoperta, e per questi pazienti e per le loro famiglie, le conseguenze fisiche, psicologiche e sociali rappresentano un peso rilevante da sostenere ogni giorno.
I casi irrisolti, definiti formalmente come “malattie rare non diagnosticate”, rappresentano un enorme ostacolo aggiuntivo e la loro complessità richiede qualcosa in più oltre a centri clinici estremamente specializzati, indagini molecolari eccezionali, protocolli comuni e azioni dedicate a livello nazionale e internazionale, ovvero lo sviluppo di programmi nazionali per le malattie rare non diagnosticate, basati su un approccio multidisciplinare ben strutturato.
Nel nostro Paese ci sono diversi progetti destinati alla diagnosi di queste malattie, uno di questi è stato istituito nel 2016 nell'ambito di un progetto bilaterale fra Italia e Stati Uniti, ed è coordinato dal Centro Nazionale Malattie Rare dell'Istituto Superiore di Sanità, diretto dalla dr.ssa Domenica Taruscio. L'UnDiagnosed Network Program (UDNP) Italy comprende sei Centri di expertise: l'Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” di Ranica (Bergamo), l'Università di Ferrara, il Centro Malattie Rare di Torino, il Policlinico Tor Vergata di Roma, l'Università degli Studi de L’Aquila e il Centro Malattie Rare di Udine. Ora il team di esperti ha riassunto i risultati ottenuti in tre anni di attività con un articolo pubblicato sull'Italian Journal of Pediatrics.
Fra marzo 2016 e giugno 2019, l'équipe ha analizzato 110 casi, dei quali 39 sono stati esclusi in quanto non soddisfacevano i criteri di inclusione: i restanti 71 casi mostravano un'età di insorgenza delle malattie che variava dall'età prenatale fino ai 51 anni. Le condizioni erano prevalentemente sporadiche e quasi tutti i pazienti avevano un coinvolgimento di più organi: il sistema nervoso era il più colpito insieme ai sistemi articolare/scheletrico e oculare. Tredici casi familiari sono stati caratterizzati tramite il sequenziamento dell'intero esoma (whole-exome sequencing, WES); in alcune famiglie è stato colpito più di un individuo, portando così a venti i soggetti indagati con questa tecnologia.
In due casi le mutazioni che causavano la malattia sono state identificate e associate a fenotipi precedentemente non descritti, mentre in cinque casi sono stati identificati nuovi geni candidati, nonostante si sia ancora in attesa dei test di conferma. In tre famiglie le indagini molecolari sono state temporaneamente sospese a causa della scarsa compliance dei membri e dell'indisponibilità dei relativi campioni biologici. Infine, tre casi (di cui uno familiare) rimangono ancora irrisolti. I restanti dodici casi clinici non diagnosticati sono stati quindi condivisi a livello internazionale attraverso il registro PhenomeCentral, come previsto dalla dichiarazione UDNI (Undiagnosed Diseases Network International), e sette di questi hanno mostrato delle potenziali corrispondenze con altri pazienti.
“I nostri risultati hanno mostrato una resa diagnostica molecolare del 53,8%, e questo valore è paragonabile ai tassi diagnostici riportati in altri studi internazionali”, hanno commentato gli specialisti dell'UnDiagnosed Network Program Italy. “I casi raccolti sono stati anche aggregati a quelli del network internazionale UDNI, che rappresenta un esempio unico di iniziativa globale volta a condividere e convalidare la conoscenza e l'esperienza in questo campo. La Rete italiana per le malattie rare non diagnosticate è un'iniziativa multidisciplinare e utile che collega gli sforzi nazionali e internazionali volti a fare diagnosi corrette e tempestive nei pazienti con malattie rare che ancora non hanno una diagnosi confermata anche dopo molti anni”.
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